Quando l’HC Lugano allontanò il papà di Gregor Kobel
Dopo l’addio di Yann Sommer alla Nazionale, Gregor Kobel è diventato il portiere titolare della Svizzera. Un passaggio di consegne che il 26.enne zurighese, numero uno del Borussia Dortmund, ha saputo attendere senza mai polemizzare apertamente. «Mi concentro su ciò che posso controllare», ha più volte dichiarato. Eppure la diplomazia non è sempre stata una qualità in casa Kobel. Il padre Peter, ex attaccante di hockey, venne infatti licenziato dall’HC Lugano per un’intervista sopra le righe. Accadde nel gennaio del 1996, quando Gregor non era ancora venuto al mondo.
Giovane promessa
Gregor Kobel è nato il 6 dicembre del 1997. All’epoca, suo padre giocava negli ZSC Lions, dove era tornato dopo una parentesi in bianconero. Peter Kobel, il protagonista di questa storia, era uno degli attaccanti più promettenti del panorama rossocrociato. L’HC Lugano se lo assicurò nell’estate del 1994, a 22 anni, nella speranza di replicare il colpaccio fatto la stagione precedente con il 19.enne Marcel Jenni. Una potenziale coppia da sogno con un’emblematica scelta dei numeri di maglia: 48 per Jenni, 47 per Kobel. Quell’anno, sbarcarono alla Resega – anzi, alla provvisoria Reseghina – pure i difensori Tommy Sjödin e Pat Schafhauser. Da Zurigo tornò Andy Ton. Ma soprattutto arrivò un nuovo tecnico, il finlandese Timo Lahtinen, con John Slettvoll nei panni del direttore sportivo.
Oscar della sfortuna
Nel campionato 1994-95, dopo un avvio macchinoso, il Lugano di Lahtinen si fece apprezzare per gioco e risultati. Chiuse la regular season al secondo posto, un punto dietro lo Zugo, ma nei quarti di finale venne eliminato dal Kloten di Alpo Suhonen nella decisiva gara-5. Peter Kobel – partito in linea con Ton e Jenni – si aggiudicò l’Oscar della sfortuna: un doppio infortunio gli consentì di giocare solo 18 partite, condite da 4 gol e 6 assist. Forte e persistente, comunque, la sensazione di aver pescato un talento cristallino.
La frustrazione trabocca
Il campionato 1995-96 segnò il trasloco nella nuova Resega. Ma è anche ricordato come uno dei più difficili nella storia del club. Involuto nel gioco, dopo sei giornate il Lugano andò in crisi. L’11 ottobre, Slettvoll tornò in panchina al posto di Lahtinen. La scossa durò un mesetto, poi il Lugano si inceppò nuovamente. Il 5 dicembre del 1995, a Davos, si consumò il dramma di Pat Schafhauser, da quel giorno costretto su una sedia a rotelle. Il 9 gennaio, dopo aver perso 4 a 2 all’Hallenstadion, i bianconeri scivolarono al penultimo posto con 24 punti in 26 partite, frutto di 11 vittorie, 2 pareggi e 13 sconfitte. Peter Kobel, fin lì autore di 4 gol e 6 assist, non trattenne la frustrazione. E nell’immediato dopo gara di Zurigo, intervistato dall’agenzia Sportinformation, si lasciò andare.
Le frasi incriminate
«Al momento non funziona niente», disse Kobel. «Personalmente non ho più nessun piacere a giocare a hockey. Un lavoro in ufficio sarebbe più positivo che vivere la situazione attuale a Lugano». E poi ancora: «Slettvoll ha un modo di fare contraddittorio che attualmente porta insicurezza all’interno della squadra e favorisce la formazione di gruppi tra giocatori». Apriti cielo. L’11 gennaio, il Lugano sospese Peter Kobel sino al termine della stagione. Di fatto un licenziamento. «Le sue dichiarazioni sono lesive nei confronti del club e quindi non c’era altro da fare», spiegò il presidente Fabio Gaggini al Corriere del Ticino. Il giocatore, dal canto suo, disse che le sue parole erano dovute alle contingenze del momento. Aggiunse di non essersi espresso in modo tale da gettare ombre o discredito sull’HCL e di non aver fatto osservazioni sul conto del coach e del suo operato. In un’altra intervista della stessa sera, registrata da una radio privata zurighese (Radio Unispital), Kobel si espresse effettivamente con toni più neutri. Ma lo sfogo riportato da Sportinformation gli costò caro.
Intrappolato
Nei giorni successivi all’allontanamento di Kobel, si venne a sapere che il giocatore, contrariamente a quanto comunicato inizialmente dal club, non era libero di cercarsi una nuova sistemazione per il campionato in corso. Essendo di proprietà del Küsnacht, compagine di Prima Lega, Kobel doveva infatti sottostare al regolamento in vigore nella categoria del club proprietario del suo cartellino. E visto che il periodo per i trasferimenti dei giocatori di Prima Lega si era chiuso il 31 dicembre, a Kobel venne negata la possibilità di accasarsi altrove.
Il sostegno della Curva Nord
Dopo quei giorni tumultuosi, il Lugano tornò in pista il 13 gennaio, in casa, contro lo Zugo. In un clima di contestazione, si impose 8-2. «La verità offende», riportava uno dei tanti striscioni esposti in Curva Nord, evidentemente in riferimento al «caso Kobel». Al giocatore cacciato vennero anche tributati dei cori di sostegno. Poi, complice la «goleada», la tensione si stemperò. «Tutti sappiamo che senza Kobel siamo più deboli e per questo ci siamo sentiti più responsabilizzati», disse Jenni spiegando la metamorfosi della squadra. Che nei playoff uscì di nuovo ai quarti contro il Kloten.
Come una meteora
La carriera di Peter Kobel ripartì nella stagione 1996-97 da Zurigo. Nel 1998 l’attaccante si trasferì al Davos di Del Curto, dove visse la sua stagione più continua con 8 gol e 13 assist in 47 partite. L’anno seguente sbarcò a Kloten, ma un altro infortunio mise subito fine alla sua carriera.