Quel miracolo contro Liston che proiettò Ali nella leggenda

Il 17 gennaio di 80 anni fa nasceva nel Kentucky Muhammad Ali, il pugile che avrebbe cambiato il pugilato e la storia sociale degli Stati Uniti d’America. Quando conquistò la corona dei massimi per la prima volta, però, si chiamava ancora Cassius Clay e addetti ai lavori e bookmaker riponevano ben poca fiducia in lui. Il titolo del resto andava strappato a Sonny Liston, un picchiatore che metteva paura già solo a guardarlo. E lo sfidante, infatti, trovandoselo davanti alle visite mediche, rischiò di farsela addosso. L’affare che misurava la sua pressione sanguigna mostrò all’improvviso uno sbalzo preoccupante, e gli infermieri dovettero rifare il test affinché fosse concesso il nulla osta.
Provocazioni incessanti
Per un istante, Clay aveva perduto la spavalderia degli ultimi mesi, durante i quali non aveva fatto altro che dileggiare e insultare il suo avversario, ricavandone una sanzione di 2’500 dollari per condotta indegna. In cerca della grande occasione, il giovane Cassius aveva pensato di procurarsela mettendo in piedi uno spettacolo a dir poco singolare. A Las Vegas, nel luglio del 1963 - al termine del match in cui Liston batté per la seconda volta Floyd Patterson conservando la cintura - salì sul ring, scippò il microfono allo speaker, disse di essere lui il vero campione e diede del barbone a Liston, sfidandolo pubblicamente e chiamandolo brutto orso grasso. Non pago, l’indomani aspettò in aeroporto il vincitore e sua moglie per coprirli di ingiurie, mentre nelle settimane seguenti - oltre a far attraversare il Paese da un pullman tappezzato di slogan anti-Liston - si recò di persona a Denver per far cagnara, nottetempo, nel giardino di casa del campione in carica.
Comportamenti che a chiunque altro avrebbero regalato la patente di squilibrato, ma che per Clay non furono altro che l’apprendistato della sua lunga carriera di tribuno. Bell’aspetto, parlantina e personalità in esubero catalizzarono dunque attorno al 21enne - oro olimpico nel ’60 - l’attenzione di appassionati, media e sponsor. La Columbia Records, ad esempio, intuitene le potenzialità, gli fece subito registrare un album parlato in cui il ragazzo, in rima, recitava slogan sulla propria bellezza, sul suo rapporto privilegiato con Dio e, naturalmente, sull’inadeguatezza di Sonny Liston, che secondo lui sedeva sul trono dei pesi massimi in maniera illegittima. «Friends, romans, countrymen, lend me your ears», faceva il verso a Shakespeare e Giulio Cesare, «I come to bury Liston, not to praise him». Il disco, una specie di rap primigenio, si chiamava ovviamente «I am the greatest» e il suo successo fu tale da meritarsi, all’inizio del ’64, una nomination ai Grammy per la miglior comedy performance al pari di gente come Mel Brooks e Carl Reiner.
L’occasione tanto attesa
A furia di bussare, Clay l’ebbe vinta: Liston venne ad aprire, raccolse la sfida e mise in palio la sua corona la sera del 25 febbraio 1964 alla Convention Hall di Miami Beach, Florida. Per dare l’idea dell’importanza del match, sappiate che il biglietto meno caro costava 20 dollari, mentre la poltrona di ring era venduta a 250 verdoni, qualcosa come 2.200 sacchi di oggi. A fare gli onori di casa, sul quadrato insieme allo speaker c’era Sugar Ray Robinson, 3 volte campione mondiale dei medi e da molti ritenuto, pound for pound, il miglior puglie della storia. Per dare manforte al leggendario cronista Howard Cosell, il secondo microfono televisivo fu affidato a sua maestà Joe Louis, il più grande peso massimo del secolo. Il Brown Bomber disse che il combattimento che stava per cominciare gli ricordava, per tensione e implicazioni, la sua seconda battaglia contro il paladino nazista Max Schmeling, nel 1938. Come seconda voce radiofonica c’era invece Rocky Marciano, il boxeur che non fu mai sconfitto e che, nel pre-match, pronosticava Clay al tappeto al primo round. Le smargiassate, infatti, avevano reso lo sfidante un gran personaggio, ma secondo esperti e allibratori il ragazzo non aveva chance: la sua vittoria era data 1 a 7.
L’angolo del campione era occupato, come detto, dalla pedina della mafia ed ex galeotto Charles Sonny Liston, 19 arresti sulla fedina penale, 218 libbre, 36 successi e una sola sconfitta, subita una decina d’anni prima. Sulla schiena porta evidenti i segni delle frustate ricevute dal padre, un mezzadro abusivo dell’Arkansas con 25 figli avuti da 2 mogli. Sulla sua data di nascita non c’è nulla di certo: sua madre non ha mai saputo indicare l’anno in cui il pargolo venne al mondo, le pareva di ricordare che fosse stato durante un mese di gennaio. La data fu poi fissata - per convenzione - solo quando il ragazzo era già adulto, e venne scelto l’8 maggio del 1932, ma si crede che possa aver visto la luce già nel 1928.
Sotto l’accappatoio dello sfidante, ostentando calma olimpica, scioglieva i muscoli delle braccia Cassius Marcellus Clay, 22 anni appena compiuti, 210 libbre, nelle vene sangue malgascio, inglese e irlandese. A portarlo in palestra era stato un poliziotto a cui si era rivolto, dodicenne, dopo il furto della sua bicicletta in un quartiere nemmeno troppo disagiato di Louisville. Possiede smisurata fiducia in se stesso e magnetismo da vendere. Non avesse infilato i guantoni, avrebbe sfondato a Hollywood. Dopo l’oro di Roma nei mediomassimi, passa professionista e affronta con fortune alterne pugili di fascia medio-bassa. L’unico grande nome è l’ex campione mondiale Archie Moore, che però quando viene sconfitto ha già 46 anni. Clay, insomma, è il classico outsider che per battere Liston ha bisogno di un miracolo. Tuttavia, va ripetendo che vincerà in 8 riprese.
Braccia al cielo al 7. round
Mandati fuori i secondi, il campione prende il centro del ring e lo sfidante comincia a danzargli attorno. Il primo colpo, un sinistro al corpo, lo porta Liston. Clay, pure lui col mancino, risponde toccando il rivale al volto, ma presto gli lascia l’iniziativa. Del resto, nello schivare è una mangusta, e il detentore va spesso a vuoto. Scaduti i primi 2 giri d’orologio, Cosell fa notare che Clay ha già fatto meglio di Floyd Patterson, che da Sonny era stato sconfitto 2 volte in meno di 2 minuti. Quando suona la prima campana, nessuno la sente, nemmeno l’arbitro, e volano pugni per altri dieci secondi. Sullo sgabello, Cassius snobba i consigli di Angelo Dundee e riempie la pausa strillando e facendo boccacce a favore dei fotografi. Clay resta fedele al jab and move anche nel secondo round, archiviato senza squilli. Il terzo si apre con una gragnuola di colpi portati dallo sfidante, il campione accusa, pare addirittura sul punto di crollare, ma poi si riprende e, a metà ripresa, a barcollare sarà Clay. Liston, però, rimedia uno squarcio sotto l’occhio sinistro.
Alla fine della quarta ripresa Clay è quasi cieco, qualcuno sospetta che sui guanti di Liston sia stato spalmato del repellente. In attesa di tornare a vederci, Clay adotta una guardia ermetica lasciando che Liston gli scarichi addosso un numero imprecisato di colpi. Per ricavare una vaga idea di dove sia Liston, Clay gli appoggia di continuo sulla testa l’allungo sinistro. Sembra mancanza di rispetto, ma è puro istinto di sopravvivenza. Al termine del sesto break, il giovane scatta in piedi per tornare a combattere, mentre l’anziano, la cui ferita manda sangue come un idrante, non si alzerà più dal cadreghino. Clay capisce prima di tutti e improvvisa una danza al centro del ring: è il nuovo re dei pesi massimi.
Due strade opposte
«Sono la cosa più grande che sia mai esistita», ringhia nei microfoni dei cronisti infilatisi fra le corde. Interrompe il monologo autocelebrativo solo per ordinare ai poliziotti di lasciar salire sul ring il suo amico Sam Cooke, il cantante nero più famoso nella prima metà degli anni ’60, che presto sarebbe stato ucciso a colpi di pistola da una sua dipendente e che lasciò in eredità a Clay l’impegno a favore dei diritti civili. Per il nuovo campione, infatti, è ormai giunto il tempo della consapevolezza e della vocazione. Abbracciato l’islam e scelto un nuovo nome, Muhammad Ali diviene paladino della causa antisegregazionista - al pari di figure come Luther King, Malcolm X ed Elijah Muhammad - e icona pacifista dopo il suo rifiuto di arruolarsi e partire per il Vietnam. Per molti anni, probabilmente, fu l’uomo più famoso al mondo.
Pochi mesi dopo aver perso il titolo, Sonny Liston fu invece arrestato per ubriachezza al volante. «Ero in compagnia del mio agente», disse al giudice il giorno del processo. «Se mi mandate sulla sedia elettrica, assicuratevi che riceva il suo 10% di corrente». L’avesse pronunciata Ali, una frase simile oggi sarebbe nei testi scolastici. Invece la disse Liston, che aveva le stimmate del cattivo e che fu rinvenuto cadavere, circondato da stupefacenti di ogni tipo, quando aveva (forse) soltanto 38 anni.