Record e radici: dal 1996 alla Nazionale di Xherdan

È la Nazionale di Xherdan Shaqiri. Lo è da qualche anno a questa parte, oramai. Lo dicono i numeri. Il folletto del Liverpool, restando all’attualità, ha trascinato i rossocrociati contro la Turchia. Sul biglietto valido per gli ottavi di finale il suo nome è scritto in stampatello. Merito di una doppietta bella e pesantissima, che ha issato «XS» in cima alla classifica dei migliori marcatori elvetici nella storia dei grandi tornei. Proprio così. Con sette reti complessive, il 29.enne ha superato Josef Hügi, autore di sei gol in tre partite ai Mondiali di casa del 1954.
Se «XS» fa rima con ottavi
I primi sigilli di Shaqiri risalgono ai Mondiali brasiliani del 2014. Tre in un solo colpo, contro l’Honduras, nell’ultima e decisiva sfida del gruppo E. Grazie a quel successo, la Svizzera tornò a qualificarsi a un ottavo di finale. Otto anni dopo quelli conquistati in Germania e poi persi ai rigori al cospetto dell’Ucraina. E non è un caso che da allora, il superamento della fase a gironi è sempre stato garantito dalla squadra. In Brasile, appunto, sotto Ottmar Hitzfeld e dagli Europei del 2016 in avanti con Vladimir Petkovic in panchina. Shaqiri, nelle competizioni citate, il segno lo ha infatti sempre lasciato. Detto della tripletta travolgente di Manaus, cinque anni fa in Francia il giocatore dipinse sia l’alba sia il tramonto rossocrociato. Dall’assist per l’incornata vincente di Schär, all’esordio contro l’Albania, alla indimenticabile semirovesciata che - agli ottavi - ci fece illudere contro la Polonia. Vennero poi il 2018, la Russia, e la cavalcata trionfale nella sfida infuocata contro la Serbia. Nel bene e nel male, il 2-1 siglato allo scadere dal trequartista e la successiva esultanza con l’aquila bicipite, determinarono il destino della Svizzera in quella Coppa del mondo. Dopo il corner pennellato sulla testa di Embolo (per il provvisorio vantaggio sul Galles) e le due reti che hanno contribuito a stendere la Turchia e a mantenerci in vita, non è invece ancora chiaro quale sarà il ruolo di Shaqiri nella seconda parte di Euro 2020.
Di reti e passaporti
Nato a Gjilan - in Kosovo - e cresciuto a Basilea, Xherdan Shaqiri è uno dei tanti giocatori naturalizzati svizzeri. Le diramazioni dei rispettivi alberi genealogici? Perlopiù l’Est Europa, l’Africa e le comunità ispaniche. Una realtà intrinseca al nostro Paese, diventata sempre più importante nel corso degli anni. Anche a livello sportivo. Per dire: tutte le reti elvetiche di questo torneo sono sin qui state realizzate da figli di immigrati (oltre a Shaqiri, Embolo e Seferovic). Nel 2018 erano state quattro su cinque, nel 2016 due su tre, nel 2014 cinque su cinque.
E nel 1996, quando la Nazionale allenata da Artur Jorge partecipò al suo primo Europeo, come andarono le cose? Per certi versi allo stesso modo, per altri in tutt’altra direzione. Sì, perché a realizzare l’unica rete svizzera fu un 29.enne di origini turche: Kubilay Türkyilmaz, eroe di Wembley e del pareggio all’esordio contro la favoritissima Inghilterra. Di cosiddetti «secondos», in quella squadra, ce n’erano però pochissimi. Kubi e Ramon Vega, i più identificabili.
Da Trezeguet a Éder
Appena tredici anni più tardi, la U17 rossocrociata saliva invece sul tetto del mondo grazie a un mix etnico e tecnico non indifferente. Dalle radici nostrane a quelle balcaniche, passando per Ghana, Tunisia, Portogallo e persino Thailandia. In Europa, comunque, tutto fuorché un unicum. Basti pensare all’epilogo degli ultimi tornei continentali. Nel 2016 a consegnare il trofeo al Portogallo era stato Éderzito António Macedo Lopes, per tutti Éder, nato il 22 dicembre del 1987 nella Guinea-Bissau. La storia di Euro 2012 porta addirittura in Giappone, dove è nata Eva, mamma di David Silva, finito per primo sul tabellino della finalissima vinta per 4-0 dalla Spagna contro l’Italia. Un varco importante, nel 2000, venne tuttavia aperto dalla Francia. Con due dei golden gol più famosi della storia, firmati da un campione di origini algerine - Zinédine Zidane, nella semifinale con il Portogallo - e un bomber con sangue argentino: David Trezeguet, match winner del palpitante ultimo atto contro gli Azzurri. In generale, e come analizzato di recente dal Times, la natura delle squadre presenti a Euro 2020 deriva da eventi sociali e politici di grande portata, verificatisi nel secolo scorso. Dal Trattato di Maastricht del 1992, alla base dell’UE, alla guerra nell’ex Jugoslavia, sino alle migrazioni dal terzo mondo.