In corner

Sabbatini al Bellinzona, perché mai indignarsi?

Il capitano dei record del Lugano, rimasto senza squadra dopo aver rifiutato l'offerta post carriera del club bianconero, ha deciso di vestire la maglia granata - Fa un certo effetto, ma chi siamo noi per giudicare?
Massimo Solari
05.09.2024 17:25

Jonathan Sabbatini, dunque, ha deciso di sposare l’AC Bellinzona. Proprio lui, capitano dei record e simbolo dell’FC Lugano. Fa un certo effetto, inutile negarlo. Anche se a differenza di tanti «tradimenti» che hanno segnato la storia del calcio, la coda dell’operazione che ha coinvolto il centrocampista uruguaiano risulta oramai svuotata da qualsivoglia veleno. Per intenderci, e senza scomodare i vari Figo, Ronaldo e Bonucci, fece decisamente più rumore il passaggio - a scoppio ritardato - di Kubilay Türkyilmaz ai bianconeri. No, a questo giro l’indignazione sincera non ha ragione di esistere fra i tifosi di uno e dell’altro club.

Perché dovrebbe, d’altronde. L’approdo di «Sabba» al Comunale, in fondo, era scritto nelle stelle. Scontato, inevitabile, tornando alla prosa. Jonathan, lo scorso maggio, aveva deciso di rifiutare il progetto post carriera cucitogli addosso e su misura dal club di una vita. «Quando arriverà il momento, sarò io a decidere di ritirarmi, ma ancora non sono lì» aveva tenuto a precisare il giocatore, ponendo l’accento sull’entusiasmo e la freschezza che ancora albergavano la sua testa e le sue gambe. La perseveranza e la passione di Sabbatini, ci ripetiamo, andavano e vanno comprese. Rispettate, anche. La scorsa stagione il classe 1988 ne aveva ancora, eccome, e un’estate senza squadra può aver intaccato parzialmente la forma, ma non la sostanza di un elemento integro e dotato di un’intelligenza calcistica sopra la media. Insomma, che l’ACB si sia rinforzato in mediana è indiscutibile. E che i granata possano rinvigorire le ambizioni di un campionato partito bene è a questo punto doveroso.

Una destinazione scontata, dicevamo tuttavia. «Sabba», val la pena ricordarlo, ha 36 anni. E, al netto della stima trasversale, oltre San Gottardo e al massimo livello il suo nome e il suo profilo non erano destinati a sfondare. Oddio, vi sono stati un paio di abboccamenti e un’offerta concreta del Thun, ma che non si sia concretizzato alcunché è tutto fuorché sorprendente. Se c’era una società di Super League in cui il giocatore poteva essere valorizzato - in campo e non - era semplicemente il Lugano. E il processo alle intenzioni, buone e meno buone dei diversi attori in gioco, è già stato fatto. Lo stesso Sabbatini, e crediamo di non sbagliarci, si aspettava probabilmente di più. Ha aspettato, ancora e ancora, e però l’offerta forse immaginata con eccessivo ottimismo non è arrivata. È rimasto il Bellinzona ed è rimasto Pablo Bentancur, patron sui generis, mentore, agente, amico. È arrivato così un «sì» di ripiego, persino a denti stretti, e ciò nonostante coerente.

Sabbatini voleva continuare a giocare e, a due passi da casa, ha trovato la soluzione più dolorosa e allo stesso tempo meno dolorosa. Siamo sicuri che il giocatore si sia guardato dentro a più riprese, ripercorrendo le 437 partite in bianconero. E sovrapporle, in controluce, alla sagoma dei tre castelli deve avere fatto un certo effetto anche a lui. «Proprio io» si sarà magari detto mentre le settimane trascorrevano tutto sommato uguali. O con la penna fra le mani, poche ora fa. Eppure chi siamo noi per giudicare la sua scelta. Anzi, la coerenza citata poc’anzi meriterebbe di essere in qualche modo premiata. Poco importa se in un contesto a tratti incomprensibile come quello granata. Martedì, 10 settembre, saranno trascorsi esattamente cento giorni dal rigore calciato alto nella finale di Coppa Svizzera. E a quel tremendo epilogo in bianco e nero, con la fascia attorno al braccio per l’ultima volta, è in fondo giusto accordare una chance di riscatto. Una sorta di via d’uscita. Il tempo, a poco a poco, sta rimarginando una ferita che sembrava inguaribile. Il Lugano ha deciso di guardare avanti. Adesso è il turno di Jonathan Sabbatini, capitano dei record e simbolo del Football Club Lugano. Ancora calciatore.