L'intervista

Fra rinvii e condizioni meteo proibitive: «Questa Coppa del mondo è un po’ antiquata»

Con Piero Gros, tra gli eroi della Valanga Azzurra negli anni Settanta, analizziamo questo inizio di stagione caratterizzato dalle polemiche
© Sean Kilpatrick
Raffaele Soldati
04.12.2023 21:30

Cancellazioni di gare a ripetizione. Soprattutto per gli uomini. E, sul fronte femminile, l’ultimo gigante si è disputato in condizioni quasi proibitive. Il circo bianco torna in Europa dopo una tournée nordamericana che fa ancora discutere. Ne abbiamo parlato con l’ex campione Piero Gros, sempre vicino al mondo dello sci.

È trascorso oltre un mese dall’inizio della Coppa del mondo. In campo maschile una sola gara ha potuto avere luogo regolarmente, lo slalom sulla nuova pista di Gurgl, dove c’è stata una tripletta austriaca...
«Non è certo una bella pubblicità per la Coppa del mondo. Però bisogna restare ottimisti. E pensare che la situazione può solo migliorare. Bisognerà anche vedere dove saranno piazzate tutte le competizioni veloci che dovrebbero essere recuperate. A metà dicembre ne avrà luogo una supplementare in Val Gardena. Per le altre si vedrà. Con tutta probabilità anche Wengen sarà presa in considerazione».

In ottobre si era tanto parlato di Cervinia per ragioni sciistiche. Recentemente si è tornato a parlare di questa località che avrebbe dovuto prendere il nome di Le Breuil...
«Peccato per le gare di velocità di Zermatt/Cervinia. Ci sono state polemiche per questione ecologiche e pure per un calendario sciistico che non fa l’unanimità. Io sono un uomo di sport e, come tale, sono dispiaciuto per l’immagine emersa da questa mancata competizione transfrontaliera. Non è stata ancora partorita una gara che sia una. Sembra quasi che la natura abbia voluto prendersi una rivincita. Visti i grandi interessi che stanno alla base di questo nuovo appuntamento per il circo bianco, rimanderemo le discussioni al 2024. E, forse, anche più in là. Intanto, in merito alla denominazione della località, con buona pace di tutti, dopo l’insurrezione della popolazione, si è optato per un diplomatico Cervinia-Le Breuil. In pratica, noi, continueremo a dire Cervinia...».

Quali sono le sue impressioni sulle tappe nordamericane del calendario sciistico?
«Fino allo scorso anno venivano proposte anche delle gare veloci a Lake Louise, in Canada. Dopo tanti rinvii a causa del maltempo, questa località ne ha pagato lo scotto ed è stata cancellata. Non era una pista spettacolare. A parte qualche canadese, nessuno ne sentirà la mancanza. La «Birds of Prey» di Beaver Creek ha certo un’altra tradizione. Ma in questi giorni, anche su questo tracciato non si è potuto gareggiare. Per gli uomini la trasferta americana è stata costosa, onerosa e assolutamente inutile. Ma il punto è un altro. In qualsiasi località, soprattutto per le gare veloci, il maltempo può sempre rovinare lo spettacolo. Quante volte, anche ai Mondiali o alle Olimpiadi, ci sono stati rinvii? Questo è il nostro sport. Io penso che si debba anche dare un po’ di fiducia alla FIS e ai suoi responsabili. Gente che magari ogni tanto sbaglia, ma che si impegna comunque a vendere il prodotto sci in un modo più o meno credibile».

L’obiettivo è quello di migliorare. Soprattutto di dare più credibilità alla Coppa del mondo. C’è chi ritiene che ci sia un calo di interesse. Concorda?
«Non proprio. L’interesse cresce se ci sono gare e se c’è entusiasmo attorno alle piste. A mio avviso questo entusiasmo si potrebbe ricreare modificando un po’ l’assetto della generale, attualmente strutturata per premiare pochissimi atleti: in particolare quelli che si dedicano alla velocità. Gli slalomisti sono già tagliati fuori da questo discorso. Mi si dirà che ci sono le coppe di specialità, ma non è questo il punto. Rispetto a un recente passato, si è cercato di proporre un numero di competizioni perlomeno analogo per ogni disciplina, ma questo progetto non si è ancora completamente concretizzato. Questa Coppa del mondo ha una concezione vecchia, è antiquata. Va modernizzata, adeguata a questi tempi. Senza però snaturarne il significato. Io, ad essere sincero, vedrei due generali diverse, una per i velocisti (discesa e superG) e un’altra per i tecnici (slalom e gigante). Bisognerebbe avere il coraggio di ripartire con una concezione diversa e rinnovata del grande sci».

Torniamo un attimo indietro. Visto che degli uomini si può dire poco, quali sono le sue impressioni sulle gare femminili fin qui disputate?
«Mi sembra che, tra giganti e speciali, lo spettacolo non sia mancato. In questo primo scorcio di stagione si sono distinte le campionesse già rinomate: Mikaela Shiffrin, Petra Vlhova, Lara Gut-Behrami e Federica Brignone. Queste si sono finora spartite i successi, ma nel corso della stagione mi auguro di poter vedere anche altri nomi. Solo così può crescere l’interesse per la Coppa».

Capisco che Lara tenga alla propria incolumità. Nessuno però l’ha obbligata a gareggiare. Come ha già fatto in altre occasioni, avrebbe potuto defilarsi

Parlando dell’ultimo gigante sul «Flying Mile» a Mont Tremblant, Lara è stata piuttosto dura. Ha criticato la decisione di chi ha dato via libera alla gara nella tormenta.
«Capisco che Lara tenga alla propria incolumità. Nessuno però l’ha obbligata a gareggiare. Come ha già fatto in altre occasioni, avrebbe potuto defilarsi. Fare insomma come aveva fatto a Kranjska Gora, mi pare negli anni Novanta, Alberto Tomba. Faceva caldo, la pista dello slalom era diventata molle e a suo dire pericolosa. Così ha lanciato un messaggio chiaro al direttore Hujara. Ha rinunciato alla seconda manche. Nessuno avrebbe proibito a Lara di rinunciare. Non lo ha fatto? La scelta è sua. Ma avrebbe fatto bene a non criticare le scelte della FIS e degli organizzatori. A mio modo di vedere, una caduta di stile da parte di una grande campionessa con anni di esperienza nel circo bianco».

Finalmente si torna in Europa. Nel prossimo fine settimana gli uomini affronteranno un gigante e uno slalom a Val d’Isère, le donne una serie di gare veloci a St. Moritz.
«Io direi che, finalmente, entrerà nel vivo la Coppa del mondo. Penso a quella maschile, in grande ritardo sul ruolino di marcia, ma anche a quella femminile, che non ha ancora partorito discese e superG. Sono convinto che l’interesse andrà in crescendo su tutti i fronti per raggiungere l’apice con i classici appuntamenti tra dicembre e gennaio in Italia, Svizzera e Austria».

Lei, lo sappiamo, segue ancora da vicino il mondo dello sci. A volte rimpiange il passato?
«Rimpiangere il passato non è l’espressione giusta. Anche ai miei tempi non tutto funzionava perfettamente. Noi, a volte, quando non c’era la neve, gareggiavamo anche sulla terra. Però erano altri tempi. Non sono possibili i confronti con lo sci di oggi. Non faccio graduatorie tra campioni del passato e del presente. Però ammiro chi contribuisce a scrivere la storia dello sci».

E lei ha contribuito parecchio...
«Forse un po’. Quest’anno a Madonna di Campiglio, festeggeranno i 70 anni della 3-Tre. Mi hanno invitato, anche perché lì mi imposi nel 1972 nella mia prima stagione in Coppa. Una settimana prima vinsi anche nel gigante a Val d’Isère».