Ghedina e i segreti di Cortina: «Il salto col mio nome? Bello, ma non difficile»

Cortina d’Ampezzo è pronta ad ospitare i Mondiali di sci alpino. Mancherà il pubblico, è vero, ma per le emozioni dei protagonisti non sono state previste restrizioni. Ad assicurarlo è Kristian Ghedina, ambasciatore d’eccezione dell’evento. L’ex discesista italiano ci apre le porte di casa sua, dove 31 anni fa coglieva il primo successo in Coppa del mondo.
«Ghedo» non è cambiato. A 51 anni l’amore per lo sci e per la velocità sono sempre gli stessi. Baluardi inattaccabili. Genuino e un po’ folle, l’italiano è in prima linea nell’organizzazione dell’evento iridato che scatterà lunedì con la Combinata femminile. Lui, originario proprio di Cortina e a Cortina legato indissolubilmente. Nella gioia come pure nel dolore. Su queste montagne, Kristian Ghedina si è plasmato e - appena ventenne - ha centrato la vittoria numero uno della carriera. Sempre queste montagne si sono però portate via mamma Adriana, prima maestra di sci della regina delle Dolomiti. Un tragico incidente sul Monte Cristallo. Era il 1985.
Al centro della Vertigine
«Non ho molto tempo». Questa la premessa quando lo raggiungiamo al telefono. Quaranta minuti più tardi non abbiamo ancora finito di discutere. Un fiume in piena. O meglio, una valanga. Basta innescarla menzionando la pista «Vertigine», creata ad hoc per ospitare la discesa libera e il SuperG maschili. «L’ho provata proprio giovedì a tre riprese» ci racconta. «Ora ho male dappertutto. Ai dorsali, agli addominali, persino alle mani tanto tenevo stretto i bastoni. D’altronde - eccetto un paio di video promozionali - non sciavo seriamente dallo scorso marzo, quando hanno chiuso tutto. Niente. Mercoledì sera ho tirato fuori degli sci da SuperG femminili, gli scarponi e via, l’indomani mi sono buttato giù dal pendio senza riscaldamento e ricognizione. Un po’ di strizza c’era, lo ammetto. Ma sfido qualsiasi atleta che corre o ha corso in Coppa del mondo a fare lo stesso dopo un periodo di pausa così lungo. Forse solo Bode Miller sarebbe stato così incosciente». Gli crediamo sulla parola.


Torniamo, dunque, alla Vertigine. «La pista è molto bella. E direi anche impegnativa, quantomeno per tre quarti del tracciato» spiega Ghedina, 13 vittorie in CdM e tre podi iridati (due argenti e un bronzo). «Per la conformazione del terreno purtroppo non si è potuto farla partire più in alto, aggiungendole una decina di secondi. Insomma, dobbiamo immaginarci delle prove tra l’1’40’’ e l’1’42’’». Ghedina inforca gli sci per noi ed entra nei dettagli: «Nella parte alta si gira parecchio e l’interpretazione di queste curve incide già molto in termini di velocità. I salti sono diversi, mentre nelle diagonali gli sci rischiano di sbattere parecchio». Ma dove potrebbe essere decisa la libera mondiale? «La prima curva verso destra, dopo il salto della Vertigine, è forse il punto chiave della gara. La differenza la si può fare proprio lì, preparando al meglio i due curvoni successivi che immettono sulla diagonale del Canalone. Un po’ come avviene dopo l’Hausbergkante di Kitzbühel, bisognerebbe evitare di arrivare troppo bassi prima di mollare gli spigoli».
La corsa è in agenda domenica 14 febbraio. San Valentino, già. Nel soppesare le chance dei velocisti al via, Ghedina tuttavia va dritto al sodo. «Inutile girarci attorno. Feuz è sicuramente tra i papabili per la medaglia d’oro. Lo suggerisce il suo stato di forma. Detto questo, mi auguro che tra gli uomini da battere ci sia pure Paris. Due anni fa - quando a Cortina si sono tenuti i Campionati italiani - non si era trovato benissimo. La pista, però, era meno lavorata e difficile. Al contrario, più ghiaccio c’è più Dominik riesce a tirare fuori il meglio». Un assist perfetto per parlare di neve e condizione del tracciato. «C’è ancora qualche punto interrogativo a livello meteo. Se, come sembra, nei prossimi giorni dovesse arrivare un po’ di pioggia e il freddo, beh, attendiamoci un bel lastrone di ghiaccio. Allo stesso modo non bisogna comunque dimenticare che, eccetto la parte iniziale, la discesa di Cortina si corre praticamente al sole».
Se a saltare sono anche le dita
I salti, dicevamo, non mancano. E, va da sé, sono pane per i denti di Ghedina, quattro mesi fa diventato per la prima volta papà. «Beh, il salto della Vertigine, a metà percorso circa, è spettacolare. Ricorda un po’ l’Hundschopf del Lauberhorn e va preparato bene per non atterrare troppo lunghi. Io, in prova, sono arrivato a una trentina di metri. Gli atleti probabilmente faranno qualcosina di più». E poi? Poi c’è il salto dedicato proprio a Kristian Ghedina: «Anche qui un salto niente male. In corsa si potrebbero persino osservare parabole vicine ai 60 metri di lunghezza. Superati altri due balzi, bisogna quindi lasciare soprattutto correre gli sci. E come sempre il materiale potrà aiutare o penalizzare i diversi concorrenti». Con il nostro interlocutore insistiamo sulla parte di tracciato che il comitato organizzatore ha voluto dedicargli nel 2019, in occasione dei 50 anni. «Il gesto mi ha fatto davvero piacere. Naturalmente mi sono subito sincerato che fosse un signor salto. Insomma, in questo genere di esercizio ho pur sempre una certa reputazione (ride, ndr)». E quindi? Il risultato finale ha soddisfatto il «Ghedo»? «È un bel balzo, certo. Come indicavo in precedenza, si può volare anche 60 metri volendo. A essere sincero fino in fondo non è però il salto più complicato. Seppur meno lungo, quello della Vertigine presenta un grado di difficoltà maggiore. Si ha meno tempo e agio per prepararlo. E proprio alla luce di queste caratteristiche in molti tendono a confonderlo con il salto Ghedina».
A proposito di salti: nelle ultime settimane - complice anche il grave infortunio dell’elvetico Urs Kryenbühl nel finale della Streif - si è discusso molto su questo elemento intrinseco alla discesa libera. E ci si è chiesti se gli atleti non corrano ancora troppi rischi. Ghedina, che è entrato nella leggenda con una spaccata aerea a 140 km/h nello schuss conclusivo di Kitzbühel, non schiva la questione. Anzi, la affronta di petto: «Lungi da me minimizzare un tema così delicato. La sicurezza degli atleti resta prioritaria. Ma la discesa è uno sport per certi versi estremo e chi la abbraccia deve metterlo in conto. E mi permetto di fare un esempio. Nel dicembre del 1989, quando centrai il primo podio della carriera in Val Gardena, tra le prove e la gara ben sette atleti si fecero male sulle famigerate Gobbe del cammello. Nessuno, allora, gridò allo scandalo. Ecco, mi chiedo cosa accadrebbe se una simile situazione si ripresentasse oggi. Spianerebbero le Gobbe? Assurdo. Ripeto: la discesa è pericolosa ma il suo grado di spettacolarità va preservato perché ne è parte integrante». Ghedina, sull’argomento, non molla. «Mi scusi eh. Ma le faccio un altro esempio. A Cortina si contano circa 60 botteghe di falegnami. E in una cinquantina di queste c’è almeno un operaio che ha perso una o più dita. L’errore fa parte del mestiere che si sceglie».


Lara e l’Olympia delle Tofane
Dal 16 dicembre del 1989 al 15 marzo del 2006, Kristian Ghedina ha deciso di fare lo sciatore professionista. Un percorso, manco a dirlo, iniziato a cento all’ora: subito un terzo posto sulla Slaslong e il 3 febbraio del 1990 il primo sigillo davanti ad amici e parenti. Sula celebre Olympia delle Tofane, poi diventata terreno di conquista per le prim’attrici del Circo Bianco. Poco male, perché Ghedina continua a conoscerla a memoria. «La prima vera curva, di fronte al rifugio Pomedes, è già un crocevia importante. Il terreno addirittura sale e l’interpretazione del passaggio diventa quindi cruciale. Se la linea è giusta, infatti, si costruisce un bagaglio di velocità del quale fare tesoro addirittura fino al Gran Curvone, a metà pista. Poco prima, comunque, può dare fastidio anche il salto del Duca d’Aosta, non difficile ma da affrontare in curva. La curva Delta». Per l’ex discesista italiano, ad ogni modo, molto possono decidere «sia il Gran Curvone successivo, sia la diagonale finale, con un altro tornante verso destra che non finisce mai. In entrambi i casi lo sci va condotto davvero bene per non perdere velocità, ma soprattutto bisogna azzeccare la linea. Basti pensare che a fine gara si possono sempre osservare dieci metri di traiettorie. E quella sbagliata rischia di compromettere tempo finale e medaglie».
Chi, nella sua carriera, ha dimostrato di saper addomesticare al meglio l’Olympia delle Tofane è Lara Gut-Behrami: due successi in SuperG, uno in discesa, e un terzo posto in ciascuna delle due discipline. «Lara - conferma Ghedina - sta andando fortissimo. E al netto dello stato di grazia in SuperG, specialità che la vede chiaramente favorita, da lei mi attendo grandi cose pure in discesa. Arriva a Cortina carica e in piena fiducia, fondamenta che dovrebbero permetterle di presentarsi al cancelletto di partenza con una certa serenità. E, sì, di poter ambire concretamente a due, se non tre medaglie. Poi, certo, la sorpresa ai Mondiali è sempre dietro l’angolo».
Non sarà invece della partita Sofia Goggia, leader carismatica della compagine azzurra ma reduce dalla frattura della tibia. «Una botta pazzesca. Una doccia fredda per un Paese intero» osserva Ghedina. Senza tuttavia disperare: «L’Italia, in particolar modo sul fronte femminile, resta una nazione molto forte. Il livello di competitività è elevato e le sfide interne al team continueranno a susseguirsi. Anche senza Sofia Goggia. Insomma, Bassino, Brignone e la stessa Curtoni sono nomi affidabili e al contempo temibili. Da più di un anno a questa parte, peraltro, un esempio lampante di circolo virtuoso lo sta dando proprio la squadra svizzera».
Manca un termine di paragone
Affiatamento e raccolto sportivo, già. I risultati, in casa rossocrociata, parlano chiaro. Qual è, invece, lo stato d’animo di chi per anni ha lavorato a un Mondiale, a una festa dello sci, per poi vederla svuotata della passione della gente? «È dura. Fa male. Ma tutto sommato siamo belli gasati e motivati. E ciò nonostante il calore del pubblico sarà senza dubbio il grande assente» afferma Ghedina, ambasciatore della competizione iridata sulle Dolomiti ampezzane. «Sportivamente parlando, l’unica preoccupazione riguarda dei pendii che sino ad oggi, se vogliamo, non sono stati veramente testati. Sì, Cortina ha ospitato gli Assoluti italiani. Parliamo però di una gara di basso profilo, rispetto a un Mondiale o alle finali di Coppa del mondo. Purtroppo quelle agendate lo scorso anno sono state annullate a causa della pandemia. E di conseguenza tutta la macchina organizzativa non è stata saggiata come auspicato. In un certo senso manca un termine di paragone».
Sulla qualità della preparazione delle piste, ad ogni modo, Ghedina non ha dubbi: «Da un profilo tecnico è stato fatto un grande lavoro. Poi, ribadisco, il meteo è una variabile decisiva. Si corre in 13 discipline sull’arco di appena 14 giorni. Capirete dunque che i margini di manovra sono strettissimi e che basta una nevicata imponente per complicare maledettamente le cose».


Negli occhi le Olimpiadi
Per gli operatori del settore, albergatori e ristoratori in primis, sarà comunque un’esperienza amara. A tratti surreale. «Di buono c’è che il Governo italiano si è detto possibilista circa la riapertura delle stazioni sciistiche dal 15 febbraio» rileva Ghedina, parlando di «uno spiraglio di luce dopo tanto buio». «Spetterà comunque ai singoli comprensori valutare se il santo vale la candela. Per garantire il ritorno degli sciatori, c’è infatti da attendersi un sistema alquanto complesso in termini di restrizioni e precauzioni sanitarie». L’appuntamento con i tifosi e il loro entusiasmo, ad ogni modo, è solo rimandato. Insieme a Milano, tra cinque anni Cortina ospiterà infatti le Olimpiadi invernali. «Sapere di lavorare anche in ottica Giochi è sicuramente positivo. E in parte, sì, rasserena addetti ai lavori e imprenditori della zona. Da qui al 2026 avremo inoltre modo di finalizzare quelle opere e quei servizi al turista, rimasti un po’ in sospeso a causa della crisi attuale. Da parte loro, la grande copertura televisiva dell’evento e l’effetto volano generato dai social media dovrebbero darci una mano in prospettiva».