Se per sconfiggere il tuo nemico rischi di doverlo accontentare
Poco più di un anno fa il calcio europeo era in subbuglio. La nascita e la morte subitanea della Superlega, ricordate? Fu un terremoto, di breve durata certo, ma le cui scosse d’assestamento non si sono ancora esaurite. Prendete l’UEFA e il suo progetto di riforma della Champions League. Il velo al nuovo formato, Nyon, lo tolse proprio a ridosso del clamoroso annuncio fatto nel cuore della notte da Juventus, Real Madrid e Barcellona. E, come allora, i punti controversi della competizione rivoluzionata non hanno ancora trovato una soluzione definitiva. Il tempo delle decisioni, però, è arrivato. Settimana prossima l’UEFA dovrà decidere da che parte stare. Quella dei potenti, denigrata e portata persino in tribunale per la fuga in avanti di dodici mesi fa? O quella dei campionati meno in vista, i cui campioni rivendicano un certo spazio in una lega che - almeno semanticamente - dovrebbe favorirli? Ebbene, se polemiche e malumori restano all’ordine del giorno è perché il primo scenario sembra essere il prediletto. Con il 10 maggio, appunto, a fungere da possibile spartiacque. Quel giorno, 24 ore prima del 46. congresso in agenda a Vienna, il comitato esecutivo si determinerà. E, di riflesso, potrebbe determinare il volto della futura Champions League.
Tu sì, tu no
L’oggetto del contendere riguarda i quattro posti aggiuntivi a disposizione a partire dalla stagione 2024-25. Sì, il nuovo torneo sarà animato da 36 squadre e a differenza del modello attuale non presenterà più otto gruppi da quattro. Si giocherà in un girone unico, con dieci gare (altro nodo da sciogliere) da disputare per ogni club qualificato. Dicevamo, le quattro caselle vuote. Una, è praticamente certo, verrà assegnata a un club francese, dal momento che la Ligue 1 occupa il 5. posto secondo il coefficiente dei campionati continentali. Il vincitore o secondo di un campionato nazionale di seconda fascia - Scozia, Ucraina o Turchia - dovrebbe mettere le mani sulla seconda. Gli ultimi due posti, invece, potrebbero essere determinati dai risultati storici. Tradotto: dal prestigio (o se preferite chiamatelo ranking) delle società che non sono riuscite a classificarsi nei quartetti o terzetti di testa dei principali campionati europei. Urca, e il merito sportivo? Ecco il problemone. Che a differenza dell’ECA - presieduta dal numero del PSG Nasser Al-Khelaifi - non va giù né all’European Leagues (l’associazione mantello delle leghe europee) né all’organizzazione che rappresenta i tifosi del continente (la FSE). La prima, riunita in assemblea venerdì a Istanbul, ha criticato la direzione intrapresa. Ribadendo che «i meriti sportivi devono essere l’unico criterio di accesso alle competizioni UEFA per club. Siamo, infatti, contrari all’introduzione del cosiddetto sistema “European Performance Spot Coefficient”, che rappresenterebbe una seconda opportunità ingiustificata per alcune squadre che hanno mancato la qualificazione diretta attraverso la prestazione nel loro campionato nazionale». Non solo: l’European Leagues ritiene altresì «necessario che le partite della fase a gironi siano al massimo otto. Un eventuale aumento, infatti, comporterebbe un incremento di altre 100 gare e di fatto raddoppierebbe la quantità di partite disputate in UCL (da 125 a 225), danneggiando ulteriormente le competizioni nazionali e la stragrande maggioranza delle squadre in Europa, a beneficio dei soli top club». L’ombra della Superlega, già.
«Così creiamo un mostro»
Il peso del coefficiente UEFA, tra l’altro, potrebbe pesare anche per quei club «altolocati» che si aggiudicheranno la coppa nazionale. Creando - denunciano i gregari - un’ulteriore disparità di trattamento. In Inghilterra, ad esempio, se il Crystal Palace avesse messo le mani sulla FA Cup, non avrebbe potuto figurare tra le 36 elette della Champions. E ciò alla luce della sua inconsistente tradizione nelle competizioni europee. Fosse al contrario capitato al Manchester United - lontano dal quartetto di testa della Premier League - porte spalancate e tappeto rosso. «Ma così si crea un mostro» ha affermato Axel Hellmann, portavoce del CdA dell’Eintracht Francoforte. «Quando partecipi alla Champions, il tuo coefficiente diventa sempre più alto. Di conseguenza si rischia di alimentare un sistema sempre più chiuso». Domani, in occasione della semifinale di Europa League con il West Ham, i vertici del club tedesco incontreranno il presidente dell’UEFA Aleksander Ceferin. A cinque minuti dalla mezzanotte, un cambio di rotta appare tuttavia improbabile.