Euro 2024

Se tutte le strade portano ai Kickers di Stoccarda

Lo stadio di Waldau, campo base della Nazionale, è finito al centro delle polemiche; eppure l’impianto tedesco ospita un club speciale: e non mancano i legami con il Ticino
© KEYSTONE/PETER KLAUNZER
Massimo Solari
13.06.2024 06:00

Negli scorsi giorni non si è quasi parlato d’altro. Il Blick, al solito pungente e provocatorio, ha addirittura parlato di «Rasen-Gate». Il campo base della Nazionale, tuttavia, meriterebbe anche un certo rispetto. Perché qui, ai piedi di Stoccarda, nell’accogliente distretto di Degerloch, si sono fatti le ossa alcuni grandi campioni. E tutto ciò è stato possibile grazie al club di casa: gli Stuttgarter Kickers. La società, che il prossimo 20 luglio festeggerà i 125 anni di vita, ha formato futuri campioni del mondo e allenatori di spessore. Vi dicono nulla Jürgen Klinsmann, Guido Buchwald, Fredi Bobic e Thomas Tuchel? Ecco. Lo Stadion auf der Waldau, finito al centro delle polemiche per le condizioni del nuovo manto erboso posato dalla UEFA, ha insomma plasmato talento, competenze e successo. Altre storie individuali, meno altisonanti, meritano per contro di essere raccontate per i rispettivi risvolti. Già, poiché tutte le strade sembrano portare ai Kickers di Stoccarda. E due di esse, seppur per pochi chilometri, hanno attraversato pure il Ticino.

Il figlio del club

Ernst Tippelt, oggi, ha 81 anni. Ma la sua mente è ancora brillante e il suo entusiasmo contagioso. Nella stagione 1970-71, vestì la maglia del Lugano in Lega Nazionale A. E, a una decina di giorni dalle lacrime del Wankdorf, il destino ha voluto che l’ex attaccante tedesco si presentasse a un nuovo incrocio. Anche lui, in bianconero, perse infatti una finale di Coppa contro il Servette. «Nesto» – come oramai viene chiamato da tutti – i primi calci a un pallone lì sferrò tuttavia in patria. Proprio all’ombra della vecchia torre della televisione di Stoccarda. «Per dieci anni ho vissuto a due passi dallo Stadion auf der Waldau» ci racconta. «Mio padre era attivo nel ramo dell’albergheria e per motivi di lavoro ci trasferimmo in zona. Grazie agli Stuttgarter Kickers sono dunque diventato un calciatore: dapprima il settore giovanile, poi – dai 18 ai 21 anni – la prima squadra. Ed esordire così giovani, all’epoca, era raro. Non a caso mi consideravano un “figlio della società”».

Il presidente sborsò 250 mila franchi e d'improvviso ci ritrovammo ad affrontare il Real Madrid in amichevole
Ernst Tippelt, ex giocatore dell'FC Lugano

La squadra, erano i primi anni Sessanta, militava nella «II. Division Süd». Il 23 maggio del 1963, però, avvenne qualcosa di incredibile. Gli Stuttgarter Kickers affrontarono nientemeno che il Real Madrid di Alfredo Di Stefano e Ferenc Puskás. «Un’esperienza straordinaria, possibile solo grazie a una piccola, grande follia del presidente di allora» spiega Tippelt. «Gottfried Sälzer era un imprenditore e per regalarsi e regalarci il match contro gli spagnoli sborsò 250.000 franchi. Considerata la portata dell’evento, giocammo al Neckarstadion di Stoccarda. Davanti a oltre 45 mila spettatori. Immaginatevi: tutto questo solo per un’amichevole. Due mesi più tardi, per dire, nello stesso impianto i padroni di casa sfidarono il Santos di Pelé. A seguire l’incontro però erano in poco più di 20 mila». «Nesto» ricorda «un ambiente familiare e ricco di passione. Ogni anno torno a Stoccarda e, con 4-5 amici, vado a seguire i match degli Stuttgarter. Un pezzo importante della mia vita».

«A Caslano con Gert Fröbe»

Del frammento bianconero abbiamo invece solo accennato. «Durante la mia unica stagione in Ticino – rammenta Tippelt – non trovai così spesso la via del gol. Il paradosso? Al Servette, in campionato, segnai addirittura cinque reti tra andata e ritorno. Peccato per come andarono le cose in finale di Coppa a Berna. L’allenatore Albert Sing, che tra l’altro si era adoperato per portarmi in Svizzera cinque anni prima, aveva sollevato un polverone lasciando Otto Luttrop in panchina. Io venni sacrificato alla pausa, quando tuttavia il risultato era ancora fermo sullo 0 a 0… Al netto delle scelte in questione, ritengo che Sing – per mancanza di affinità – non si rivelò all’altezza di quel Lugano. Una squadra, val la pena rammentarlo, in cui militavano cinque giocatori della nazionale svizzera». I suoi souvenir più speciali, Ernst Tippelt li ha in ogni caso vissuti in Romandia. «Prima di vestire la maglia bianconera dovetti disputare quattro stagioni a Friburgo. Lo prevedevano i regolamenti dell’epoca. Custodisco gelosamente la parentesi sulle rive della Sarine, vista la doppia promozione dalla Prima lega alla LNA». «Nesto», leggiamo qua e là, è stato l’idolo di molti tifosi della regione. A Lugano, suggerivamo, le tracce sono meno visibili. Ma non per il diretto interessato. «All’epoca abitavo a Caslano. E a 50 metri di distanza viveva Blättler. Eccovi un altro aneddoto: Rolf aveva preso in affitto la villa di Gert Fröbe, stella del cinema e antagonista di James Bond nel film Agente 007 - Missione Goldfinger. Ebbene, non dimenticherò mai la serata in cui Fröbe invito l’intera squadra in questa casa, allietandoci per ore con sketch e battute».

«Il Comunale portafortuna»

E a proposito di giochi di parole. Pure l’avvento di Massimo Morales sulla panchina del Bellinzona venne accompagnato da sorrisini e scetticismo. «Su col Morales, arriva Max» citiamo dal CdT del 25 aprile 2001. L’allenatore italiano, autentico giramondo e – tra gli altri – vice di Giovanni Trapattoni al Bayern Monaco, rimase al Comunale appena due mesi. «Presi le redini di una squadra che la proprietà aveva oramai deciso di abbandonare» ricorda da noi contattato. Oscar Damiani e Gianmarco Calleri, in effetti, avrebbero lasciato l’ACB poche settimane dopo aver congedato il tecnico di Caserta. «Ho lavorato in una decina di Paesi, anche in vari ruoli, e francamente mi è difficile dare una sostanza sportiva alla brevissima parentesi in granata. Il club si giocava il girone per la promozione in LNA, ma al mio arrivo le chance di ascesa erano già compromesse». Morales subentrò a Gianni Dellacasa. «E il primo match non andò così male: fummo battuti 1-0 dall’YB, con gol di Petrosyan». Tutto corretto. «Il problema è che da lì in avanti – complici alcuni screzi con la dirigenza e problemi di mancati pagamenti – mi ritrovai senza diversi titolari. Che dire: giocammo per onor di firma, con molti giovani, subendo pure alcune pesanti scoppole». Dal punto vista umano, sottolinea comunque Morales, fu una «tappa piacevole». Non solo. «Dopo quella avventura mi recai ancora un paio di volte al Comunale per seguire il Torneo pasquale. E nel 2003 incrociai una persona che, in seguito, mi portò al Fortuna Düsseldorf, dove mi tolsi alcune belle soddisfazioni. Insomma, Bellinzona mi ha anche portato fortuna».

Nel letto di Yakin?

Morales e la Germania sono quasi un tutt’uno. Il 60.enne italiano vive a Monaco e l’ultimo, vero incarico da allenatore in Europa l’ha ricoperto proprio ai Kickers di Stoccarda. Rieccoli. «Entrai in carica nella seconda parte della stagione 2013-14, dopo altri tre avvicendamenti, con la squadra quasi spacciata nella lotta salvezza. Il presidente, per intenderci, m’ingaggiò al fine di gestire la retrocessione e poi plasmare la promozione l’anno successivo. In modo quasi insperato, riuscimmo invece a restare in 3. Liga. Quando firmai, rammento che proposi al signor Rainer Lorz di mettere un premio-salvezza. Cosa che fece, per altro con cifre piuttosto alte, convinto che non se ne sarebbe fatto nulla. Con un pizzico di fortuna, un po’ di bravura, e l’aiuto dei giocatori, compimmo al contrario un mezzo miracolo. Dodici punti in sei partite. Mi prolungarono subito il contratto per ulteriori due stagioni. Peccato che poco dopo la direzione sportiva venne stravolta e, nonostante dei risultati non così negativi, mi misero presto alla porta».

Personalmente ho un buon ricordo delle infrastrutture e soprattutto della prossimità tra hotel e campi
Massimo Morales, ex allenatore AC Bellinzona

Max fece comunque in tempo a prendere le misure dell’ambiente. Chissà, forse dormì addirittura nello stesso letto oggi riservato al ct rossocrociato Murat Yakin. «Personalmente ho un buon ricordo delle infrastrutture. E, certo, pure del Waldhotel, dove a mia volta ho soggiornato in quei mesi. All’epoca i terreni da gioco a disposizione del club erano molto buoni. Però sottolineo: all’epoca». Appunto. «Di certo la prossimità tra hotel e campi è un valore aggiunto» tiene quindi a precisare Morales. «Gli Stuttgarter Kickers – conclude – sono inoltre una società molto seguita e per certi versi prestigiosa». Le storie di Klinsmann, Buchwald, Bobic e Tuchel, però, non sono le sole che meritano di essere raccontate.

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