Si alza il sipario sull’Europeo e le sue favole
Ein Sommermärchen. Così, in Germania, è ricordato il cammino della nazionale ai Mondiali del 2006. Una favola estiva. Già, ed è doveroso ricordare che quel percorso - tra le mura di casa - non si concluse con la coppa alzata nel cielo di Berlino. Ma in semifinale, con Fabio Grosso ad anticipare un destino glorioso e le lacrime a sciupare le bandiere tedesche pitturate su migliaia e migliaia di guance. Cosa significa? Beh, che è possibile coinvolgere ed entusiasmare anche in assenza di un lieto fine. Euro 2024 si apre con questa speranza. Che è della selezione di Julian Nagelsmann, dei suoi sostenitori, ma non solo. Che sia un torneo delle favole, insomma, a vent’anni di distanza dal miracolo greco e a solo un anno e mezzo dalla clamorosa consacrazione globale di Lionel Messi.
Meglio aggrapparsi ai ricordi
Si parte proprio dalla Germania, che domani sera - all’Allianz Arena di Monaco di Baviera - sfida la Scozia. È il gruppo A. Il nostro gruppo, in un certo senso indecifrabile. A proposito di anniversari tondi, dieci anni fa Neuer e compagni salivano sul tetto del mondo. Lì, in Brasile, prese forma Die Mannschaft, intesa come marchio sportivo e commerciale. Una potenza, toh, con il portierone del Bayern, Toni Kroos e Thomas Müller a fungere da fragili collanti tra quel torneo e questo. Già. Nel frattempo, però, il soprannome è stato abbandonato dalla Federcalcio tedesca, vuoi per la sua velata arroganza, vuoi per i fallimenti a catena dal 2018 . Forse anche per questa ragione, qui, ci si aggrappa ai ricordi del 2006. Poco importa, appunto, se il 14 luglio, all’Olympiastadion, scenderà in campo la Germania.
La lezione di Euro 2020
Il formato introdotto dall’edizione del 2016, comunque, alimenta molteplici speranze. Agli ottavi di finale si presenteranno in sedici. Sedici su ventiquattro. E, per quanto le gerarchie appaiono chiare, tutto verrà rimesso in discussione. La Svizzera, per dire, non si è scordata di Bucarest e dell’incredibile sgambetto alla Francia che si immaginava già all’atto conclusivo di Euro 2020. Eppure, raramente eravamo partiti così male in un grande torneo. Le recenti qualificazioni alla rassegna continentale hanno oltretutto fatto emergere il progressivo livellamento tra protagoniste e antagoniste.
Restiamo al girone dei rossocrociati. Alle nostre concorrenti. L’Ungheria, primo crocevia del torneo, sabato a Colonia, non ha perso una partita lungo il percorso che l’ha condotta in Germania. Non una. La Scozia, invece, si è inchinata solo alla Spagna, imponendosi però nello scontro diretto disputato a Glasgow. Attenzione, dunque. Perché gli uomini di Murat Yakin, dettaglio non indifferente, hanno dovuto concedere il passo alla Romania, a sua volta imbattuta.
Favorite, ma poi?
Il discorso, suggerivamo, abbraccia l’intero spettro delle partecipanti. L’Italia, campione in carica, ha terminato le sue qualificazioni con gli stessi punti dell’Ucraina. La Turchia ha fatto meglio della Croazia. Così come la piccola Albania si è messa alle spalle Cechia e Polonia. Hai voglia, dunque, a dare per spacciata l’uno o l’altra. Dopo tutto, in pochi - negli ultimi mesi - hanno mantenuto pienamente le promesse. Tre selezioni, stop. Francia, Inghilterra e Portogallo, di fatto le grandi favorite per il successo finale dell’Europeo alle porte. Ma che cosa spicca riavvolgendo il nastro delle sei edizioni disputate nel nuovo millennio? Beh, che solo in due casi a imporsi è stata una delle squadre più attese alla vigilia: la Francia nel 2000 e la Spagna nel 2012. Al netto del folle exploit della Grecia nel 2004, nel 2008 gli iberici non si erano ancora tolti l’etichetta di eterni incompiuti e il Barcellona di Xavi, Iniesta e Busquets si sarebbe preso l’Europa solo a partire dall’anno successivo. Le vittorie di Portogallo e Italia, rispettivamente nel 2016 e 2021, sono per contro arrivate a fari spenti. O quantomeno con un fanale rotto.
Slogan ed eredità
E allora non anticipiamo sentenze e giudizi su un torneo che - per bocca dei suoi organizzatori - non intende veicolare solo messaggi sportivi. In ballo vi sono anche risvolti sociali ed ecologici. Il patron della FIFA Gianni Infantino ci ha abituati a uno slogan: «Sarà il Mondiale più bello di sempre». In Germania si è puntato l’obiettivo in un’altra direzione: «Sarà l’evento sportivo più sostenibile di sempre». La nazionale rossocrociata, al proposito, è stata fra le poche a fare i compiti, privilegiando il treno all’aereo.
Di queste scelte e dell’eredità extra-sportiva del torneo, tuttavia, ci si scorderà piuttosto in fretta. Purtroppo è così. Contano e rimarranno i risultati, le emozioni. Si aspira a una nuova favola estiva. Ein Sommermärchen. Vale per i tedeschi, ma si dice così anche in Svizzera.