Silvio Berlusconi, il calcio e il Milan
Arrivò nel 1986. E conquistò, subito, il Milan. Con il suo charme. La sua ambizione. Il suo carattere. Certo, all'epoca era difficile immaginare che Silvio Berlusconi avrebbe cambiato la storia dei rossoneri e, di riflesso, quella del calcio. Trasformando una squadra popolare in una fonte di intrattenimento e in uno strumento di soft power.
Di certo, fu Berlusconi – di concerto con Arrigo Sacchi – a cambiare mentalità al calcio italiano, ancora schiavo del catenaccio. Fu lui, attraverso gli schemi del tecnico di Fusignano, a promuovere un gioco (giuoco, per dirla con le sue parole) più votato all'attacco e all'offensiva.
Silvio Berlusconi acquisì il Milan rilevandolo da un Giussy Farina indebitato fino al collo. Il calcio, d'altronde, era un suo pallino da tempo. La sua rivoluzione televisiva, per dire, passò anche dalle sinergie con il calcio. Un contenitore pubblicitario perfetto. Già nel 1980, come ricorda il Sole24Ore, il Berlusconi dirigente televisivo aveva acquisito i diritti del Mundialito, competizione per nazionali voluta per celebrare i cinquant'anni della prima Coppa del Mondo. All'esordio nel settore, Berlusconi strappò dalla televisione di Stato la possibilità di usare il satellite per trasmettere l’evento su Canale 5, la Telemilano assorbita da Fininvest due anni prima.
Il Mundialito, parliamo quasi di preistoria televisiva, venne proposto in diretta in Lombardia. Nel resto del Paese le partite andarono invece in onda in differita sfruttando un network di emittenti locali: vennero gettate le basi, di fatto, per una rete privata nazionale. Così facendo, soprattutto, Fininvest aggirò il divieto in vigore all’epoca per le televisioni private di diffondere programmi live in tutta Italia.
L'affare convinse il Biscione, cresciuto fra il 1982 e il 1984 grazie alle acquisizioni di Italia1 e Rete4, a sviluppare un'edizione per club dello stesso Mundialito. Con squadre blasonate e stelle assolute. La trasmissione, con lo stesso metodo, delle partite scatenò una vera e propria battaglia legale. Risoltasi grazie al governo Craxi, che attraverso un decreto legge gettò le premesse per la fine del monopolio Rai. Fine concretizzatasi formalmente nell'agosto del 1990.
E il Milan? Il Cavaliere, semplicemente, dal fallimento oramai certo lo portò sul tetto più alto del mondo. Addirittura 29 i trofei vinti, di cui 26 con Berlusconi presidente e 3 con vicepresidenza vicaria di Adriano Galliani, il suo storico braccio destro. Gli anni della presidenza Berlusconi furono caratterizzati da grandi giocatori e grandi allenatori: Sacchi, Capello e Ancelotti su tutti, rimanendo alla panchina. E poi il trio di olandesi Gullit-Rijkaard-Van Basten, la difesa degli invincibili con Baresi, Tassotti, Maldini e Costacurta, Weah, Savicevic, Boban, Shevchenko, Kakà e tanti, davvero tanti altri ancora. Tecnici e giocatori vincenti per un ciclo, quello rossonero, rimasto nella storia per trofei vinti e qualità di gioco. Otto scudetti tra il 1987 e il 2011, cinque Champions League, una Coppa Italia, sei Supercoppe italiane, due Coppe intercontinentali, una Coppa del mondo per club.