Tennis

«Con Roger mi sento spesso, adesso do una mano a Bernet»

Severin Lüthi, ex allenatore di Federer e attuale consulente del giovane elvetico che si è imposto all'Australian Open juniores, si è presentato anche alla quinta edizione del Challenger Città di Lugano
Severin Lüthi in tribuna al Challenger Città di Lugano. Anche per la quinta edizione del torneo, l’ex allenatore di Federer è venuto in Ticino per seguire le partite dei rossocrociati. © CdT/Gabriele Putzu
Raffaele Soldati
26.02.2025 06:00

Roger Federer e la Coppa Davis. Sono questi i punti di riferimento di Severin Lüthi. Del campionissimo basilese è stato mentore ed allenatore dal 2007 al ritiro, nel 2022. Del Team Suisse, che aveva iniziato a guidare nel 2005, è ancora oggi il capitano. Abbiamo incontrato il bernese al Challenger Città di Lugano.

Signor Lüthi, come definirebbe il suo rapporto con il Ticino? E che ruolo ha il tennis in questo contesto?
«Direi fondamentale. Lugano, in particolare, è una bellissima città. Però mi piacerebbe vederla con il sole. Purtroppo, in questo momento piove a dirotto. Per fortuna siamo al coperto. E, per la quinta volta, sono qui a seguire questo torneo indoor. Giù il cappello alla famiglia Margaroli, che si fa in quattro per presentare il Challenger. Per quanto mi riguarda, sono affezionato a questa città anche perché molto tempo fa, nel 1993, avevo vinto un campionato svizzero dall’altra parte della strada, al TC Lido. Un successo che ricordo volentieri nella mia breve carriera di giocatore».

Tutti associano il suo nome a quello di Roger Federer. Il vostro non è stato soltanto un rapporto di lavoro.
«Il lavoro, certo, era un aspetto fondamentale, però tra noi c’è sempre stata anche una grande amicizia. Negli ultimi due anni non ci siamo visti spesso, ma ci sentiamo con regolarità. Gli incontri sono avvenuti più che altro all’estero, in occasione di eventi internazionali come la Laver Cup. Entrambi, tra l’altro, siamo ambasciatori del marchio Uniqlo, nel settore dell’abbigliamento sportivo».

A parte una breve parentesi alla guida del danese Holger Rune (dal dicembre 2023 al gennaio 2024) lei ha sempre seguito gli elvetici di Coppa Davis. Continuerà a mantenere questo ruolo?
«Per intanto sì. Lo scorso anno, nel novembre del 2024, c’è stato il decimo anniversario del successo elvetico in Davis. Da allora la situazione purtroppo è cambiata radicalmente. Da un po’ di tempo mi occupo di giovani che cercano di trovare spazio nel circuito. E questo, lo dico forte e chiaro, non è scontato. Essere tra i primi 100 dell’ATP è l’obiettivo di tanti giovani. Di fatto pochi riescono a centrare gli obiettivi prefissati. Alcuni di questi giocatori purtroppo stanno anche facendo i conti con infortuni. E questo è uno dei problemi che più mi preoccupano di questi tempi».

Tanti elvetici con un buon potenziale hanno dato forfait anche per questo Challenger, compreso Henry Bernet.
«È vero. Penso ai non più giovanissimi Hüsler (strappo addominale) e Ritschard (operato alla spalla). Ma, prima ancora, a Kym (schiena) o Riedi (ginocchio). Lo stesso Stricker, è rientrato sul circuito da poco tempo, dopo aver trascorso un 2024 da incubo. Adesso, purtroppo, si è infortunato anche Henry Bernet, la nostra grande speranza, fresco vincitore juniores all’Australian Open».

Cosa ci può dire di questo giovane basilese, che qualcuno vorrebbe paragonare a Roger?
«Henry ha sicuramente un ottimo potenziale. Posso dirlo perché lo seguo da vicino. Lavoro infatti a stretto contatto (come consulente, ndr), con il suo allenatore Sven Swinnen. Tra qualche giorno mi ritroverò con loro a Bienne, nel centro nazionale di Swiss Tennis. Lì valuteremo come dovrà avvicinarsi al periodo primaverile e ai tornei che portano al Roland Garros. Quanto ai confronti con Roger, preferisco soprassedere...».

Abbiamo visto che lo stesso Remy Bertola è entrato nel giro dei tennisti chiamati in causa per difendere i colori rossocrociati in Coppa Davis. Un suo giudizio sul ticinese?
«Avevo chiamato Remy già per la sfida contro l’Olanda nel 2024. Mi è piaciuto il suo atteggiamento e il modo con il quale si è inserito nella squadra. Porta stimoli positivi e questo conta molto. Poche settimane fa , nella proibitiva sfida contro la Spagna, è sceso in campo a partita decisa. Si è perfino concesso il lusso di sconfiggere l’iberico Martin Landaluce (ATP 134). Lo ripeto, Remy deve proseguire con l’impegno che ha mostrato fin qui. Ma deve anche, se possibile, trovare una maggiore continuità nel rendimento. So che il suo sogno è quello di poter prendere parte alle qualificazioni delle prove del Grande Slam. Sarebbe bello se potesse farcela già nel prossimo grande torneo, gli Internazionali di Francia al Roland Garros».

Naturalmente dovrà guadagnarsi l’obiettivo passando attraverso la dura via dei Challenger. Quella che ora coinvolge anche Stan Wawrinka.
«Stan, che si avvicina ai 40 anni (li festeggerà il 28 marzo, ndr) è ammirevole. La sua passione per il tennis è sconfinata. Lo conosco da quando era giovanissimo. È sempre stato uno stakanovista dell’allenamento. La preparazione fisica del romando è sempre stata quasi maniacale. Anche grazie a queste caratteristiche è riuscito a conquistare tre prove del Grande Slam e a diventare numero tre del ranking mondiale. Certo, anche Stan, inevitabilmente, ora sente l’età. Mi auguro solo che continui a guardare il tennis come ha sempre fatto. E vorrei che le eventuali controprestazioni non finiscano per mortificarlo».

Cosa pensa degli attuali migliori giocatori del circuito e, in particolare, di Jannik Sinner, che ha patteggiato con la WADA una squalifica di tre mesi per il tanto discusso caso del Clostebol?
«Dopo Federer, Nadal, Djokovic e Murray, qualcosa è certamente cambiato. Questo è indiscutibile. I primi due hanno messo fine alla carriera. Lo scozzese ora collabora con il serbo con l’obiettivo di riportarlo in alto. Stiamo a vedere. Intanto gli occhi sono puntati su Sinner, Zverev e Alcaraz, com’è giusto che sia. Ammiro Sinner per come ha saputo gestire mentalmente il 2024 e questi primi mesi del 2025. Lo ha fatto da vero numero uno. È un giocatore che merita tutto il rispetto. Mi allineo con chi ha affermato che il suo è un caso lontano mille miglia dal doping. Preferisco però non esprimermi sulle decisioni degli organismi che hanno disquisito sulla problematica. Forse ha in parte ragione anche Djokovic, che ha espresso dubbi e perplessità sulla gestione del caso Sinner. Probabilmente mancano dei regolamenti chiari. Ma, lo ripeto, preferisco non addentrarmi in questa delicatissima ed ostica materia. Soprattutto nel campo delle pomate e degli antidolorifici. In questo senso, mi piace ricordare che lo stesso Roger nella sua carriera ha prestato sempre molta attenzione alla prescrizione dei medicamenti. Purtroppo anche semplici distrazioni possono costare caro».

Dopo questi giorni a Lugano e dopo l’incontro a Bienne con Bernet, come proseguiranno i suoi impegni tennistici.
«La collaborazione con Swiss Tennis per sostenere i giovani tennisti elvetici è ovviamente una delle mie priorità. Essendo un grande appassionato di hockey su ghiaccio - dopo il tennis è il mio sport preferito - seguirò anche con grande interesse le ultime partite della regular season in National League, determinanti per l’Ambrì Piotta e il Lugano. Io, che da sempre tifo per il Berna, mi sento per ora abbastanza tranquillo».