Tennis

Ferrero, il secondo papà di Carlitos

C’è la mano dell'allenatore – già numero 1 al mondo e vincitore al Roland Garros nel 2003 – nella rapida crescita di Alcaraz – Il coach valenciano: «A volte mi dico che ho tre figli a casa e uno sul circuito» – Sul futuro: «Se continuerà così si toglierà tante soddisfazioni»
Juan Carlos Ferrero (a sinistra) e Carlos Alcaraz hanno sviluppato un rapporto strettissimo. EPA/RAY ACEVEDO
Flavio Viglezio
19.07.2023 06:00

Spagna, terra di tennisti. Soprattutto da terra rossa, ma non solo da terra rossa. A Wimbledon era già riuscito a trionfare il re assoluto di Parigi, Rafael Nadal. E ora ce l’ha fatta – praticamente al suo primo, vero tentativo – anche Carlos Alcaraz. La sua rapidità di adattamento all’erba londinese ha sorpreso tutti e ora per il giovane di Murcia si aprono orizzonti forse inimmaginabili solo qualche mese fa.

In queste ore circola un video, sulla rete. Carlitos è un ragazzino di 12 anni e viene intervistato dopo un torneo giovanile: «Il mio sogno – afferma con aria timida – è vincere il Roland Garros e Wimbledon e il mio idolo è Roger Federer». Hai capito? Federer, non Rafa. Intanto uno dei suoi sogni – imporsi a Church Road – è già diventato realtà. E pensare che solo quattro anni fa – nel 2019 – a Wimbledon Alcaraz faceva da sparring partner proprio al Roger nazionale nel riscaldamento mattutino prima della memorabile finale contro Djokovic. Ad osservarlo conm la massima attenzione, a bordo campo, c’era già il suo coach e mentore, Juan Carlos Ferrero.

Il quarto figlio

È stato proprio l’ex numero 1 al mondo e vincitore del Roland Garros nel 2003 a scoprire Carlitos. E a portarlo ai massimi livelli in pochissimo tempo. «Aveva 15 anni – spiega Ferrero – e si vedeva che aveva talento. Abbiamo però dovuto lavorare molto e c’è ancora tanto da fare con lui. In questi anni è un po’ diventato il mio quarto figlio: ne ho tre a casa e uno che seguo sul circuito». Già, a 15 anni Alcaraz ha integrato la JC Ferrero-Equelite Sport Academy, l’accademia di tennis fondata già nel 1990 dal suo storico allenatore Antonio Martínez Cascales, che lo seguiva da quando Ferrero aveva 10 anni. Il grande progetto fornisce ai tennisti una vasta gamma di infrastrutture tra cui 20 campi da tennis e un albergo. Tra i grandi giocatori che hanno scelto l’accademia come base per gli allenamenti vi sono stati David Ferrer, Pablo Carreño Busta, Santiago Ventura, Mariusz Fyrstenberg, Marta Domachowska, Guillermo Garcia-Lopez e Nicolas Almagro. In certi periodi dell’anno vi si sono allenate anche Maria Sharapova, Justine Henin e Dinara Safina.

Uno spaghetto

Sotto la sapiente guida di Ferrero,Carlitos migliora sotto il profilo tecnico e tattico, impara nuove tecniche di allenamento, corregge i problemi alimentari che aveva e rinforza notevolmente la muscolatura. Nei primi anni di permanenza all’accademia viene inoltre affidato a una psicologa, che lo aiuta a rafforzarsi mentalmente e a migliorare i frequenti problemi di alti e bassi che lo limitavano durante i match nell’adolescenza.

Ferrero racconta: «Lo vidi per la prima volta a 12 o 13 anni. Venne all’accademia ad allenarsi per un giorno. Era molto piccolo, però già tutti parlavano di lui. Ufficialmente lo vidi giocare per la prima volta a 14 anni, quando conquistò i suoi primi punti ATP. Giocò un’ ottima partita, ma a livello fisico era… uno spaghetto. Non parlammo, quel giorno, ma ciò che vidi mi piacque parecchio».

Piano con i paragoni

Alcaraz sta già raccogliendo i frutti di questo lavoro e Ferrero gongola: «Con Carlos possiamo pensare in grande. Ci sta facendo vivere qualcosa di meraviglioso ed è difficile esprimere a parole ciò che sto provando. Adesso però piano con i paragoni con i “big three”: tutti sanno cosa hanno dato al tennis Djokovic, Nadal e Federer, mentre Carlitos è solo all’inizio della sua carriera. Ma se continuerà così potrà togliersi tante belle soddisfazioni».

Niente cellulare

Il giorno prima della finale con Djokovic – da buon papà – Ferrero ha impedito ad Alcaraz di utilizzare il cellulare: «Non so se l’ ha fatto davvero, perché questa con Carlos è una battaglia persa. Ma ho cercato di fargli capire che doveva isolarsi per trovare la giusta concentrazione».

L’allenatore valenciano ha insomma trovato le parole giuste con Alcaraz, con il quale lavora tantissimo anche sul piano mentale: «Djokovic è un gigante, ma se lo facevamo ancora più grande di quello che è sarebbe stato impossibile batterlo. Alcaraz non ha paura. Il suo modo di pensare, quando è in campo, è ciò che gli ha permesso di crescere così rapidamente in un mondo molto difficile. Correre e lottare su ogni pallina fa parte del suo DNA, a volte è difficile frenarlo. Guardarlo in allenamento ogni giorno ci ha fatto capire in fretta il suo potenziale, ma ciò che lo ha fatto crescere a questa velocità è il suo pensare sempre in grande».

Da parte sua Carlitos sa quanto è stato e quanto tuttora sia importante Ferrero per la sua carriera. E non utilizza molte parole per spiegarlo: «Senza di lui, molto semplicemente, oggi non sarei qui». Più chiaro di così...