Il profilo

Gli ultimi applausi per il re

I trionfi, gli infortuni, le cadute e quel passaggio di consegne nel 2001 quando sconfisse Pete Sampras a Wimbledon
Red. Online
15.09.2022 16:48

Stavolta, ahinoi, è finita. Per davvero. Nessun addio a Basilea, dove ha vinto dieci volte in carriera, né tantomeno un ultimo ballo nel giardino preferito, Wimbledon, come probabilmente sognava. A 41 anni, Roger Federer ha annunciato il suo ritiro dalle competizioni.

Prima dell'arrivederci e grazie, è vero, ci sarà ancora qualcosa. La Laver Cup, a Londra, un evento che il campione creò nel 2017 con l'agente Tony Godsick. «Sarà l'ultimo evento in cui giocherò» ha scritto King Roger sui propri canali social. Il quale, beh, ha voluto come rassicurare i suoi fan: continuerà a giocare a tennis. Solo non nei tornei del Grande Slam o nell'ATP Tour. Glielo ha suggerito il fisico, segnato dai tanti infortuni.

La speranza di tornare

Dopo la sconfitta nei quarti di finale contro il polacco Hubert Hukracz, l'anno scorso, Federer ha sperato a lungo in un clamoroso ritorno in campo, l'ennesimo, dopo l'intervento al ginocchio. Lo ha detto lui stesso: «Ho lavorato duramente per tornare in forma». Lui che, a detta di molti, non era una macchina schiacciasassi durante le sedute perché poteva permettersi di puntare (quasi) tutto sul talento. Cristallino, puro, purissimo, immenso. «Ma sono consapevole che il mio corpo ha dei limiti e il messaggio che mi ha inviato di recente è stato chiaro» ha proseguito Federer. «Ho 41 anni. Ho giocato più di 1.500 partite nell'arco di 24 anni. Il tennis è stato molto generoso con me, al di là di ogni mia aspettativa. Oggi devo ammettere che è arrivato il momento di chiudere la mia carriera».

E dire che, quest'estate, il nostro era ancora abbastanza ottimista. L'idea, anzi il piano, era semplice: tornare in campo alla Laver Cup, quindi disputare gli Swiss Indoors di Basilea per poi lanciare definitivamente il ritorno vero e proprio, nel 2023. Un problema al ginocchio, nello specifico acqua, lo ha fatto dapprima ricredere e poi desistere. No, così è troppo. Questa volta è meglio rinunciare. Per sempre.

I timori di alcuni esperti, insomma, si sono rivelati fondati. E Federer, orgoglioso com'è, di tornare per farsi prendere a pallate proprio non voleva saperne. Se fosse tornato, lo avrebbe fatto per (cercare di) vincere.

Un talento «distribuito»

Federer, detto dell'attualità stretta e del fisico oramai logorato, ha lasciato un segno enorme, indelebile nella storia del tennis. Per alcuni, la maggior parte, è semplicemente il più grande tennista di tutti i tempi. E questo nonostante il palmarès di Rafael Nadal sia molto più ricco. Roger si è fermato a 20 titoli del Grande Slam, con 103 vittorie totali a livello di ATP, una Coppa Davis e un oro olimpico (in doppio) a Pechino 2008. Ha vinto oltre 1.200 partite, è stato numero 1 indiscusso per 310 settimane di cui 237 consecutive. In questi ultimi quattro anni, poi, di fatto è stato impossibilitato a rivaleggiare ad armi pari con gli altri. A dirla tutta, poi, Nadal era superiore a lui unicamente sulla terra battuta.

Federer, gettando un occhio ai suoi trionfi, ha saputo distribuire su ogni superficie e ovunque la sua classe. E la sua fame. Si è imposto cinque volte di fila sia a Wimbledon sia a New York. Avrebbe messo in fila cinque successi anche a Melbourne se non avesse mancato il match point contro Safin nel 2005 e se la mononucleosi non lo avesse debilitato nel 2008.

L'ottavo contro Pete Sampras

Ma Federer, soprattutto, ha abituato i suoi fan a clamorosi ritorni. Come nel 2017, quando si impose nuovamente a Melbourne a 35 anni suonati e partendo dalla 17. posizione del ranking ATP: superò Tomas Berdych, Kei Nishikori, Stan Wawrinka e, soprattutto, Rafael Nadal. Tutti top10. L'ultimo a infilare uno dopo l'altro così tanti giocatori altolocati fu Mats Wilander nel 1982 a Parigi.

Federer, riaprendo la sua storia d'amore con gli Slam, entrò di fatto in una nuova dimensione. Ogni sua apparizione sul circuito, da allora, veniva salutata con un'atmosfera particolare. Unica, anche. L'ultima recita si terrà appunto a Londra, nella città che lo vide protagonista, ventuno anni fa, negli ottavi di finale di Wimbledon. Allora il pubblico assistette a un passaggio di consegne fra un giovanissimo Roger e un Pete Sampras sul viale del tramonto. Forse, però, allora nessuno si sarebbe immaginato una carriera del genere per quel ragazzino. E invece...

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