Il primo capolavoro di Roger nel suo giardino prediletto
Sono trascorsi esattamente 20 anni da quel 6 luglio 2003. E no, non sembra ieri. Sono tanti, vent’anni. Nel 2003 in Iraq cadeva il regime di Saddam Hussein, in Italia moriva Gianni Agnelli e il mondo si preoccupava per l’epidemia di Sars scoppiata in Cina. La Svizzera, in marzo, aveva invece celebrato l’incredibile successo velistico di Alinghi nella Coppa America. Ma quel 6 luglio ha cambiato la storia dello sport rossocrociato: a 22 anni non ancora compiuti Roger Federer vinceva a Wimbledon – il torneo che più ha amato – il suo primo Grande Slam, battendo in finale e in tre set l’australiano Mark Philippoussis. Arriveranno altri 19 Major, ma la prima volta non si scorda mai, come ha più volte ripetuto il basilese, anche in tempi recenti.
A fari spenti
Già, perché in fondo Roger – nonostante abbia appena vinto sull’erba il torneo di Halle – non arriva a Church Road nei panni di favorito. Nessuno mette in discussione il suo immenso talento e in carriera ha già conquistato 8 trofei ATP: successi che lo hanno portato al 5. posto della classifica mondiale capeggiata da un altro australiano, Lleyton Hewitt. No, nessuno dubita delle capacità tennistiche di Federer, ma a preoccupare è il suo mentale. C’è chi sentenzia che il basilese soffra di un complesso degli Slam e che, di testa, non sia ancora abbastanza maturo. Il renano è ambizioso, ci mancherebbe, ma parte a fari piuttosto spenti. I più attesi a Church Road sono il campione uscente Hewitt e l’americano Andy Roddick. L’australiano ha la stessa età di Federer, Roddick è più giovane di un anno ma la loro carriera è già lanciata, più avanti rispetto a quella dello svizzero. Per la prima volta nella storia del torneo londinese, però, il campione in carica viene eliminato al primo turno: è il gigante croato Ivo Karlovic a battere Hewitt in quattro set.
Un inizio sul velluto
Federer, allenato dallo svedese Peter Lundgren, vince facilmente i suoi primi due turni contro il sudcoreano Hyung-Taik Lee e l’austriaco Stefan Koubek. Il suo terzo avversario è ben più ostico: lo statunitense Mardy Fish non è ancora tra i migliori tennisti del pianeta, ma serve bene e sull’erba ci sa fare. Sarà l’unico a strappare un set a Federer, che si impone per 6-3 6-1 4-6 6-1. Le difficoltà della terza frazione non spaventano però più di tanto il basilese: «Sono subito tornato in partita – afferma – facendogli capire che stavo meglio di lui e che potevo batterlo. Sono contento del mio gioco da fondo campo, ma ho commesso troppi errori a rete».
La grande paura
Federer è agli ottavi di finale, dove lo attende uno spagnolo atipico: Feliciano Lopez si trova particolarmente a suo agio sull’erba londinese, serve bene e ha un ottimo gioco di volo. Ma più che Lopez, a spaventare i tifosi dello svizzero sono le condizioni fisiche di Federer. Durante il riscaldamento la schiena di Roger si blocca e il basilese deve ricorrere al fisioterapista. Pensa addirittura di dover gettare la spugna, ma poi si riprende e si impone con un chiaro 7-6 6-4 6-4. «Ho pensato di abbandonare, ma mi sono detto che dovevo stringere i denti». Nell’aria c’è però tensione prima del quarto di finale contro Sjeng Schalken, l’olandese che l’anno prima a Wimbledon ha raggiunto proprio i quarti. Il mal di schiena è però solo un brutto ricordo e Federer vince facilmente per 6-3 6-4 6-4. «Ho giocato un buon match, non ho più avvertito dolori alla schiena. La semifinale? Sia io sia Roddick sappiamo di avere davanti una grande occasione da sfruttare». Qualcosa, nella mente di Roger, è cambiato.
L'ultimo sforzo
Già, al penultimo atto Federer se la deve vedere col ragazzo del Nebraska, capace di sparare servizi che la maggior parte dei suoi avversari nemmeno vede. Ma neanche Roddick riesce a mettere in dubbio la superiorità di Federer, che soffre parzialmente solo nella prima frazione: 7-6 6-3 6-3 e il renano per la prima volta si qualifica per la finale di un Grande Slam. «È incredibile. Ho avuto sensazioni fenomenali e credo di aver giocato dei colpi di ottima fattura». Per scrivere la storia manca un ultimo ostacolo, che risponde al nome di Mark Philippoussis. L’australiano, che alla battuta concede pochissimo, porta due volte Federer al tie-break, ma nei momenti topici della sfida l’elvetico non trema e si impone 7-6 6-2 7-6. È l’inizio della leggenda e le sue lacrime di gioia fanno il giro del mondo: «Vincere a Wimbledon era il mio sogno da bambino. Questa vittoria è mia, ma è troppo importante pe essere dedicata ad una sola persona. Ora l’ambizione è quella di diventare numero 1 al mondo». Ci riuscirà per la prima volta il 2 febbraio 2004. Il mondo scopre così un nuovo grande campione e i complimenti piovono da tutte le parti. Boris Becker, il tedesco capace di imporsi a Wimbledon a soli 17 anni non ha dubbi: «Federer sta inventando un nuovo tennis». Richard, il papà delle sorelle Williams, resta a bocca aperta: «I suoi ammiratori potrebbero essere degli appassionati d’arte. Mentre i suoi avversari utilizzano la racchetta come un’arma, Federer dà l’impressione di avere in mano un pennello». Il nostro giornale celebra così il trionfo di Federer: «Roger re di Wimbledon». Lo diventerà altre sette volte.