Jannik Sinner e i rischi dell'iperbole
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In Italia – sull’onda dei successi ottenuti al Masters di Torino – è scoppiata la Sinnermania. Tutti pazzi per il 22.enne di San Candido, insomma, primo azzurro ad andare così lontano nelle Finals dell’ATP. Tanto che venerdì la Gazzetta dello Sport – udite, udite – ha dedicato le sue prime quattro pagine alle imprese del tennista altoatesino. Una scelta più unica che rara, che ha relegato il lancio dell’importantissima partita della nazionale di calcio di Luciano Spalletti contro la Macedonia del Nord addirittura a pagina 8 del quotidiano rosa. Cose (quasi) mai viste. «Sinner da numero 1», «Jannik è l’eroe del Masters», «Tifosi in estasi». Le emozioni che regala lo sport – si sa – sono uniche e il mondo va sempre più alla disperata caccia di eroi moderni. I titoli a effetto della Gazzetta non dovrebbero allora scandalizzare nessuno: potrebbero al limite strappare un sorriso a chi ha avuto la fortuna di vibrare per 20 anni grazie alle gesta di Roger Federer. Se non che lo stesso giornale, non più tardi di due mesi fa, per giorni aveva portato avanti una dura campagna contro Sinner, reo di aver rifiutato la selezione per la Coppa Davis. «L’assenza del numero 1 italiano rischia di essere un danno per la sua immagine», sentenziava la rosea. Prima di rincarare la dose: «La maglia della nazionale rimane un simbolo che merita di essere onorato con rispetto. E invece Sinner, in Davis, l’ha già rifiutata quattro volte». Pesantissime critiche erano arrivate anche da due mostri sacri del tennis azzurro, Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta: «Chi rifiuta di andare in Coppa Davis, per poi giocare un altro torneo, andrebbe squalificato». Nientepopodimeno.
Il giornalismo dell’iperbole, tipico quando si tratta di questioni calcistiche, in Italia oggi si è impossessato anche del tennis, una disciplina per tradizione poco incline alle enfatizzazioni. Tutto esiste solo se è straordinario, meraviglioso, unico. Il resto è contorno, i dettagli e le sfumature non esistono più. Un’enfasi che paradossalmente fa a pugni con il carattere schivo di Sinner. Jannik è il classico bravo ragazzo: correttissimo e mai sopra le righe in campo, timido e attento alla sua privacy nella vita di tutti i giorni. Tanto che avrebbe troncato la relazione con la sua precedente compagna – l’influencer Maria Braccini – per un selfie pubblicato sui social dalla ormai ex fidanzata, che una persona riservata come Sinner non avrebbe per nulla gradito. Ma che importa: in un batter d’occhio Gazzetta e popolo – dopo averlo venerato per anni – si sono dimenticati di Matteo Berrettini. Oggi c’è solo Sinner e la principale vittima di questo entusiasmo rischia purtroppo di essere lo stesso giocatore.
Jannik è un ottimo tennista. È giovane, sta maturando a grande velocità – è 4. nella classifica ATP - e può già vantare un palmarès di tutto rispetto. In carriera ha fin qui vinto 10 tornei, tra i quali l’ultimo Masters 1000 di Toronto, e ha già battuto tutti i migliori al mondo. Novak Djokovic compreso. Sì, Jannik Sinner è un ottimo giocatore, ma non è ancora un grande campione. Inizierà a diventarlo quando conquisterà il suo primo titolo del Grande Slam. Sembra promesso a vincerne parecchi, ma non basterà il suo talento. Dovrà essere bravo – anzi, bravissimo – a mantenere i nervi saldi e a gestire una pressione che sta diventando vieppiù smodata. Con il rischio – se le cose non dovessero andare nel verso giusto già a partire dal prossimo Australian Open – di tornare a subire feroci critiche da parte di chi ora lo incensa. Auguri, caro Jannik.