Le polemiche più eclatanti con Novak Djokovic protagonista
Novak Djokovic l'ha combinata grossa. Ancora. Rilasciando dichiarazioni infuocate, in tutti i sensi, sulla questione serbo-kosovara. Non è la prima volta, già. Della serie: oltre a collezionare Slam, ventidue per ora, il tennista serbo ha inanellato polemiche e controversie in serie. Eccone alcune fra le più eclatanti.
Gli Australian Open e il vaccino
Australian Open 2022. Novak Djokovic, inconsapevolmente ma nemmeno troppo, ha messo in piedi una telenovela da Oscar. Tenendo con il fiato sospeso il mondo dello sport (e non) per due settimane circa. I fatti: nonostante all'epoca, per entrare nel Paese, fosse necessario essere vaccinati contro il coronavirus, il serbo – che mai si era sottoposto all'inoculazione – ha tentato e sperato di partecipare al primo Slam della stagione sfruttando un'esenzione medica.
Di qui la battaglia legale con le autorità australiane, con tanto di detenzione in un centro per rifugiati. Rifiutata l'autorizzazione a entrare nel Paese, una volta a Melbourne, Djokovic ha trascinato la vicenda in tribunale. Salvo poi venire espulso, dodici giorni dopo l'arrivo. Addio al torneo e, sempre per via dello status vaccinale, addio anche agli US Open 2022.
L'Australia, i filo-Putin e la «Z»
Australian Open, di nuovo. Ma parliamo dell'edizione 2023. A questo giro, le restrizioni contro la COVID-19 sono soltanto un lontano ricordo. E Novak Djokovic, grazie a una deroga, può partecipare nonostante l'espulsione dal Paese pronunciata l'anno precedente. Il serbo, tuttavia, riesce a far parlare di sé. Il motivo? Dopo la sua partita contro il russo Andrey Rublev, sul web diventano virali alcuni video che mostrano il padre di Djokovic, Srdjan, 62 anni, abbracciato ad alcuni fan filo-Putin. Il gruppo, va da sé, si è fatto immortalare con bandiere russe e «Z» da battaglia.
Djokovic proverà a difendersi, dicendo che il padre è stato sfruttato, ma il guaio, oramai, era bello che fatto. Un altro scandalo nel palmarès del campione, già.
La giudice «impallinata»
Djokovic, indubbiamente, è uno dei più forti tennisti di sempre. Lo dimostrano i suoi titoli, lo certifica il suo talento cristallino. Perché, però, non è amato quanto era amato Federer o quanto è amato Nadal? Bella domanda. Una possibile risposta si nasconde fra le pieghe del suo rapporto, tormentato, con il pubblico. Con cui discute regolarmente, rispondendo alle provocazioni o lanciandone di suo. Agli Australian Open di quest'anno, per dire, ha fatto espellere dallo stadio alcuni tifosi ubriachi.
Ma il problema più grosso, sul circuito, è rappresentato da un altro rapporto. Quello fra Djoker e gli arbitri. Attaccati con regolarità e costanza, come ai quarti di finale del Masters 1000 di Roma, quest'anno, quando il serbo ha litigato apertamente con l'arbitro Mohamed Lahyani per tutta la partita. L'esempio più eclatante, in questo senso, risale al 2020. Nel suo ottavo di finale agli US Open, frustrato, Djokovic ha centrato con una pallinata una giudice di linea. Risultato? Il favoritissimo per la vittoria finale è stato squalificato dal torneo, secondo logica.
La questione kosovara
L'ultimo capitolo, appunto, riguarda la questione serbo-kosovara. È cronaca di queste ore. «Il Kosovo è il cuore della Serbia» le parole del campione. E ancora: «Fermiamo la violenza». Il riferimento è all'annoso conflitto fra Belgrado e Pristina. «Non sono un politico e non ho cattive intenzioni. So che è complicato. Mi fa solo male vedere cosa sta succedendo« ha aggiungo Djokovic ai giornalisti serbi dopo il suo primo impegno al Roland Garros. Resta da vedere se questa azione avrà o meno delle conseguenze. Secondo l'Équipe, al Roland-Garros non sono autorizzati messaggi politici e religiosi.