Nuovi tornei e la figura di Federer: Swiss Tennis vuole evolversi così

Gli anni d’oro del tennis svizzero sembrano finiti. Quelli, per intenderci, in cui gli elvetici facevano incetta di tornei del Grande Slam, vincevano le grandi competizioni a squadre, o conquistavano svariate medaglie olimpiche. Eppure, alle nostre latitudini, l’interesse per questo sport non sembra scemare. Il presidente di Swiss Tennis René Stammbach – ospite in Ticino negli scorsi giorni – ce lo ha confermato: i giovani hanno ancora voglia di prendere in mano una racchetta. «Per quanto riguarda i maschi, l’anno scorso abbiamo registrato un piacevole incremento delle iscrizioni. Il movimento femminile, invece, al momento è la nostra preoccupazione, poiché ha accusato un calo. Non sappiamo spiegarci esattamente a cosa sia dovuto, ma pensiamo che questa tendenza possa avere a che fare con l’assenza prolungata di una figura da traino come Belinda Bencic, perciò siamo doppiamente contenti del fatto che sia ritornata e che lo abbia fatto in grande stile. In ogni caso, siamo attivi con una serie di progetti che, nel corso dei prossimi due o tre anni, potrebbero aumentare la partecipazione delle ragazze».
L’importanza del padel
La Federazione elvetica gode di piena salute e Stammbach può ritenersi più che soddisfatto per un aspetto, quello finanziario, tutt’altro che secondario. «Stiamo proseguendo sulla retta via e questo ci ha permesso di chiudere con risultati postivi. Questi ultimi, va detto, dipendono anche da ciò che siamo chiamati ad organizzare per la Federazione Internazionale, ossia l’ITF. Dover disputare la Coppa Davis o la Billie Jean King Cup sul suolo rossocrociato significa andare incontro a una spesa di circa 300 mila franchi. Quando, invece, i nostri impegni sono previsti all’estero, la spesa è limitata al viaggio e agli alberghi, con costi che si assestano sui 50-60 mila franchi».
In futuro sono attesi sforzi maggiori per una disciplina, quella del padel, in grande crescita. «È un progetto sempre più rilevante all’interno dei nostri piani e io stesso lo seguo con grande attenzione. In Svizzera, a dire il vero, esiste già un’organizzazione apposita che – dice scherzosamente Stammbach – non penso ci voglia bene. Noi, tuttavia, crediamo di essere legittimati ad occuparcene direttamente per via di una questione di infrastrutture, in quanto i campi di questa disciplina, per circa il 70%, appartengono a club sotto il nostro cappello».
Lo scalino successivo
L’accento, poi, non può che porsi sui nostri migliori tennisti che, come detto, al momento non riescono ad esprimere appieno il proprio potenziale. «Il compito più difficile per un giocatore è proprio quello di trasferire nel circuito ATP quelli che sono stati i successi ottenuti a livello giovanile e noi investiamo molti soldi per far sì che questo accada. Le difficoltà alle quali i nostri rappresentanti, ultimamente, sono andati incontro, penso che abbiano anche a che fare con la sfortuna, in particolare con i tanti infortuni subiti. Abbiamo svolto un lavoro positivo a livello juniores e ne abbiamo avuto prova anche recentemente, con la finale tra Stricker e Riedi al Roland Garros di qualche anno fa e il successo australiano di fine gennaio di Bernet. Annualmente iniettiamo più di 4 milioni di franchi nel settore élite, convinti che questo sostegno sia fondamentale per far sì che questi ragazzi possano esprimere appieno il proprio potenziale. Per esempio, l’allenatore di Henry Bernet – come era già stato il caso del suo predecessore – figura a libro paga di Swiss Tennis».
Un ruolo primario per l’organizzazione, poi, continua a ricoprirlo il Centro Nazionale di Bienne, che recentemente ha ricevuto una certificazione di livello oro da parte dell’ITF. «È incredibile aver raggiunto questo status, soprattutto considerando che solo tre altri Paesi – le superpotenze, tolta l’Australia, che organizzano i Grandi Slam – possono vantare un tale riconoscimento. Nel lontano 2006, quando io assunsi questa carica, vi era un po’ di scetticismo generale – da parte dei giocatori o dei loro genitori – nel lasciare i propri coach privati per raggiungere la nostra struttura. Attualmente, invece, la situazione è diametralmente opposta e le richieste sono parecchie. Non sono solo le strutture ad essere eccellenti, ma anche gli allenatori di cui disponiamo».
Modelli da seguire
Quello attuale non deve considerarsi un punto di arrivo, per Swiss Tennis. Stammbach, infatti, ha ben chiaro quali mosse sono da compiere per fare ulteriori passi in avanti. «Bisogna seguire dei modelli – come quello italiano e quello spagnolo – che si stanno distinguendo in positivo e garantiscono, sul proprio suolo nazionale, tutte le settimane un paio di tornei di livello ai propri giocatori. Economicamente, non possiamo permetterci di replicare un tale esempio, ma la nostra intenzione è quella di investire maggiormente in questo senso. Oltre ai già presenti tornei di Lugano e Zugo vogliamo aggiungere altri due o tre Challenger da disputare sul nostro territorio. Ne abbiamo bisogno, poiché tornei di quella categoria sono esattamente ciò di cui necessitano i nostri talenti ancora inesplosi. In questo non dovrebbero nemmeno uscire dal proprio Paese per giocarli. Siamo alla ricerca di sponsor e tra non molto potremmo chiudere un accordo, anche un po’ diverso dal solito. È possibile, infatti, che verremo aiutati direttamente da un’altra Federazione, che è estremamente ricca e dell’est. Questa collaborazione porterebbe a noi ingenti somme di denaro, mentre in cambio garantiremmo loro delle wild card nei nostri tornei, il che porterebbe a una promozione del tennis nel loro Paese». Manifestazioni del genere fanno parte dell’International Tour by Swiss Tennis, per il quale Stammbach ambisce a un padrino d’eccellenza. «Il nostro sogno si chiama Roger Federer. Siamo in contatto con lui tramite Severin Lüthi e nelle prossime settimane speriamo di parlare con lui. Vorremmo legare i nostri progetti alla sua illustre figura».