Quando Rafa Nadal diventa Roger Federer e un nodo stringe la gola
Lo abbiamo temuto, lo abbiamo invidiato, lo abbiamo guardato con sospetto. Spesso lo abbiamo anche odiato. Sportivamente, si intende. Oggi lo salutiamo con affetto, anzi, con un groppo alla gola. Rafael Nadal ha con ogni probabilità calcato per l’ultima volta in carriera il Philippe Chatrier. Quel campo che lo ha visto trionfare 14 volte al Roland Garros ha di fatto sancito il suo addio alla terra di Parigi. E magari anche il suo addio al tennis. Certo, Rafael Nadal alle Olimpiadi rimane in lizza nel doppio insieme al suo amico ed erede Carlos Alcaraz, ma non è la stessa cosa. La secca sconfitta rimediata con Novak Djokovic va oltre l’importanza dell’evento. Sì, lo abbiamo detestato a lungo: quante lacrime ci ha fatto piangere, tutte le volte che batteva il nostro Roger nazionale. Guarda un po’ il caso, anche la carriera di Federer era terminata sul suo terreno di gioco preferito. A Wimbledon, quando aveva lasciato il Centre Court dopo aver subito uno 0-6 da Hubert Hurkacz. Rafa è andato vicino all’umiliazione: sotto per 0-5, nel primo set, non ha mollato. Non ha mai mollato, il maiorchino. Come un vecchio leone della savana, che sa di essere arrivato alla fine del suo regno, ha combattuto strenuamente prima di cedere definitivamente lo scettro.
Sì, Nadal ci ha ricordato Federer. Di più, in lui abbiamo rivisto Federer. In poco più di un’ora, davanti agli occhi sono passati frammenti di immagini che non torneranno mai più. Le loro 40 sfide ufficiali, dalla prima a Miami nel 2004 all’ultima in semifinale a Wimbledon nel 2019. Quindici anni di magia, in quella che la maggior parte degli appassionati del mondo intero ha riconosciuto come la vera rivalità del tennis moderno. Djokovic – il più bravo di sempre – non sarà mai il più grande di sempre. Non per colpa sua. Anzi, il suo unico torto è stato quello di arrivare tardi, quando Federer contro Nadal era già diventata leggenda. In fondo Nole questo non lo ha mai accettato. Il suo orgoglio di incredibile campione non lo ha mai accettato. Ma non sono solo i numeri e i titoli conquistati nei Grandi Slam a emozionare la gente.
C’è un’espressione francese – tanto per rimanere in clima parigino – difficilimente traducibile in italiano. Djokovic rimarrà per sempre «le mal-aimé» tra questi tre fenomeni. Significa che nell’immaginario collettivo resterà ad vitam aeternam un gradino sotto allo spagnolo e allo svizzero. Anche, e forse soprattutto, perché Rafa e Roger con il passare degli anni si sono accorti di essere molto più simili di quanto potessero immaginare agli albori della loro rivalità. Chissà, forse il rapporto instaurato nel tempo ha sorpreso per primi proprio loro due. Come se l’apice di una lotta sportiva senza pietà sfociasse paradossalmente ma fisiologicamente nell’amicizia, oltre che nel rispetto reciproco.
Chi se le scorda, le lacrime di «Fedal», seduti uno di fianco all’altro dopo aver giocato in coppia il doppio della Laver Cup con la quale il basilese aveva dato l’addio al tennis nel settembre del 2022? Chi se le scorda le partite di beneficenza – per le rispettive fondazioni – in cui si divertivano come bambini per una buona causa? Chi se li scorda gli innumerevoli attestati di stima reciproca? I tifosi di Federer credevano di aver trovato il nemico perfetto, in Nadal. L’avversario da odiare sempre e comunque. E invece hanno progressivamente scoperto, accettato e poi ammirato un rapporto tanto speciale quanto raro, ai giorni nostri.
Nadal sconfitto senza attenuanti da Djokovic ai Giochi è un po’ Federer. È un’era che termina – anche se lo spagnolo decidesse di prolungare ancora per un po’ la sua avventura sul circuito – e che non tornerà più. Gli ultimi «vamos» , gli ultimi tic prima della battuta, gli ultimi pugni chiusi: è un po’ come se sul Philippe Chatrier oggi Federer si fosse ritirato per la seconda volta. È lo scorrere inesorabile del tempo, che non riusciremo mai ad accettare del tutto. «Hay que quitarse el sombrero ante Nadal». Giù il cappello davanti a Nadal. Con un nodo alla gola.