Tennis

Quella tempera su Federer nel museo degli Immortali

A Newport, nella sede della «Hall of Fame» sono custodite una trentina di opere della «Collezione Clerici» - La storica d’arte Milena Naldi ha ricordato la sensibilità dello Scriba comacino nel numero di luglio di «Tennis italiano»
Raffaele Soldati
10.08.2022 06:00

 

C’è una mostra d’arte che da diverse settimane sta appassionando gli aficionados di tennis di tutto il mondo. È stata allestita a Newport (Stati Uniti) nella sede della Hall of Fame ed è un tributo a Gianni Clerici. In esposizione ci sono 31 pezzi pregiati della collezione del grande giornalista e scrittore scomparso lo scorso 6 giugno a Bellagio (Como). Tra le opere figura anche Il manifesto di Roger Federer, una tempera su carta firmata dall’artista contemporaneo newyorchese Bob Kessel, elaborata nel 2007, l’anno in cui era stata pubblicata sul «New York Times» nella rubrica di tennis.

L’idea del trasferimento

Su «la Repubblica» del 6 luglio scorso, un mese esatto dopo la morte dello «Scriba», Carlo Annovazzi ha pubblicato un lungo articolo nel quale ha spiegato come è nata l’idea di trasferire diversi pezzi pregiati della «Collezione Clerici» negli Stati Uniti. Si è trattato in pratica di un accordo tra lo stesso Gianni e Todd Martin, ex campione, n. 4 al mondo nel 1999, attualmente alla testa del museo della Hall of Fame.

Che Clerici fosse un «Hall of Famer» a tutti gli effetti - unico italiano con Nicola Pietrangeli accolto tra gli Immortali - è risaputo. Non conoscevamo invece quanto riferito e scritto dallo stesso Martin, che nutriva stima e simpatia per il compianto comacino. «Gianni Clerici è stato un Hall of Famer sotto ogni punto di vista, attraverso la scrittura e i commenti, l’amore per il tennis e lo spirito di vita. La sua vita sarà commemorata in perpetuo qui all’International tennis Hall of Fame’s Museum (ITHF). Ecco perché la consistente collezione d’arte del tennis di Gianni è attualmente esposta nel museo di Newport».

E poi l’ex campione, già finalista agli US Open e agli Australian Open, nonché due volte semifinalista a Wimbledon, ha aggiunto: «Gianni è stato adorato attraverso generazioni e continenti dai suoi coetanei nelle sale multimediali, dai leader dello sport e dai giocatori. Il calore personale lo rendeva caro a tutti».

Testimonianze d’affetto

Le testimonianze di affetto e simpatia per Clerici si sono lette un po’ ovunque negli scorsi due mesi. A colpirci, tra le molte, è stata in particolare quella di Milena Naldi pubblicata nel numero di luglio della rivista «Tennis italiano» diretta da Stefano Semeraro. «Il rapporto di Gianni con l’arte era quello tipico di un intellettuale a tutto campo», ha sottolineato la storica e consulente d’arte diventata amica dello scrittore al punto da convincerlo a proporre un libro intitolato «Il tennis nell’arte - Racconti di quadri e sculture dall’antichità a oggi» (Mondadori, 2018). Un volume corposo e accattivante, una «particolarissima storia del tennis per immagini» che ritrae in copertina un pettirosso su una pallina gialla.

Catalogatore eccezionale

«Gianni - ha scritto Milena Naldi - sapeva intrecciare il suo amore per il tennis con quello per l’arte. La sua passione era raccogliere, cercare, catalogare e acquistare, quando gli è stato possibile, opere d’arte, sculture, dipinti, incisioni e tutto ciò che aveva come tema il tennis». Così, come si può intuire, è diventato uno dei più raffinati collezionisti. «Ed è stato proprio in questo suo peregrinare - sottolinea la ricercatrice italiana - che era avvenuto, nel 1995, il nostro primo incontro (…). Durante Wimbledon - prosegue Milena Naldi - Londra si riempie di appassionati d’arte per la settimana dell’antico. In quell’occasione le case d’aste di Sotheby’s e Christie’s e le gallerie private danno sfoggio della migliore offerta di opere d’arte, frutto di ricerca e di affari, e Gianni non mancava mai di frequentarla (…) . Il suo telefono squillava quando storici d’arte o mercanti trovavano qualcosa di interessante sul tennis. Lo avvisavano e lui correva». E ancora: «Gianni sembrava a tutti uno smemorato, il Dottor Divago, una mente che fluttua nell’aria senza regole, solo con emozioni e intuizioni, ma in realtà era un pignolissimo catalogatore».

Libri, riviste e articoli

Lo stesso si poteva dire di lui per le collezioni di libri, riviste o articoli di giornale. Di testimonianze ne abbiamo raccolte diverse anche noi al «Corriere del Ticino» con cui Clerici aveva collaborato in più di un’occasione negli anni Novanta. L’invito di raggiungerlo a Como per vedere dal vivo quello che definiva «Il mio museo personale» ci era stato rivolto spesso. «Trovereste molti libri. Qualcuno anche sul vostro Roger Federer. Ma io su di lui non ne ho scritto neanche uno. Il mio consiglio? Leggete quelli di René Stauffer, il suo biografo più affidabile, oppure quelli del nostro Stefano Semeraro, che pure lo ha seguito spesso sul circuito», amava ricordare Gianni ancora poco prima della sua scomparsa.

I complimenti di Raboni

Collezionatore di opere d’arte, di oggetti tennistici preziosi e di volumi di ogni genere, Gianni Clerici aveva anche un raffinato gusto per la poesia. E non dimentichiamo che lui stesso era stato apprezzato come poeta per il suo volume «Postumo in vita» (Mondadori 2005). I complimenti gli erano giunti anche dal noto critico e poeta Giovanni Raboni, che sintetizzò così lo stile clericiano dotato di «una sorta di ansiosa fermezza, di sfuocata precisione, che è, ai miei occhi, una qualità rara, se è vero che la poesia, e solo la poesia, ha la possibilità di testimoniare, insieme, la necessità e l’impossibilità di dire ciò che si sta dicendo».