Atletica

Una stella che brilla sempre più

La spedizione svizzera agli Europei di Apeldoorn è stata un successo, con quattro delle cinque medaglie arrivate da giovani talenti - Stefano Rossetti, direttore del CAT: «I campionati del 2014 a Zurigo e Ajla hanno sbloccato la situazione, ora il movimento va a gonfie vele»
© Keystone/Michael Buholzer
Maddalena Buila
13.03.2025 06:00

Le prospettive, sette giorni fa, erano molto buone. Anche le attese erano alte. L’edizione del 2023, d’altronde, era andata a gonfie vele. E la squadra svizzera non ha deluso neanche a questo giro. Per nulla. La rassegna continentale andata in scena negli scorsi giorni ad Apeldoorn, nei Paesi Bassi, è stata un successo. Cinque le medaglie conquistate. Due ori, uno per Angelica Moser nell’asta e Ditaji Kambundji nei 60m a ostacoli (con tanto di record europeo) e tre argenti, finiti al collo di Annik Kälin nel salto in lungo, Simon Ehammer nell’eptathlon e Mujinga Kambundji nei 60m, che ha ceduto lo scettro all’italiana Zaynab Dosso per un solo centesimo. E pensare che ci si attendeva forse addirittura qualcosina in più rispetto al bottino effettivamente collezionato dagli elvetici. E proprio questo lascia intendere quanto stia bene l’atletica del nostro Paese. Talmente è in forma, da portare tutti ad alzare vertiginosamente l’asticella.

«È così», conferma il direttore del Centro Atletica Ticino Stefano Rossetti. «Si tratta di risultati frutto di un lavoro cominciato alla fine degli anni 2000, in preparazione agli Europei di Zurigo. Swiss Athletics è stata bravissima a creare una nuova mentalità per sviluppare l’atletica svizzera. Di conseguenza, sul palcoscenico odierno abbiamo solide certezze - come Mujinga Kambundji - e giovanissimi talenti. A livello di sprint femminile si è fatto qualcosa di incredibile. Un esempio: quest’anno ben 8 ragazze hanno corso sotto i 7’’30. Il limite per volare agli Europei era 7’’20. Ciononostante avremmo comunque potuto portare solo tre ragazze al via. Ma i tempi registrati sono comunque stati clamorosi. Il settore maschile invece patisce un po’». Viene da chiedersi come mai. «Per svariati motivi - prosegue il nostro interlocutore -. In primis per via degli sport di squadra, che rimangono la prima scelta dei ragazzi. Inoltre, un ruolo lo gioca pure il servizio militare, che improvvisamente s’inserisce nella loro vita. Infine non dimentichiamoci dell’importanza dei role models. In Svizzera tedesca c’è Mujinga, in quella italiana Ajla e in quella francese c’era Lea Sprunger. Tutte donne, vere e proprie trascinatrici ed esempi per le nuove leve. Ma nel complesso, al di là del genere, l’atletica svizzera gode di ottima salute. A partire dal 2014 il numero di atleti che raggiungono il limite per partecipare alle rassegne continentali è quasi quadruplicato».

La progettualità svizzera

Provochiamo leggermente. I risultati ottenuti nei Paesi Bassi sono pazzeschi. Poi però arrivano i mondiali e soprattutto le Olimpiadi e non si riesce a fare così bene. Chiaro, la competizione aumenta clamorosamente e i pezzi forti dell’atletica arrivano soprattutto da fuori Europa. Come leggere a livello internazionale queste prestazioni? «Difficile dirlo. Il discorso si allargherebbe a dismisura. Sicuramente la chiave di lettura principale è quella della competitività che aumenta esponenzialmente durante i tornei mondiali. L’atletica non è uno sport che riguarda solo determinate aree geografiche. Lo sci, per esempio, è soprattutto contingentato al Vecchio Continente e al Nord America. Qui, al contrario, parliamo di una disciplina praticata in ogni angolo del mondo. È chiaro che l’influenza delle altre nazioni fa tanto nel gioco alle medaglie. Ciononostante, anche a livello internazionale possiamo dire la nostra. E questo è grazie alla progettualità svizzera: Swiss Athletics è stata capace di formare molti ottimi allenatori, inserendoli al posto giusto nel momento giusto. Se a questo si aggiunge l’attenzione che è stata data negli ultimi anni ai giovani, beh, ecco trovata la ricetta perfetta per ottenere grandi risultati».

La voce del Ticino

Spostiamoci in Ticino. L’annoso problema della disparità tra nord e sud, a livello di infrastrutture, purtroppo ancora esiste. Ma ciò non pare aver limitato gli atleti del nostro cantone, che registra anch’esso un largo incremento di interesse nei confronti dell’atletica. «La mancanza di piste outdoor nel sottoceneri chiaramente non giova a tutto il movimento. Per fortuna possiamo però godere di due ottime strutture indoor: la pista di 60 m al Fevi di Locarno e la palestra Regazzi di Tenero. Questi spazi ci permettono comunque di lavorare bene e di raggiungere risultati di valore. La disciplina, anche alle nostre latitudini, sta bene e cresce parecchio. Dopo il 5. posto di Ajla nei 100m a Tokyo e la performance di Ricky in semifinale dei 400m, abbiamo registrato un’esplosione nel settore giovanile. Addirittura alcune società hanno dovuto respingere dei ragazzi per raggiunti limiti di capacità. Ci troviamo in un importante momento di transizione, dobbiamo approfittarne. Oltre ai nostri due atleti di punta, vantiamo anche degli ottimi profili. Su tutti spiccano quelli di Giada Borin, che ha recentemente partecipato ai campionati del mondo U20 a Lima, e Gian Vetterli. Entrambi sono lanciatori del disco, capaci di centrare un record. Sono stati i primi due ticinesi a salire sul podio nella stessa disciplina durante lo stesso evento, ovvero i campionati svizzeri. Un dato emblematico, che mostra come in Svizzera stiano emergendo grandi atleti anche nelle discipline tecniche. Allo stesso tempo, c’è ancora margine di miglioramento. Chiudere le porte in faccia a qualcuno perché non ci sono abbastanza allenatori, per esempio, è qualcosa su cui si dovrà ancora lavorare», chiosa Rossetti.