Hockey NHL

«Vi racconto il mio ex compagno McDavid, un predestinato pronto a vincere»

Il nazionale rossocrociato Gaëtan Haas, in forza agli Edmonton Oilers tra il 2019 e il 2021, ci parla del fenomeno canadese, finalmente approdato alla finale della Stanley Cup
Fernando Lavezzo
05.06.2024 23:00

Al draft del 2015, gli Edmonton Oilers avevano l’11,5% di possibilità di accaparrarsi la prima scelta. Meno di Buffalo (20%) e Arizona (13,5%). L’oggetto del desiderio, in cima alla lista di ogni general manager, era il diciottenne Connor McDavid, stella dell’hockey giovanile canadese, reduce da una stagione da 169 punti in 67 partite con gli Erie Otters nella lega juniores dell’Ontario (OHL). Un predestinato, accompagnato sull’uscio del professionismo da soprannomi quali «Connor McHockey», «The Next One», «Il nuovo Crosby». La lotteria del draft premiò proprio Edmonton, la squadra con cui Wayne Gretzky, «The Great One», il più grande giocatore di tutti i tempi, vinse quattro Stanley Cup tra il 1984 e il 1988. Abbastanza per dare vita a nuovi paragoni ingombranti.

Mister 100

Dal suo debutto in NHL nel 2015-16, Connor McDavid non ha mai tradito le aspettative sul piano individuale. Nella prima stagione, condizionata da un infortunio alla clavicola che lo tenne fuori per 37 partite, chiuse con un bottino di 48 punti in 45 gare. Un piccolo assaggio di quanto sarebbe accaduto negli otto campionati successivi, con una unica regular season al di sotto dei 100 punti (97 nel 2019-20, ma in sole 64 gare) e le ultime tre al di sopra dei 120: 123, 153, 132. Senza contare i playoff. Per certificarne la grandezza con l’etichetta di vincente, mancava un trionfo di squadra. Manca ancora, in realtà. Ma per la prima volta dall’arrivo di «Connor McHockey», gli Oilers hanno finalmente raggiunto la finale della Stanley Cup.

Tutto ciò che serve

La serie «best of seven» inizierà sabato notte a Sunrise, città a nord di Miami. Tra McDavid e l’eternità ci sono infatti i Florida Panthers, già finalisti nel 2023. Edmonton, invece, non approdava all’ultimo atto dal 2006, quando perse contro i Carolina Hurricanes del nostro Martin Gerber. A proposito di svizzeri, ce n’è uno che Connor McDavid lo conosce molto bene. È Gaëtan Haas, centro del Bienne e della nazionale rossocrociata, fresco di medaglia d’argento ai Mondiali di Praga. Per due stagioni, tra il 2019 e il 2021, il 32.enne ha infatti giocato in NHL con gli Oilers. «Sono molto contento di vedere i miei ex compagni in finale», ci dice Gaëtan Haas, raggiunto in vacanza. «Da diversi anni si parla di Edmonton come di una delle grandi favorite, incapace però di andare fino in fondo. Lo zoccolo duro è rimasto lo stesso da diversi anni e nel tempo il gruppo ha maturato l’esperienza che serve per avere successo nei playoff. Credo che siano pronti per giocarsela con i Panthers. Hanno tutto ciò che serve. Tutti, in squadra, remano dalla stessa parte. Nelle serie precedenti hanno saputo vincere diverse partite tirate, giocando bene anche difensivamente. Una caratteristica, quest’ultima, che mancava un po’ nelle stagioni passate, anche quando ero lì».

Occasione da cogliere

Prima di quest’anno, gli Oilers di McDavid avevano superato una sola volta il secondo turno dei playoff: storia del 2022, quando persero 4-0 la finale di Conference contro i Colorado Avalanche. Dopo tante occasioni mancate, per il predestinato Connor potrebbe essere arrivato il momento buono: «Prima o poi anche lui alzerà quella coppa», ci dice Haas. «Allo stesso tempo, però, ritengo che ogni occasione vada vissuta come se fosse l’ultima, perché di finali della Stanley Cup, in una carriera, non se ne giocano mica a dozzine».

Un capitano tranquillo

Gaëtan ha vissuto lo spogliatoio degli Oilers dall’interno e ha osservato McDavid da molto vicino: «Sul ghiaccio, non ho mai avuto la fortuna di giocare al suo fianco, visto che io venivo schierato in quarta linea e in box-play. Avere un fenomeno come lui in squadra può anche avere delle controindicazioni, perché i compagni tendono a dargli sempre il disco, anche quando sarebbe più saggio fare altro. Ovviamente, Connor è un attaccante incredibile, unico, capace di inventare giocate che nessun altro sa fare. Può decidere ogni partita da solo ed è il più veloce in tutto: nelle mani, nelle gambe, nella testa. Attualmente, è il miglior giocatore del mondo, soprattutto sul piano offensivo. Inoltre, interpreta il ruolo di capitano con molta calma. Parla poco, ma quando lo fa, tutti sanno che vale la pena ascoltare. Però è sul ghiaccio che agisce da vero leader. Nella vita di tutti i giorni è un ragazzo molto discreto, riservato, tranquillo, ma ricordo alcune belle serate a casa sua, da lui organizzate per cementare lo spirito di gruppo, lontano da telecamere e tifosi».

In questo articolo: