Xhaka e l'arte della trasformazione
Dopo anni di amore e odio nella Londra biancorossa, Xhaka ha chiuso la sua esperienza all’Arsenal brillando come mai aveva fatto. Ora lo attende un nuovo capitolo nel campionato tedesco.
Quando, al 61’ minuto di Arsenal-Crystal Palace nell’ottobre del 2019, Xhaka usciva dal campo sommerso dai fischi assordanti del pubblico di casa, l’esperienza dell’elvetico in maglia Gunners pareva aver raggiunto un punto di non ritorno. Braccia che si agitano per chiederne di più, mano all’orecchio in segno di provocazione e urlo che mandava a quel paese chi ce l’aveva con lui. Il tutto con la fascia da capitano attorno al braccio. La risposta di Xhaka suggellava un amore mai scoccato con il tifo londinese, che spesso e volentieri gli aveva addossato le colpe per i risultati oltremodo deludenti nell’ultima parte dell’era Wenger, durante il corso di Emery e all’inizio del ciclo targato Arteta. D’altronde Xhaka era la figura che più risaltava fra i problemi dell’Arsenal, la patina esterna sotto la quale si nascondeva un composto di giocatori mediocri e scelte progettuali sbagliate. Finito nell’occhio del ciclone per i cali di concentrazione e la scarsa disciplina, i capitomboli più rumorosi erano puntualmente i suoi. Fra la stagione 2016-17 – quella del suo arrivo in Inghilterra – e 2021-22, il centrocampista rossocrociato è stato il giocatore di Premier League con il numero maggiore di rigori concessi (6), cartellini rossi (4) ed errori che hanno condotto al gol avversario (8). A quell’Arsenal, tacciato di essere mollaccione, serviva un massiccio uomo di rottura in mezzo al campo, ma Xhaka era diventato una bomba a orologeria, che ticchettava fino a commettere uno di quegli sbagli che faceva esplodere la rabbia sugli spalti.
La redenzione nel nuovo ruolo
Giunto a Londra come terzo acquisto più costoso nella storia del club, era stato individuato da Wenger come centrocampista box-to-box, salvo poi essere impiegato quasi esclusivamente come mediano avente mansioni in fase puramente difensiva e nella prima costruzione. Ci sono volute sei stagioni per capire che l’iniziale intuizione di Wenger era corretta. Non che le precedenti annate fossero da gettare nell’immondizia, tutt’altro. Malgrado la complicata relazione con i tifosi, Xhaka è comunque stato fra i protagonisti nelle campagne trionfali di FA Cup nel 2017 e 2020, e più in generale è stato il pilastro di una rosa in perenne subbuglio, tanto da guadagnarsi con merito la fascia da capitano (per poi perderla dopo quel famigerato episodio contro il Crystal Palace). Tuttavia, mai era riuscito ad esprimere pienamente la sua natura finché Arteta non gli ha affidato un ruolo differente rispetto a quello che era abituato a svolgere. Il tecnico iberico lo ha spostato di qualche metro, da mediano a mezz’ala, ampliando così il suo raggio d’azione. Xhaka si è liberato dei doveri da regista che tanto lo mandavano in apprensione quando gli avversari lo pressavano, e ha aggiunto una componente spiccatamente offensiva al suo gioco. Ha aumentato in maniera consistente la sua presenza nell’ultimo terzo di campo, tramite le numerose incursioni nell’area di rigore avversaria che sono valse nove reti – a cui vanno aggiunti anche i sette assist – in 44 presenze stagionali. Per capire l’anomalia di questi numeri, basta pensare che nelle prime sei stagioni con i Gunners aveva trovato il gol in appena quattordici occasioni, cinque in più rispetto alla sola scorsa annata. E, per giunta, oltre la metà di quelle reti (dieci) provenivano da estemporanee conclusioni dalla distanza. Nonostante il numero di palloni da lui toccati sia diminuito sensibilmente - sceso da 91 a 59 tocchi per partita, secondo i dati Opta - il suo effettivo contributo è stato quindi molto più consistente rispetto al passato. La bomba ad orologeria si è trasformata in un ordigno più complesso, fungendo da pistone in continuo movimento da un fronte all’altro del campo, un elemento estremamente prezioso perché unico nel meccanismo londinese. Nessuno come lui occupava uno spazio così vasto, galoppando costantemente fra un inserimento offensivo e un recupero in copertura. Lo stesso Arteta non ha mai nascosto l’apprezzamento e la stima verso il centrocampista elvetico: «È una persona speciale», aveva detto qualche tempo fa l’allenatore dei Gunners, «sai di poter contare sempre su di lui, lotterà e romperà le pareti per te».
Alla corte di Xabi Alonso
La parabola di Xhaka all’Arsenal si è conclusa dunque con un lieto fine, al termine della migliore stagione della sua carriera a livello personale. Gli stessi tifosi che ululavano contro di lui, durante l’ultima gara di campionato vinta contro il Wolverhampton, gridavano “We want you to stay”. Il capitano della Nazionale ha però deciso di cambiare aria e tornare in Germania, trasferendosi al Bayer Leverkusen per una cifra pari a 25 milioni di euro (terzo over 30 più pagato nella storia della Bundesliga, dietro solo a Hummels e Mané). A seguito della stagione appena trascorsa la sua nuova avventura non può che suscitare una certa curiosità. Nello scacchiere di Xabi Alonso sembrava proprio mancare una pedina simile all’ultima versione del 31 enne rossocrociato. Il reparto di centrocampo delle Aspirine si compone di buoni palleggiatori ed elementi votati alla difesa, ma nessuno di questi è in grado di occuparsi della doppia fase e coprire ampie porzioni di campo, come Xhaka ha saputo fare nel passato più recente. L’impronta iberica data da Xabi Alonso fa sì che il Leverkusen sia una squadra che ama mantenere il possesso del pallone, ma al contempo imbastisce le trame offensive in maniera verticale e molto rapida. Da qui l’esigenza di avere centrocampisti che non siano solo tecnicamente abili, ma anche e soprattutto mobili. Non avendo un numero 9 goleador, inoltre, il Leverkusen ha disperato bisogno di aggiungere soluzioni in fase di finalizzazione, un altro ambito in cui il nuovo Xhaka potrebbe rivelarsi fondamentale. Lui stesso ha affermato che il trasferimento non vuole essere un passo indietro, e quindi chissà che non possa rappresentare il prosieguo della sua massima espressione, conducendolo in piena forma all’Europeo della prossima estate.