Tecnologia

Intelligenza artificiale, coaching e HR

A colloquio con Roberto Bonanomi, Psy.D, Senior Trainer e Coach Huract: «È difficile fare previsioni perché c’è lo spauracchio dell’effetto sostituzione uomo-macchina»
Generata con Midjourney
Red. Online
13.06.2023 09:30

A colloquio con Roberto Bonanomi, Psy.D, Senior Trainer e Coach Huract: «È difficile fare previsioni perché c’è lo spauracchio dell’effetto sostituzione uomo-macchina»

Cosa è Huract?

Huract è un network internazionale, con sede a Lugano, e si occupa di formazione manageriale, coaching, benessere, team building, con metodologie diverse, in aula, via web, ibride ed on demand. Ci caratterizza per un aspetto rilevante a cui teniamo molto, seppur non sempre fruttuoso in termini di marketing. Infatti svolgiamo tutte le nostre attività seguendo un approccio rigorosamente scientifico, e la cosa può risultare complessa, anche verso persone di lunga esperienza nel campo della gestione delle risorse umane.

Quindi intorno a lei opera un team con caratteristiche particolari?

Si tratta di un team di specialisti con background accademici molto solidi e lunga esperienza sul campo. Un mix che contrasta con quella dicotomia spesso presente nel campo della psicologia del lavoro, fra una prospettiva accademica, storica, scientifica ma spiccatamente teorica, e sull’altro fronte situazioni concrete per le quali tali competenze possono rivelarsi poco utili. Noi abbiamo cercato di mettere insieme queste due anime.

Come entra la tecnologia avanzata nel vostro lavoro?

Entra fondamentalmente attraverso l’intelligenza artificiale (AI). Era presente già prima con la matematica, la statistica previsionale, ma oggi a noi interessa in particolare l’AI generativa, basata sul dialogo, sull’interazione attraverso il linguaggio, emersa in modo forte con ChatGPT, che ha rappresentato un vero e proprio «game changer».

Come opera nel vostro campo questa AI generativa?

Immaginiamo di voler insegnare a fare coaching, a selezionare i collaboratori, oppure a svolgere altre analisi in ambito HR, assessment, ad esercitare la leadership... Per tutti questi oggetti approccio e metodo sono per noi scientifici. L’utilizzo dell’AI al suo interno è come per l’ingegnere l’uso della calcolatrice nel progettare un ponte. La calcolatrice non sostituisce certo l’approccio scientifico ma è uno strumento, un supporto. Potremmo definire l’AI la nostra «assistente». Andiamo a trovare i punti in cui l’AI generativa ci può aiutare, e ne abbiamo parecchi. Un esempio riguarda la fase dell’apprendimento per coach organizzativo o management: con l’AI possiamo chiedere «all’assistente» di simulare il cliente in modo strutturato, certo meno preciso di quanto risulterebbe con un essere umano, ma non di meno utilissimo per effettuare prove e per allenarsi.

E se ci troviamo di fronte a situazioni conflittuali, critiche, fuori dagli schemi?

Per il momento, in questi casi «l’assistente» non è di aiuto diretto. Sappiamo, perché ce lo dice la letteratura scientifica, che esistono situazioni in cui il coaching non solo non aiuta ma ha effetti negativi. Tuttavia possiamo ricorrere comunque «all’assistente», chiedendogli i riferimenti della letteratura scientifica. Lui li va a trovare e noi li valutiamo con un approccio critico.

Dunque l’accusa mossa all’AI di uccidere lo spirito critico ed appiattire il pensiero è sbagliata?

Secondo noi è esattamente il contrario. L’AI stimola l’approccio critico, che del resto è alla base di ogni metodo scientifico.

Voi operate a livello internazionale, dal Regno Unito all’Italia, dalla Svizzera a Israele, e con aziende di svariati settori. Esistono particolarità nei diversi ambiti?

L’approccio è simile, anche considerato che il nostro target è particolare, rappresentato da persone che operano all’interno di organizzazioni e possiedono profili simili.

È possibile individuare l’impatto dell’AI per il mercato del lavoro?

È difficile fare previsioni. Esiste lo spauracchio dell’effetto sostituzione uomo-macchina. Se quest’ultima rimane un supporto è un conto; se il rapporto è diretto si aprono nuovi scenari ma oggi non sappiamo ancora bene come ciò funzionerà. Noi stessi lo stiamo sperimentando ed a quel punto andranno anche considerati gli effetti che l’AI determinerà sull’essere umano stesso.

E cosa dire dell’AI in ambito wellness?

Aiutiamo gli psicologici ed i loro clienti creando ambienti di realtà virtuale, simulazioni, affrontando meglio paure ed altre patologie. Con l’AI realizziamo esperimenti complessi, la macchina può giungere ad immaginare cosa sto pensando e, se ben istruita, può condurre un colloquio sul conflitto senza generare conflitto.