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«Bye bye Birdie»: ecco che cosa pensa di X l'artista che disegnò l'usignolo di Twitter

Martin Grasser fu all'origine del logo che, dal 2012 e fino a poco tempo fa, ha accompagnato gli utenti sulla piattaforma (e non solo)
© Monika Skolimowska
Red. Online
26.07.2023 16:30

Dall'usignolo a una X. Con tutte le conseguenze, e le polemiche, del caso. Anche, forse, legali. La nuova mossa di Elon Musk sta facendo discutere, manco a dirlo. Al di là delle simpatie partigiane o delle critiche al personaggio, resta una verità. Incontrovertibile: con il cambio di logo, la piattaforma ha definitivamente chiuso un'epoca. Un'epoca, quella dell'usignolo, anzi di questo usignolo, cominciata ufficialmente nel 2012, quando Martin Grasser e altri due designer, Todd Waterbury and Angy Che, produssero la versione adoperata fino a pochissimo tempo fa. Versione che da un lato venne scelta da Jack Dorsey, il fondatore, fra ventiquattro possibili varianti e, dall'altro, sostituì un precedente usignolo usato dal 2010 al 2012.

Grasser, da allora, ha fatto parecchia strada con le sue gambe e il suo talento. Ha fondato uno studio di grafica e, soprattutto, lavorato con marchi di primissimo piano quali PayPal, SoftBank, Bumble e Rdio. In questi giorni, i media lo hanno cercato. Anche disperatamente. E il motivo, beh, è presto detto: tutti volevano avere una sua opinione circa il cambio di rotta imposto da Musk. Intercettato da Digiday, il designer innanzitutto è tornato sulla sua creatura. Su quell'usignolo semplice, «quasi armonico» volendo usare le parole di Grasser. E ancora: «Jack Dorsey e Todd Waterbury, all'epoca direttore creativo del progetto, avevano entrambi un'estrema attenzione alla semplicità. La piattaforma, almeno in quei giorni, aveva un senso di semplicità, brevità e chiarezza. Ricordo che Todd parlava spesso di brevità e chiarezza, e questo era uno spunto visivo interessante da cui partire: che aspetto ha la brevità come design?».

Il logo creato da Grasser, fra le altre cose, ha resistito all'usura del tempo e, in un certo senso, alla crisi di identità di Twitter in quanto social, incastrato com'era in una nicchia e costretto a convivere con numeri di utenti relativamente bassi rispetto alla concorrenza. Circa il rebranding, come vengono definiti cambi di questo genere in America, l'artista ha tagliato corto: «La sfida da affrontare è legata alla lettera X, tagliente e aggressiva. È una lettera molto affascinante dal punto di vista della sua costruzione. Ha una serie di correzioni ottiche, quindi non si tratta solo di due linee che si intersecano. Ci sono una serie di spostamenti di peso e di allineamento che avvengono all'intersezione della X. La sfida, dunque, sarà quella di rendere questo logo amichevole e accessibile». La X, ha proseguito Grasser, ha senso nell'ottica di Twitter che, presto o tardi, si proporrà come App unica per tutta una serie di servizi. 

Rispetto all'inizio dello scorso decennio, Grasser ha notato meno ottimismo in termini di design. «Il mio disegno per Twitter rappresenta quasi l'adolescenza di Internet. E mi piace la soluzione che riuscimmo a trovare allora. Twitter ha dato ottimi risultati per molto tempo. Ma poi è venuto meno qualcosa. È come se non accettassimo più l'ottimismo tecnologico. Un aspetto, questo, che è cambiato. Ripenso a quando eravamo tutti così entusiasti della promessa di connessione e globalizzazione. C'era eccitazione. Allora, contavamo sul fatto che la tecnologia ci avrebbe aiutato molto».

E allora, concludendo, Digiday ha chiesto al designer su quali principi si appoggerebbe, oggi, se dovesse progettare o riprogettare il logo di un altro social network. Quali i principi da seguire? «La gente ha amato il mio usignolo. La risposta che ho ricevuto su Twitter dimostra come le persone si leghino a forme semplici. In fondo era solo un disegno. Di un uccello. Ma è stato e poteva essere molto di più per gli utenti».

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