«Sì, utilizzo ChatGPT per lavoro»
Sì, ChatGPT è entrata (anche) negli uffici. Dove, stando ai media statunitensi e in particolare a Bloomberg, sta già riscuotendo un discreto successo. Tradotto: il famoso, per certi versi famigerato chatbot è stato interrogato da molti dipendenti, desiderosi di sveltire le pratiche lavorative o, addirittura, migliorarle. Chiamatelo pure guilty pleasure.
Quasi il 30% dei 4.500 professionisti intervistati questo mese da Fishbowl, una piattaforma specializzata, ha affermato di aver già adoperato ChatGPT o un altro software di intelligenza artificiale nel proprio impiego. Fra gli intervistati, leggiamo, ci sono professionisti di Amazon, Bank of America, JPMorgan, Google, Twitter e Meta. Piccola parentesi per chi, bontà sua, si fosse perso le ultime puntate: il chatbot di ChatGPT utilizza l’intelligenza artificiale generativa per rispondere a nostre precise richieste. Fornendo, in pochi secondi, testi articolati e apparentemente precisi. Scriviamo apparentemente poiché, dal momento che l’intelligenza è stata addestrata in base a informazioni pubblicamente disponibili su Internet, le risposte possono contenere errori o imprecisioni.
Mondo in trasformazione
Gli esperti, forse con eccessivo ottimismo, prevedono che ChatGPT e simili trasformeranno il nostro mondo e le nostre vite. Secondo un esperto della Stanford University, ad esempio, ChatGPT diventerà una vera e propria «calcolatrice della scrittura». Sostituendosi alla mente umana per le operazioni più semplici e, di riflesso, permettendoci di risparmiare tempo.
Fronte aziende, chi crede fermamente negli sviluppi e nelle interazioni dell’intelligenza artificiale è Microsoft, pronta a investire ulteriori 10 miliardi in OpenAI, la start-up alla base del chatbot sulla bocca (e le dita) di tutti. Il colosso tech, in particolare, sta cercando di capire come integrare l’intelligenza artificiale nel suo pacchetto Office e, a mo’ di guanto di sfida verso Google, nel motore di ricerca Bing.
«Ha cambiato la mia vita»
Tornando al sondaggio, i professionisti attivi nel marketing si sono detti soddisfatti dello strumento. Il 37% di loro ha affermato di averne fatto ricorso sul posto di lavoro. In generale, molti hanno adoperato l’intelligenza artificiale per redigere e-mail, generare idee, risolvere problemi di codice (una manna per gli informatici) e, di nuovo, riassumere ricerche o appunti presi durante le riunioni.
Anche gli amministratori delegati delle aziende, di nascosto ma nemmeno troppo, starebbero virando su ChatGPT per allargare i propri orizzonti. «Ho scoperto ChatGPT circa un mese fa» ha postato su FishBowl una persona identificatasi proprio come amministratore delegato. «Lo uso tutti i giorni. Ha cambiato la mia vita. E il mio piano del personale per il 2023».
Per altri, ChatGPT si sta rivelando una preziosa stampella. Soprattutto in caso di dubbi. «Basta chiedere al chatbot» ha scritto un altro utente.
Fra eccitazione e cautela
L’eccitazione, detto ciò, è accompagnata anche da molto scetticismo e, parallelamente, cautela. Negli Stati Uniti, le scuole pubbliche di New York hanno vietato l’uso di ChatGPT e simili. Anche in Svizzera scuole e università stanno prendendo contromisure in merito, compresa l’USI.
Quanto alle aziende e, in particolare, all’economia, gli analisti spiegano che sarebbe utile, se non necessaria, una riflessione a monte prima di procedere a un utilizzo smodato e sregolato dello strumento. Anche perché, come detto, le risposte che fornisce ChatGPT possono contenere errori o imprecisioni. E, quindi, provocare danni.
Concludendo, c’è anche preoccupazione in termini di forza lavoro. Se questa tecnologia è destinata a rimanere e, soprattutto, svilupparsi, è lecito porsi la domanda: quanti e quali lavori diventeranno desueti perché, banalmente, potranno essere svolti dall’intelligenza artificiale? «Se ChatGPT inizia a creare slide per le presentazioni sono finito» ha scritto un dipendente di Deloitte sempre su Fishbowl. «Esiste già questa possibilità» gli hanno risposto…