«A Sednaya, nel mattatoio umano, giustiziate dalle 50 alle 100 persone al giorno»
«Il carcere di Sednaya è un inferno per i detenuti. Non dà l'impressione di essere una prigione: è un mattatoio dove gli esseri umani vengono torturati e massacrati». A parlare, in un'intervista rilasciata ad Al Jazeera, è Raed al-Saleh, direttore della Syria’s Civil Defence organisation, conosciuta anche con l'appellativo di «caschi bianchi». Nelle ore successive alla presa della struttura da parte delle forze ribelli guidate dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham (HTS), i caschi bianchi si sono prodigati a cercare possibili prigionieri ancora rinchiusi nella prigione così come eventuali aree segrete della stessa.
Ricordiamo che a Sednaya, e non solo, il regime di Bashar al-Assad rinchiudeva gli oppositori politici.
Setacciando la prigione alla ricerca di persone eventualmente ancora intrappolatevi, i caschi bianchi hanno visto cadaveri all'interno di forni, a dimostrazione che nella struttura avvenivano esecuzioni quotidiane. Secondo il capo della Syria’s Civil Defence organisation, giornalmente venivano uccise tra le 50 e le 100 persone. Del resto, proprio a causa delle pratiche che si svolgevano al suo interno, il carcere di Sednaya era stato soprannominato da Amnesty International «mattatoio umano». Secondo un rapporto del 2017 della stessa organizzazione non governativa, «uccisioni, torture, sparizioni forzate e stermini» erano stati messi in atto dal 2011, anno in cui è scoppiata la guerra in Siria. Tra il 2011 e il 2015, sempre stando ad Amnesty, sarebbero fino a 13.000 le persone impiccate nella struttura di detenzione. Un quadro inquietante dipinto anche nelle testimonianze di ex detenuti raccolte nel 2014 in un rapporto di Human Rights Watch che parla di morti di massa avvenute nel carcere.
Dentro alla prigione di Sednaya sono poi state ritrovate numerose corde. Non è ben chiaro lo scopo per cui venissero impiegate. Il Blick riporta che, secondo gli osservatori, esse erano utilizzate per appendere i detenuti alle pareti e/o per immobilizzarne gli arti. Gli occhi dei prigionieri, inoltre, sarebbero stati costantemente bendati. Secondo numerosi media internazionali, nella struttura sarebbe stata ritrovata anche una macchina di tortura: una pressa di ferro che probabilmente era utilizzata per frantumare le ossa dei detenuti.
Mariam Khleif, incarcerata per aver fornito forniture mediche ai ribelli, spiega come gli stupri fossero endemici. «A mezzanotte, le ragazze belle venivano portate dal colonnello che le violentava» si legge sul Daily Mail.
Ma il carcere ha sezioni segrete?
Alla notizia della presa della prigione di Sednaya da parte delle forze ribelli guidate dal gruppo islamista Hayat Tahrir al-Sham, numerose persone si sono dirette nella struttura per cercare i propri famigliari. In tale contesto, è iniziata a circolare prepotentemente la voce secondo cui migliaia di prigionieri fossero ancora rinchiusi in sotterranei segreti del carcere di difficile accesso noti come «sezione rossa».
Come spiega la CNN, tuttavia, non è chiaro se quest'area riservata esista veramente o no. I caschi bianchi hanno comunque dichiarato di i non aver trovato «alcuna prova di celle segrete o scantinati non scoperti o di aree non aperte o nascoste all'interno della struttura». Proprio per questa ragione, hanno invitato la gente a non diffondere false informazioni sui canali social. Sulla stessa lunghezza d'onda anche l'Associazione dei detenuti e degli scomparsi nella prigione di Sednaya (ADMSP) la quale ha affermato che tutti i prigionieri sono stati rilasciati entro mezzogiorno di domenica e che le affermazioni sui detenuti intrappolati sottoterra sono «infondate» e «imprecise». Mounir Al-Fakir, ex detenuto di Saydnaya e socio fondatore di ADMSP, ha detto alla CNN che la struttura contiene sì un livello sotterraneo di celle, ma che non ritiene probabile che ci siano ulteriori piani nascosti sotto di esso.