Al Mondiale di scacchi senza velo, ora è costretta all'esilio

Ha 25 anni. È sposata e ha un bimbo di 10 mesi, Sam. Si chiama Sarasadat Khademalsharieh, ma ora preferisce essere Sara Khadem. È iraniana ed è una campionessa di scacchi. Il suo nome è comparso su tutti i media internazionali quando, a fine 2022, ha deciso di partecipare al Campionato del mondo degli scacchi FIDE Rapid & Blitz 2022 in Kazakistan a capo scoperto, senza l'hijab. Come gesto di solidarietà nei confronti delle proteste scoppiate nel Paese il 16 settembre, quando Mahsa Amini, 22 anni, originaria del Kurdistan iraniano, è morta a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non avere indossato correttamente il velo islamico come prescritto dalle leggi iraniane. Da allora le manifestazioni contro il regime non si sono mai fermate. Ma Sara Khadem ha deciso di lasciare il Paese. O meglio, è costretta a vivere in esilio.
Quando ha deciso di gareggiare al torneo internazionale senza velo (e senza sbandierare la sua scelta), ha pensato che un avvertimento sarebbe stato il peggio che potesse capitarle. Invece, non può tornare in Iran. Lì la attende un mandato d'arresto. E ora vive in esilio nel sud della Spagna, con il marito e il figlio di 11 mesi. Un giorno, a Sam Sara Khadem dovrà spiegare perché ha deciso di presentarsi ai Mondiali in Kazakistan senza hijab, perché il suo papà, il 32.enne Ardeshir Ahmadi (regista), nel 2015 ha trascorso tre mesi in una prigione iraniana dopo avere realizzato un film sull'hip hop, e perché sono finiti a vivere in Spagna. «Onestamente, prima che nascesse nostro figlio non abbiamo mai pensato di allontanarci dall'Iran - ha raccontato la 25.enne in un'intervista a El Pais -. La situazione in Medio Oriente è instabile e molte persone hanno bisogno di una seconda opzione quando le cose si mettono male. Io non me ne sono mai preoccupata, perché potevo ottenere facilmente visti di viaggio grazie alla mia carriera scacchistica. E mio marito ha la doppia cittadinanza, iraniana e canadese. Ma da quando c'è Sam, è cambiato tutto. Ho iniziato a pensare di vivere in un posto dove potesse uscire e giocare senza che noi ce ne preoccupassimo. La Spagna sembrava essere la scelta migliore e abbiamo acquistato un appartamento. Gli spagnoli sono come gli iraniani, in un certo senso, sono molto "calorosi"».
Oggi Khadem è tornata a parlare del suo gesto rivoluzionario di fine dicembre, in un'intervista alla BBC. Ha chiesto ai giornalisti di mantenere riservata la località in cui vive, preoccupata per eventuali ripercussioni che i suoi familiari in Iran potrebbero subire. Purtroppo, bastano poche parole «imprudenti» per finire in prigione. Lei, Ardeshir Ahmadi e Sam sono felici. Ma dietro al sorriso c'è un velo di tristezza, per aver dovuto lasciare casa. La scacchista ha raccontato di avere riflettuto a lungo prima di decidere di giocare senza velo, ma di aver scelto di non essere ipocrita rispetto ad altre concorrenti che lo indossano solo davanti alle telecamere. «Non sono io quando indosso l'hijab. Visti i sacrifici compiuti dalle donne e dalle ragazze per le strade in Iran, molte delle quali rischiano la vita, era il minimo che potessi fare». E non è la prima volta che Khadem si ribella alla Repubblica islamica. Già nel 2020, aveva infatti annunciato di volere lasciare la squadra nazionale di scacchi per protestare contro l'abbattimento da parte delle Guardie della rivoluzione iraniana di un aereo della Ukraine International Airlines con a bordo 176 persone, l'8 gennaio.
«Perché non unirsi alle proteste in strada, in Iran?», ha chiesto alla 25.enne Razia Iqbal, la giornalista della BBC. «Sam è piccolo, ho delle responsabilità nei suoi confronti. Ho preso in considerazione questa possibilità molte volte. Ma poi ho deciso che avrei potuto fare la mia parte in un altro modo, facendo leva sul mio ruolo di scacchista». Sara Khadem gioca a scacchi da quando aveva circa otto anni. Ed è molto conosciuta nell'ambiente. Oggi, anche se in esilio, non ha rimpianti. «Mi manca la mia famiglia, ma non direi che mi pento della decisione. Rappresento ancora l'Iran, sono iraniana, e il popolo iraniano mi riconosce ancora come tale. Non mi considero un'attivista. Sono le persone che protestano per le strade a essere fonte di ispirazione per me e per molti altri».
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha invitato Sara Khadem per un incontro. «È stato proprio quel giorno che mi è stato recapitato l'ordine di arresto - ha concluso -. Quindi ho avuto sentimenti contrastanti: ero apprezzata in questo (nuovo) Paese, mentre nel mio volevano mettermi in prigione».