Altro che Baywatch, a salvarti arriva il drone bagnino
Un venerdì di fermento al Lido di Brissago. Giornata estiva, temperatura del lago a 17-18 gradi. In lontananza, ecco qualcuno che ha fatto una bracciata di troppo. È lontano, bel oltre la linea di sicurezza, un centinaio di metri dal nastro con le boe gialle. Dalla spiaggia si sente un lamento, poi un grido. Sempre più forte. «Aiuto! Aiuto!». Il bagnino non ci pensa due volte. Con una radio, avvisa il collega vicino a riva, il quale afferra rapidamente la tavola e pagaia verso l'uomo in difficolta. L'addetto al salvataggio, messo via il ricetrasmettitore, preme un pulsante sul telecomando. E subito si solleva un drone arancione, con tanto di baywatch (un salvagente rigido e dalla tipica forma verticale). In cinque secondi raggiunge l'uomo in acqua e sgancia il dispositivo salvavita. «Grazie! Grazie», esclama il temerario nuotatore. Intanto, il secondo guardiaspiaggia lo ha raggiunto e lo aggancia per trainarlo fino a riva. Quella di oggi era solo una simulazione. Tuttavia, potrebbe essere il futuro, neanche tanto lontano, di molte strutture. Ne è convinto Christian Righinetti, pilota di droni e titolare della DroneTI, promotore di questa nuova frontiera del salvataggio. I droni bagnino sembrano una versione ipertecnologica di quel popolare telefilm degli anni Novanta-inizio Duemila. Sostituiranno mai gli angeli delle onde? «No, per nulla», sottolinea Righinetti. «Loro restano indispensabili».
Intanto, dopo una serie di cure prestate dai primi soccorritori. Il figurante si alza in piedi come se nulla fosse. «Certo, è pur sempre una simulazione», afferma nientemeno che Alessandro Veletta. Impiegato, animatore radiofonico ma soprattutto nuotatore esperto in acque gelide. Per l'occasione, è stato ingaggiato per fare da protagonista alla messinscena. «Già, è la prima volta che sono stato salvato da un drone bagnino», ammette il 44.enne con un sorriso. «Ho fatto finta di avere un crampo alla gamba, uno scenario che potrebbe benissimo presentarsi a chiunque, e ho nuotato anche di conseguenza. Questa volta, però, invece di essere soccorso in prima battuta da un bagnino in carne e ossa... è arrivato il drone».
Righinetti, circondato da un gruppo di colleghi addetti nel manovrare i tanti aeromobili radiocomandati sul posto, spiega ai giornalisti la scaletta della manovra, con tanto di planimetria che mostra lo schema del salvataggio dall'alto: «I bagnini, dal loro posto di osservazione, hanno fatto partire il drone munito di salvagente». Muove il dito verso un punto indicato con un esagono rosso e la scritta 'vittima'. «Arriva nei pressi della persona in difficoltà, la inquadra tramite la videocamera e sgancia il salvagente in modo che possa aggrapparvisi. Un bagnino, nel frattempo, arriva a recuperare il nuotatore».
Sul posto ci sono molti esperti del campo. Tutti indossano, come Righinetti, giubbotti giallo fosforescente. «Non potevamo fare a meno, per questa prova, di far decollare anche un drone con termocamera. Questa tecnologia è in grado di individuare le tracce di calore della persona in difficoltà per poi seguirla fino al salvataggio. Ma se questa dovesse andare sott'acqua, la camera termica riesce a rilevarla e a dare indicazioni al personale di soccorso. Perché, una volta sott'acqua, non sappiamo mai dove porta la corrente».
Tra simulazione e realtà
«Questo progetto si adatta perfettamente agli scenari che incontriamo nelle acque libere», illustra il consulente. «Molti se ne dimenticano, ma oltre i lidi, sugli specchi d'acqua, c'è anche traffico lacuale. Per esempio, piccole barche di pescatori, o i battelli di una società di navigazione. Ecco, trovarsi in mezzo tra questo genere di imbarcazioni magari a centinaia di metri dalla riva richiede moltissima energia e concentrazione. Ora che si rientra, poi...».
Una situazione che non è da tutti. «Ci sono un'infinità di dinamiche differenti quando si tratta di soccorrere qualcuno», osserva Veletta, che fa parte del gruppo dei gelidisti ticinesi e ha frequentato corsi di salvataggio mirati in acque con temperature di 3-4 gradi.
«Oggi ho simulato un crampo, ma al mio posto potrebbe esserci qualcuno colpito da ipotermia. C'è chi si fa prendere dal panico e quando riceve soccorso c'è il rischio che il bagnino sia involontariamente colpito dal dimenarsi. Non è facile. La simulazione è una cosa, la realtà è sempre ben diversa. Quello che posso dire è che basta un attimo. Occorre avere rispetto dell'acqua, del lago, dei fiumi e anche dei mari». Un drone in grado di anticipare il bagnino e lanciare un salvagente può certo dare un buon contributo.
Una zona decollo/atterraggio
«I lidi potrebbero mettere a punto una zona di decollo e atterraggio per il drone di salvataggio. Parliamo di 40-50 centimetri di spazio, basta un angolino, insomma», dice ancora Righinetti.
«Noi abbiamo buttato il sasso... o il salvagente, in questo caso, nel lago. Ora tutto è nelle mani di chi vorrebbe aumentare la sicurezza all'interno dei proprio lido. Siamo aperti a tutti i contatti possibili, forniamo anche corsi sull'utilizzo di questo drone, ma anche di altri modelli, perché quello che abbiamo qui è soltanto una delle tante soluzioni potrebbero essere impiegate per salvare».
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