«La nostra ‘Via dell'acqua’: coltiviamo sotto il mare»
La luce a dieci metri di profondità è soffusa, ma arriva ancora abbondante in una serie di riflessi blu-turchese-azzurro. Il ronzio della ventola è l'unico rumore che si sente nella grande cupola sott'acqua. Emilio sta raccogliendo le piccole piantine, che crescono su file ordinate collocate su una serie di ripiani contro la superficie trasparente della bolla artificiale. Basilico, aloe, tabacco... sono centinaia le specie coltivate qui, a Noli, in un orto molto diverso dal solito. È il «Nemo's Garden», un giardino subacqueo che porta il nome del personaggio inventato da Jules Verne, il capitano e costruttore del sottomarino Nautilus nel romanzo ‘Ventimila leghe sotto i mari’. La radio all'improvviso gracchia qualcosa. Emilio, senza smettere di riempire la busta trasparente con il prezioso raccolto, preme un pulsante: «Sì, ho spedito dalla due in superficie. Non dalla quattro. Dalla quattro sto ancora raccogliendo». Una breve scossa statica. «Ecco, mi interessava dalla quattro, ti ringrazio». La voce arriva lontana e quasi incomprensibile, ma l'esperienza ha rodato le comunicazioni. La fase di raccolta dei campioni che saranno inviati al laboratorio si ripete ogni tre, quattro settimane. «Sì, questa è la nostra ‘Via dell'acqua’, se vogliamo fare il verso al nuovo film ‘Avatar’—, scherza Federico Giunto, che promuove l'iniziativa—. È un progetto pioneristico che cerca nel mare una fonte di agricoltura alternativa e sostenibile». Secondo il 28.enne, questo tipo di approccio è migliore rispetto a una coltivazione tradizionale, su una classica zolla di terra.
«Il progetto è sostenibile al cento per cento», afferma il giovane, in collegamento dagli uffici del quartier generale di Nemo's Garden, oggi una società di Ocean Reef Group, azienda specializzata nelle attrezzature subacquee. «Coltivare sott'acqua è meglio, perché le piante nascono in un ambiente chiuso e non hanno bisogno di insetticidi, pesticidi... Non dobbiamo utilizzare tutto quel che si usa nell'agricoltura tradizionale». Secondo Giunto, si ottiene acqua dolce dal processo di evaporazione che avviene sott'acqua. Le goccioline si condensano all'interno della superficie delle biosfere. «Trasformiamo l'acqua salata in acqua dolce con un dispendio di energia nullo». In realtà, il progetto, nel corso del tempo, si è sviluppato fino a diventare la realtà consolidata di oggi.
«Tutto nasce nel 2012 da un'idea di Sergio Gamberini, presidente di Ocean Reef Group. La sua intenzione era unire due sue grandi passioni, le immersioni e l'agricoltura. Non una sfida del tutto folle perché, da ingegnere, Sergio sapeva che ci sarebbero potute essere le condizioni per crescere piante con un dispendio di energia minore».
Piante più gustose
«Siamo una quarantina di dipendenti qui in Italia, a Genova, ma l'azienda ha una sede anche in California», continua Giunto. «Siamo tutti quanti più o meno coinvolti in questo progetto, ognuno dà il suo contributo». Uno sforzo che ha pagato, però. Perché, a distanza di dieci anni e dopo numerosi prototipi e fallimenti, le analisi di laboratorio non mentono: le piante del ‘Giardino di Nemo’ hanno un gusto più deciso.
«Abbiamo scoperto che hanno un quantitativo di antiossidanti, di olii essenziali e di polifenoli molto, molto maggiore. Questo le rende interessanti per il loro utilizzo in medicina naturale o nella cosmetica. Abbiamo sperimentato fragole, tabacco (utilizzato nello sviluppo dei vaccini), molte spezie, erbe, tra cui il basilico,... e quest'ultimo è speciale per noi, perché tutto il concetto è partito proprio con quello. Oltre a essere nel nostro logo, per noi liguri, genovesi, il basilico e il pesto sono un baluardo del nostro territorio e della nostra gastronomia».
Pesci alla larga dal cibo
Un progetto futuristico e pionieristico. «Eppure il principio è semplice: è come prendere un bicchiere e immergerlo in una vasca, per poi ancorarlo. I pesci, ovviamente, non possono entrare perché c'è una superficie, anche se al di sotto dello specchio d'acqua canonico». Un principio semplice, a cui però finora nessuno aveva mai provato a dar seguito.
«I vantaggi sono parecchi, al di là di piante più forti e gustose, oppure del minore dispendio di energia. Pensiamo soltanto alla temperatura dell'aria: questa si riscalda e si raffredda molto più rapidamente rispetto alla temperatura dell'acqua. Nell'acqua abbiamo sì una differenza di temperatura tra le varie stagioni, ma non con sbalzi così importanti. Questo non solo aiuta le piante a crescere in maniera veloce e migliore, ma le protegge. Immaginiamo per esempio in primavera, quando ci può essere una gelata o un cambio repentino di temperatura. L'escursione termica può essere importante. Dopo una giornata di sole, si può arrivare anche a venti gradi sotto zero. In acqua queste ‘giostre’ degli scarti di temperatura non avvengono. Un grande aiuto per le piante», evidenzia Giunto.
Non solo mare
Il parco del giardino di Nemo, di recente, si è arricchito di altre tre biosfere. Ora sono nove, a una profondità variabile tra i sei e i dodici metri e possono essere sorvegliate tramite il canale YouTube dedicato, con riprese ventriquattr'ore su ventiquattro. Ma nel futuro c'è ben di più. Come, ad esempio, il fatto di non limitare le coltivazioni a sole piccole piantine. «Stiamo lavorando a una dimensione di biosfera che possa rendere possibile la crescita di piante con dimensioni più grosse», dice Giunto. Che sottolinea come il progetto non sia limitato solo al mare. «No, in realtà l'idea si rivolge a tutti gli specchi d'acqua e ovviamente anche all'acqua dolce. Non posso entrare troppo nei dettagli, ma stiamo sviluppando una serie di nuovi prototipi che saranno installati in un lago negli Stati Uniti».
Una soluzione che sarebbe perfetta per le fortunate condizioni in cui si trova il Ticino, con il suo vasto numero di specchi d'acqua. Quando potremo vedere i nostri primi orticelli in versione ‘sub’, quindi? Federico Giunto frena gli entusiasmi.
«Eh, insomma. L'idea di avere il proprio orticello nella biosfera... Oggi è ancora difficile da immaginare, magari in un futuro non molto lontano, chissà, potrà essere effettivamente così, ognuno potrà avere la propria cupola subacquea. Ci sono ancora dei limiti a livello di costi da dover affrontare, prima di rendere il progetto scalabile e disponibile al grande pubblico. Noi stessi siamo stati etichettati come primi ‘pionieri folli’. Non esiste un libro o un manuale in cui verificare il miglior modo di procedere. È tutto nuovo, ogni giorno è una sfida e ogni giorno una scoperta. E poi non lo sappiamo se mettiamo una pianta con un'altra... cosa comporta, cosa succede?».
Nuovi mestieri: il subagricoltore
Un confronto con l'agricoltura tradizionale è ancora difficile. In gioco, ci sono una serie di processi che possono essere svolti dalle macchine e dai cervelli elettronici. Una quantità di codice informatico notevole regola una serie di apparecchiature, dalle ventole alle luci artificiali. Ma per ora siamo sempre nel mondo dei prototipi.
«Non abbiamo ancora centinaia di biosfere e, di conseguenza, una piantagione da paragonare con i prodotti ottenuti da una zolla di terra. Ma sono fiducioso—esclama Giunto—. Non posso che immaginare un futuro nel quale ci saranno centinaia, milioni di biosfere come le nostre, in tutto il mondo. Questa tecnologia cambierà non solo come facciamo agricoltura, ma come pensiamo il mondo. Vogliamo cercare di vederlo con un occhio diverso e dare una sorta di ‘scossa’ alle persone. Questo è positivo anche per il mondo del lavoro. Pensiamo a quanti posti di lavoro si possono creare. O al fatto che ci saranno nuove figure professionali... Stiamo facendo una rivoluzione, nel nostro piccolo», afferma Giunto con una punta di sicurezza nella voce.
Un bene per l'ecosistema
A bordo della ‘piattaforma’ inaugurata da Ocean Reef Group, da pochissimo sono salite anche Siemens e TekSea. «Il nostro più grande passo verso la scalabilità del nostro progetto di agricoltura alternativa», si legge nel sito web.
Giunto racconta come la messa a punto delle strutture subacquee abbia piano piano portato benefici a tutto l'ecosistema circostante. «Si sono creati microrganismi, alghe,... abbiamo visto arrivare pesci più piccoli, poi pesci più grandi che hanno portato polpi e addirittura cavallucci marini, che non si vedevano a Noli da anni... Questo è stato un beneficio per l'ambiente di per sé, che ha poi creato a cascata una serie di altri benefici come ad esempio il turismo».
L'unicità dell'iniziativa, infatti, attrae sempre più curiosi. Tanto che oggi l'azienda è sommersa dalle richieste di visite. «Questa installazione, agli occhi del pubblico, dà subito un effetto ‘wow’. D'altronde, non possiamo far finta di niente. Noi saremo presto nove miliardi di persone sulla Terra. Sarà richiesta più acqua dolce, più energia, più cibo. Come possiamo trovare un'alternativa? Come possiamo proporre un modello che permetta all'umanità di andare avanti in maniera sostenibile? L'alternativa per noi è questa».