Il caso

Ambasciatrice svizzera con il velo: Cassis difende l'invio di una donna a Teheran

Per i diritti delle donne, è «il simbolo più forte» da parte della Svizzera – Per il consigliere federale è totalmente inaccettabile che visite in cui Olivieri Lozano è tenuta a indossare il chador siano cancellate, deplorando tuttavia «la pubblicità» intorno al caso
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Ats
27.02.2023 12:35

Dopo che il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) la scorsa settimana si è limitato a replicare per iscritto alle critiche all'ambasciatrice svizzera in Iran Nadine Olivieri Lozano per aver visitato con un chador un santuario della città di Qom, oggi a Ginevra, a margine della riunione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il capo del DFAE, Ignazio Cassis, ha difeso la presenza di una donna nella missione elvetica a Teheran.

Per i diritti delle donne, è «il simbolo più forte» da parte della Svizzera, ha detto il consigliere federale in una conferenza stampa. Il capo della diplomazia elvetica ha comunque ammesso di essersi chiesto se la miglior cosa da fare non fosse stata «di inviare un uomo (all'ambasciata svizzera in Iran). Ma avremmo dato il segnale opportuno?».

Per finire, ha detto il ticinese, è giunto alla conclusione che un'ambasciatrice donna a Teheran avrebbe prodotto un messaggio importante, nonostante le «difficoltà» di una simile situazione. Per lui, è totalmente inaccettabile che visite in cui Olivieri Lozano è tenuta a indossare il chador siano cancellate.

«I nostri ambasciatori sono tenuti a seguire la legge del paese in cui si trovano. Lo stesso vale per gli ambasciatori stranieri in Svizzera», ha insistito il capo del DFAE. L'ambasciatrice deve poter adempiere agli impegni relativi al suo mandato.

La immagini di Olivieri Lozano a Qom con indosso il chador nero, pubblicate dall'agenzia di stampa degli studenti iraniani Isna, hanno suscitato critiche da parte di attivisti iraniani. «Indossare il velo conservatore è esattamente ciò che non si dovrebbe fare, mentre le coraggiose donne iraniane hanno rischiato tutto per la libertà», ha ad esempio scritto su Twitter l'attrice britannico-iraniana Nasanin Boniadi.

D'altra parte ha deplorato «la pubblicità» attorno alla vicenda. Tuttavia, poiché la Svizzera difende le libertà fondamentali, deve accettare che tali situazioni possano essere riportate dai media e dalle reti sociali.

Il consigliere federale ha ribadito che la posizione della Svizzera riguardo alla repressione delle manifestazioni di piazza in Iran da parte del regime dopo la morte della giovane Mahsa Amini, fermata dalla polizia perché indossava il velo in modo scorretto, è stata inequivocabile. Ha ricordato le sue condanne in prima persona in diverse occasioni con suoi interlocutori iraniani.

«La situazione non evolve nella direzione auspicata dalla Svizzera», ha dichiarato. Questo è vero sia all'interno che all'esterno del paese, a causa dello stallo dei colloqui sull'accordo sul nucleare e della guerra in Yemen.

In questo contesto, Cassis ha nuovamente difeso il mandato della Svizzera come potenza protettrice per contro degli Usa a Teheran. «Qualcuno deve far passare i messaggi» e questi a volte sono «duri», ha detto.

Cassis non ha commentato la dichiarazione che dovrebbe essere approvata oggi pomeriggio dal Consiglio nazionale a favore dei diritti umani in Iran. Il governo lascia che il potere legislativo faccia il suo lavoro, ha detto.

Il capo del DFAE ha anche indicato di non avere in programma un incontro con il suo omologo iraniano Hossein Amir-Abdollahian, considerato come un falco all'interno del regime e presente a Ginevra oggi.

Alcuni iraniani hanno manifestato oggi sulla Place des Nations, davanti alla sede ginevrina dell'Onu. Varie organizzazioni non governative hanno chiesto di boicottare il ministro degli esteri iraniano.

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