Bellinzona

Caos alla Commercio, la testimonianza: «Sembrava un film, non riuscivamo a crederci»

Il racconto di uno studente su quanto successo ieri mattina: «Non eravamo preoccupati, ma se un nostro compagno si compromette il futuro per un'insufficienza vuol dire che c'è qualcosa che non va»
©Elia Bianchi
Mattia Sacchi
04.06.2024 12:00

La quiete dopo la tempesta. Più o meno. Perché quanto successo ieri alla Scuola Cantonale di Commercio di Bellinzona ha scosso emotivamente molti ragazzi. «Paradossalmente sono più agitato oggi rispetto a ieri, quando non sono riuscito a realizzare tutto quello che stava succedendo», racconta uno di loro al Corriere del Ticino.

«Era tutto surreale: con la mia classe eravamo già in palestra e, verso la fine della lezione, girava voce che ci fosse un intervento della polizia e che un ragazzo fosse armato. Tuttavia abbiamo proseguito tranquillamente le nostre attività. Quando poi siamo andati a cambiarci abbiamo visto che tutti gli studenti delle altre classi sono stati fatti entrare in palestra. Da quel momento è stato un susseguirsi di voci e informazioni, alcune delle quali davvero assurde».

«Personalmente - prosegue il giovane - sia io che il mio gruppo di compagni più stretti non eravamo preoccupati, anche perché sembrava di essere stati catapultati in un film. Più che altro c'era una certa curiosità di capire chi potesse essere ad aver compiuto quel gesto. Dopo un po' comunque sono arrivati il direttore e il vicedirettore per dirci che chi aveva il proprio materiale poteva tornare a casa: io e i miei compagni eravamo già in palestra prima dell'evacuazione, quindi siamo potuti uscire senza problemi. Altri hanno dovuto aspettare anche perché avevano in classe portafogli e cellulari: quando poi sono potuti andare a recuperare gli zaini hanno visto che erano aperti, come se fossero stati perquisiti. Uno di loro mi ha confidato che, per quanto non gli fosse stato rubato nulla, questo lo ha un po' turbato».

Metabolizzata la tensione, emergono i dubbi e le riflessioni degli studenti. «Non riesco a smettere di pensare a come un mio coetaneo abbia potuto compromettere il proprio futuro per un'insufficienza, almeno da quello che ho sentito. Forse c'è un problema più profondo, che unisce chi compie atti così gravi con chi si fa del male da solo, abusando di sostanze o smettendo di mangiare. Negli ultimi anni ho visto dei miei compagni smettere da un giorno all'altro di andare a scuola o addirittura scappare di casa. Ci sono professori che, più che accompagnarci nel nostro percorso, sembrano volerci solo giudicare, facendoci sembrare dei falliti per ogni nostro insuccesso. Non si può giustificare quanto successo ieri, ma dovrebbe essere l'occasione anche per riflettere sulla distanza e sulla spaccatura che c'è tra gli studenti e i docenti. Perché la nostra sensazione è quella di essere dei numeri, del cui destino poco importa. Ma la realtà è che, volenti o nolenti, saremo noi il futuro della società e proprio per questo abbiamo bisogno di essere ascoltati».

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