Il bilancio

Che cosa resta di Joe Biden

A tre giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, un bilancio dell’operato del 46. presidente USA passando in rassegna le principali decisioni in politica estera e in ambito economico, dalle difficoltà legate all’inflazione alla questione palestinese
©BONNIE CASH / POOL
Francesco Pellegrinelli
17.01.2025 19:30

Come verrà ricordato Joe Biden? «Se mi avessero posto questa domanda un anno e mezzo fa, avrei detto: “Un presidente capace di promuovere importantissimi provvedimenti legislativi, di rilanciare l’internazionalismo democratico in materia di politica estera e di rafforzare l’Alleanza Atlantica”. Cosa che effettivamente fha fatto. Oggi, però, temo che Biden verrà ricordato, prima di tutto, come un presidente anziano che non ha capito quando era il momento di farsi da parte».

La sintesi è di Mario Del Pero, professore di Storia all’istituto di Sciences Po di Parigi ed esperto di storia americana. Emblematico, a questo proposito, il duello presidenziale di Atlanta, con Biden incapace di fornire risposte coerenti anche sui temi a lui più familiari. Uno spettacolo umiliante culminato nel passo indietro tardivo e nella simbolica consegna del testimone alla vicepresidente Kamala Harris durante la Convention di Chicago del 9 agosto.

«Eppure, nel 2022, aveva ottenuto alle elezioni di Midterm il miglior risultato degli ultimi 50 anni per il partito di un presidente neoeletto. A quel punto, nel 2023, avrebbe potuto iniziare a pensare al passaggio di consegne. Aveva portato a termine con successo il proprio compito di ponte tra generazioni diverse di politici democratici. Aveva ottenuto importantissimi successi legislativi, rilanciando l’economia del Paese. Non rimaneva che presiedere alle primarie che avrebbero individuato il candidato dem, una scelta che difficilmente avrebbe premiato Kamala Harris». Insomma, la storia - non solo quella di Biden - sarebbe stata probabilmente diversa.

Politiche di sussidio

Subentrato a Donald Trump nel 2021, il 46. presidente degli Stati Uniti eredita un Paese profondamente segnato dalla pandemia. Sul fronte economico, la sua risposta è immediata e vigorosa. L’11 marzo firma l’American Rescue Plan Act, un pacchetto di stimoli economici da 1.900 miliardi di dollari per sostenere le famiglie americane, le piccole imprese e il sistema sanitario. Seguiranno, con crescenti attriti politici, il piano per rilanciare le infrastrutture da 1.200 miliardi di dollari, il monumentale investimento di 2.200 miliardi per la lotta al cambiamento climatico (Inflaction Reduction Act) e il CHIPS and Science Act, concepito per potenziare la ricerca e la produzione nazionale di semiconduttori.

«Biden ha promosso attivamente politiche di sussidio, finanziamento e investimenti pubblici, con l’obiettivo di sostenere la produzione industriale americana, disaccoppiandola da quella cinese. Per quanto l’impatto di questi investimenti si potrà valutare pienamente solo sul lungo periodo, al momento, il bilancio è in chiaroscuro: da un lato, i programmi di investimento pubblico hanno prodotto risultati positivi, evidenziati da indicatori come il basso tasso di disoccupazione e l’aumento dei salari medi; dall’altro, sono emerse alcune criticità, tra cui l’aumento significativo del debito pubblico». Biden, spiega l’esperto, non ha dedicato particolare attenzione a questo aspetto, lasciando in eredità politiche finanziate a deficit.

Il secondo elemento critico che emerge dal suo operato in campo economico riguarda l’inflazione: «Credo che l’alta inflazione abbia avuto un ruolo cruciale nel generare, nella maggioranza degli americani, la percezione di non beneficiare pienamente della crescita economica indotta dagli investimenti, o di trarne vantaggi inferiori a quelli potenzialmente raggiungibili. Questo fattore è stato determinante anche nelle dinamiche elettorali».

Per quanto l’inflazione sia stata riportata parzialmente sotto controllo, secondo Del Pero non si può dire che la battaglia durante il suo mandato sia stata vinta. «Riportare l’inflazione sotto il 3% non cancella gli aumenti di prezzo accumulati negli anni precedenti. I beni più colpiti dall’inflazione, soprattutto nel 2022 e parte del 2023, sono stati quelli di consumo immediato, come alimentari ed energia. Questo rende l’impatto inflazionistico ancora più evidente e tangibile per la popolazione. Quando le uova costano il 40% in più, il latte aumenta del 40% e i prezzi alla pompa di benzina salgono, l’effetto è percepito immediatamente, anche da chi ha un reddito dignitoso ma non abbastanza elevato da non prestare attenzione ai costi quotidiani».

La pancia del Paese

A mettere sabbia negli ingranaggi democratici, accanto all’inflazione, si è aggiunto il tema dell’immigrazione illegale, vero tallone d’Achille della presidenza Biden. Due milioni di ingressi illegali all’anno al confine con il Messico hanno condizionato il dibattito interno, rendendo l’amministrazione democratica un facile bersaglio degli attacchi repubblicani.

«Il tema dell’immigrazione illegale si inserisce in un contesto più ampio di crisi della globalizzazione, che ha incrinato il sostegno a ideali come la libera circolazione delle persone e l’accoglienza umanitaria. Il nazionalismo ruvido e populista di Trump ha fatto leva su queste paure, alimentandole in chiave anti-globalista e anti-immigrazione». Un discorso che, nelle ultime settimane di campagna elettorale, con l’avvicinarsi del voto ha conosciuto una repentina crescita di intensità e virulenza verbale: «Questo nazionalismo presenta una visione dell’America, che viene rappresentata come una nazione bianca e cristiana, con un sottotesto razziale e razzista esplicito», avverte Del Pero. «Trump stesso ha fatto dichiarazioni estremamente divisive, come quella secondo cui gli immigrati «avvelenano il sangue dell’America». Il passo successivo è stato legare al tema immigrazione quello dell’insicurezza. «Con Trump si è diffusa la narrativa secondo cui un’immigrazione poco controllata alimenterebbe la violenza e il crimine nelle città americane. Trump ha spesso descritto gli immigrati illegali come criminali e stupratori, nonostante i dati dimostrino il contrario: chi entra illegalmente negli Stati Uniti ha, in genere, tutto l’interesse a evitare problemi con la legge e a rimanere invisibile».

Dall’Afghanistan all’Ucraina

In politica estera, il percorso di Biden non è stato meno complicato, a partire dal disastroso ritiro delle truppe dall’Afghanistan (negoziato sotto l’amministrazione Trump e sancito dall’accordo di Doha del 2020) costato la vita a 13 marines. «L’agosto 2021 ha rappresentato un momento di umiliazione nazionale, segnato dalle critiche a Biden per le vittime americane nell’attentato all’aeroporto di Kabul, avvenuto poco prima della partenza delle ultime truppe. I repubblicani hanno sfruttato l’episodio per attaccare l’incompetenza dell’Amministrazione Biden». Tuttavia, secondo Del Pero, per l’opinione pubblica americana, l’Afghanistan è presto passato in secondo piano e la vicenda è stata archiviata senza lasciare un trauma profondo. Diversa, invece, la traiettoria politica legata alla guerra in Ucraina. «Inizialmente, l’invasione russa ha generato una forte mobilitazione pubblica e politica negli Stati Uniti, con un ampio sostegno alla linea adottata dall’Amministrazione Biden. Questo clima favorevole si è tradotto in significative maggioranze al Congresso, che hanno approvato i primi consistenti pacchetti di aiuti economici e militari a Kiev». Tuttavia, con il prolungarsi del conflitto e le incessanti richieste di supporto da parte dell’Ucraina, l’entusiasmo iniziale ha progressivamente ceduto il passo all’idea che la responsabilità di risolvere la crisi dovesse ricadere sugli europei o, quantomeno, che gli Stati Uniti avessero già fatto la loro parte».

La questione palestinese

A complicare in chiave elettorale la posizione democratica in politica estera, infine, è intervenuta anche la questione palestinese con il conflitto nella Striscia di Gaza. «All’interno del Partito Democratico, negli ultimi 10-15 anni si è sviluppata una crescente avversione nei confronti del Governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu». La tragedia di Gaza - avverte ancora Mario Del Pero - ha esacerbato queste tensioni. «Nell’elettorato dem, in particolare tra i più giovani, sono cresciute le critiche verso Biden e verso il Segretario di Stato Antony Blinken, accusati di non essere riusciti a contenere la reazione sproporzionata di Israele. I tentativi dell’Amministrazione di avviare piani di pace sono stati spesso ostacolati da Israele, contribuendo alla percezione di un Biden incapace di imporsi in politica estera».