Diritto all'oblio e Internet, dove un nome può rimanere «per sempre»
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In un mondo come quello odierno, dominato da Internet e social media, esiste ancora un vero diritto all’oblio? Si dice che Internet non dimentichi: una volta che un’informazione è pubblicata e divulgata online, potenzialmente, vi rimarrà per sempre. Tesi confermata da Alessandro Trivilini, responsabile del Servizio di informatica forense della SUPSI: «Quando pubblichiamo un’informazione online non è come scrivere a matita, usiamo una penna. Certo, esistono cancellini particolari per tentare di togliere le tracce di queste informazioni, ma è importante sapere che la bacchetta magica non esiste». Si può comunque tentare di eliminare un contenuto online e la prima cosa da fare è chiedere a chi l’ha pubblicato di rimuoverlo, «ovvero, togliere l’informazione dalla base di origine».
Il problema però è che bisogna tenere conto anche delle sue ramificazioni: «L’articolo in questione può essere stato duplicato, salvato, condiviso, inviato. Le ramificazioni su Internet sono potenzialmente infinite perché Internet stesso è infinito. Per questo viene detto che Internet ha memoria. Basti pensare che attualmente esistono circa 80 triliardi di pagine Web». Quindi, anche se è possibile identificare un solo luogo di origine dove il contenuto è stato pubblicato la prima volta, è presto fatto perdere il conto di tutte le possibili ramificazioni sulle quali l’informazione corre. E il lavoro si complica.
La qualità per agire
Ma anche per domandare la rimozione di un articolo dal luogo di origine il percorso non è immediato, spiega il nostro interlocutore. «Il soggetto deve avere la facoltà di farlo: deve innanzitutto essere coinvolto in prima persona e avere un interesse legittimo alla rimozione». Con valide ragioni alla base di questa richiesta. «Ad esempio, se nell’articolo vi sono contenuti offesivi, lesivi della dignità del soggetto, falsi o illegali. In casi simili è possibile anche domandarne la rimozione dai canali social se vi è stato postato, purché questa richiesta non vada a collidere con il permesso inizialmente dato alla piattaforma in modo implicito». Ma più di così a un medium non si può domandare per quanto concerne il diritto all’oblio. Come fare allora per rimuovere le tracce secondarie della pubblicazione, ovvero le famose ramificazioni?
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Parole che hanno un peso
Parlavamo a tal proposito di “cancellini” particolari. «Si tratta di puntuali tecniche di promozione di contenuti pensate per il marketing online», spiega Trivilini. «Si fa in modo che in Rete vengano distribuiti su una corsia preferenziale contenuti che veicolano informazioni positive riguardo a una certa persona, in modo tale che questi vadano a sovrascrivere quelli che invece veicolano le informazioni negative». In sostanza, si usa un sistema in cui alcune parole vengono promosse con strategie di business in modo da essere più facilmente trovate dai motori di ricerca. «Un meccanismo che, portato all’estremo e fatto con costanza, aiuta a far sparire i contenuti negativi dalla lista dei risultati di ricerca online. Al loro posto ci saranno solo quelli positivi». E si tratta di un vero e proprio mestiere: «È svolto da professionisti che sanno come agire e lo fanno con un livello di precisione molto alto», puntualizza l’esperto. «Non è una cosa che potrebbe fare chiunque, sono tecniche informatiche raffinate e specifiche con un effetto nel tempo. Infatti hanno anche un costo».
Cancellare le tracce
Anche se sappiamo che cancellare completamente le proprie tracce da Internet rimane un’utopia, si può comunque cercare di “sparire” eliminando il proprio nome da qualsiasi ricerca e risultato compaia sul Web? «Esistono agenzie che aiutano le persone a far perdere le proprie tracce su Internet, sempre pagando. Il principio è molto simile a quello dei “cancellini” appena spiegato. Ci sono società specializzate in tecniche di marketing di promozione di contenuti e sono molto brave in quello che fanno: sanno trovare le giuste strategie per fare sì che rapidamente altre informazioni vadano a sostituire il dato che vogliamo far sparire. Sono precise e costanti nel farlo, agiscono in modo capillare. Non trovano solo il luogo di origine del contenuto ma anche il maggior numero di fonti digitali che ne parlano, così come tutti i profili social pubblici». Si tratta quindi di deindicizzare le informazioni dalla ricerca sul Web e di sovrascrivere su queste dei nuovi contenuti. «Si immettono le parole alle quali viene associato un peso specifico che attira i crawler (programmi informatici che esplorano la Rete cercando dati, n.d.r.) dei motori di ricerca. Così queste parole compariranno nelle pagine di ricerca invece delle altre, facendo di fatto sparire il contenuto che si vuole nascondere». Certo, non è una cosa che viene fatta e richiesta ogni giorno e non esiste la certezza matematica del successo, «ma c’è domanda in tal senso da parte di persone esposte pubblicamente e la cui vita privata è sensibile».