Il punto

Borse ancora a picco, in attesa di un dietrofront di Trump: «Vicini alla soglia del dolore»

Continua la fase di vendite massicce su tutti i listini mondiali – Zurigo ancora maglia nera in Europa, con lo SMI che torna sui livelli di giugno 2022 – Crolla il Bitcoin e l’oro scende sotto la soglia dei tre mila dollari – Wall Street in attenuazione dopo una «fake news» di una «pausa» sui dazi – L'analisi di Giovanni Barone Adesi
© DPA/Arne Dedert
Dimitri Loringett
07.04.2025 20:30

Per un momento è sembrato che il crollo delle Borse si potesse arrestare: nel pomeriggio l’emittente statunitense CNBC ha diffuso la notizia secondo cui l’Amministrazione Trump avrebbe preso in considerazione una «pausa» di 90 giorni per l’imposizione di dazi a tutti i Paesi (tranne che alla Cina) e improvvisamente sui listini di Wall Street sono tornati i segni positivi. Poi, dopo la secca smentita della Casa Bianca, che ha parlato di «fake news», le Borse sono tornate a scendere. In serata, a Wall Street gli indici di riferimento S&P 500 e Nasdaq 100 hanno chiuso rispettivamente a -0,23% e +0,19%, valori «attenuati» rispetto alle altre piazze ma che non scongiurano ancora il loro scivolamento in territorio «bear market» (mercato ribassista)

L’incertezza rimane infatti ancora molto alta, come dimostra l’ulteriore balzo del VIX Index, l’«indice della paura» che misura la volatilità sulle Borse USA, che oggi è salito fino a toccare quota 60,13. A titolo di paragone, durante le turbolenze di mercato nel marzo 2020, allo scoppio della pandemia, il VIX raggiunse un picco di 85,47, mentre in tempi «normali» l’indice si situa in zona 13-19 punti.

Pure in Europa la «fake news» sui dazi ha sollevato i listini azionari, ma per poco e senza salvarli dalla terza giornata consecutiva di vendite massicce, in cui sono andati finora in fumo 1.924 miliardi di euro di valore di mercato: il super indice pan-europeo STOXX 600 ha chiuso la seduta cedendo il -4,54% e registrando un calo sulla settimana di oltre l’11%. A Zurigo l’indice di riferimento SMI ha perso il 5,16% (maglia nera in Europa assieme al Milano, che ha ha segnato un -5,18%) ed è tornato sui livello di inzio giugno 2022, poco sopra quota 11.000 punti. Sempre a Zurigo, il panico generale ha portato anche a episodi di transazioni con prezzi errati: stando a quanto riferito dall’agenzia AWP, i sistemi di quotazione della Borsa svizzera SIX, presumibilmente sovraccarichi, hanno mostrato stamattina cali di entità inimmaginabile per diverse azioni negoziate. In particolare i titoli EFG International e Swissquote, colpiti da cosiddetti «mistrades» che hanno visto le quotazioni perdere, per pochi istanti, oltre il 60%.

La giornata è comunque iniziata molto male, con i mercati asiatici in caduta libera: il Nikkei di Tokyo ha ceduto il 7,83% mentre il Hang Seng di Hong Kong addirittura il 13,22%. Dall’annuncio di Trump sui dazi reciproci dello scorso 2 aprile a oggi i due principali indici asiatici sono scivolati del 13% e del 15% rispettivamente.

Sul fronte valutario il dollaro ha perso ancora quota, in particolare contro euro che in mattinata ha toccato quota 1,1050, mentre contro franco svizzero il calo è stato più contenuto, con la quotazione minima giornaliera a 84,51 centessimi (il minimo toccato venerdì è stato 84,77 centesimi). Da inizio anno, il «Dollar Index» che misura il valore del greenback contro un paniere di principali valute, è sceso del 5%. In lieve calo anche la parità euro-franco, che oggi è scesa fino a 93,01 centesimi, contro il minimo di venerdì a 93,63. Riguardo all’oro, bene rifugio per eccellenza, i prezzi spot sono calati ulteriormente e andati sotto la soglia dei 3 mila dollari l’oncia, attorno a quota 2.972, pari a circa il 6% in meno rispetto al picco storico di 3.167 dollari l’oncia registrato all’inizio della settimana scorsa. E, infine, oggi si è assistito a un crollo verticale del Bitcoin, a 74.549 dollari, che ha cancellato di fatto i guadagni registrati da inizio novembre scorso quando Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali.

Insomma, le rassicurazioni di Donald Trump in merito al crollo dei mercati finanziari - e alle sue politiche commerciali sulle quali non pare voglia cambiare idea - non convincono per nulla gli operatori. E così, il «risk-off» dagli investimenti in titoli azionari è proseguito, sulla convinzione sempre più diffusa che le politiche commerciali dell’Amministrazione USA porteranno inevitabilmente l’economia americana (e, con essa, quella mondiale) in recessione nel medio termine, mentre nel breve termine l’attesa è di una nuova fiammata inflazionistica, simile forse a quella vissuta dopo lo scoppio della pandemia.

E quando si sente «aria di inflazione», gli investitori cercano rifugio anche nei titoli obbligazionari di Stato, specie quelli del Tesoro USA. Oggi, infatti, i rendimenti dei Treasury statunitensi sono scesi ulteriormente (per l’effetto inverso rispetto al loro prezzo): sulla scadenza decennale, l’«osservato speciale» dei funzionari governativi statunitensi, i rendimenti sono scesi sotto la soglia del 4%, al 3,87%, mentre sulla scadenza a due anni, che dà una misura delle attese degli operatori sui tassi d’interesse sul mercato monetario, sono scesi a 3,46%, il livello più basso dell’ottobre scorso.

Di riflesso, aumenta la pressione sulla Federal Reserve, chiamata a essere più accomodante con la sua politica monetaria. Ricordiamo che l’ultima riduzione dei tassi d’interesse sui Fed funds effettuata dalla Fed risale al dicembre scorso. La prossima riunione dell’istituto di emissione si terrà il 6-7 maggio e gli operatori guardano sempre di più a mosse drastiche, con addirittura cinque riduzioni entro la fine dell’anno, contro le due che la Fed ha lasciato intendere che avrebbe effettuato - a condizione, ha sempre ribadito, che i dati sul rincaro dimostrino segnali di «raffreddamento».

Mentre i crolli in Borsa di questi giorni si apprestano a entrare nell’elenco di quelli storici - che, va detto, sono stati ancora più importanti, si pensi allo scoppio della bolla delle società dot-com a inizi anni Duemila oppure a quello dei subprime nel 2008 - c’è chi guarda più lontano e vede meno nero. Fra questi, Mark Haefele, Chief Investment Officer di UBS Global Wealth Management, che in una nota agli investitori scrive: «Sebbene non crediamo che i mercati stiano ancora valutando appieno una recessione negli Stati Uniti, nel nostro scenario di base vediamo un rialzo entro la fine dell’anno. In tutte le classi di investimento, riteniamo che i mercati offrano opportunità per gestire, monetizzare e “navigare attraverso” l’attuale volatilità». A breve termine, scrive ancora l’esperto di UBS, «il maggiore (anche se improbabile) catalizzatore per i mercati sarebbe un cambiamento di rotta da parte dell’Amministrazione Trump in risposta alla volatilità del mercato e all’incertezza delle imprese. Ciò potrebbe includere un rinvio dell’attuazione delle tariffe reciproche prevista per il 9 aprile». Una possibilità che appare remota.

«Vicini alla soglia del dolore»

Era dai tempi della pandemia che non si vedevano cali così consistenti (e consecutivi) in Borsa. Ma qual è la «soglia del dolore»? «Forse per le Borse europee ci stiamo avvicinando», risponde al CdT Giovanni Barone Adesi, professore emerito di Teoria finanziaria all’USI. «La politica dei dazi di Trump - continua - divide il suo Governo in due campi, fra quelli che spingono sui dazi “perenni”, come il suo consigliere Peter Navarro (soprannominato «tariff man», ndr) e gli esponenti più ragionevoli, come i ministri Howard Lutnick o Scott Bessent, che vedono queste misure come arma negoziale. I mercati si preoccupano quando Trump pende più verso il primo campo».

A influire sui ribassi sono stati anche i «margin call», le richiesta dei broker agli investitori di depositare fondi aggiuntivi nel conto di trading per coprire potenziali perdite. Ancora Barone Adesi: «Sì, questi hanno influito, ma è più preoccupante l’appello dell’EBA (l’Autorità bancaria europea) secondo cui un quarto delle banche europee non hanno abbastanza dollari per far fronte ai loro impegni. Durante la crisi dei subprime la Fed intervenne con degli swap, ma ora con Trump alla Casa Bianca non sappiamo se questo accadrà ancora».

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