Cripto

Che cosa ci insegna la caduta di Sam Bankman-Fried?

In un settore teoricamente dominato dalla decentralizzazione e dalla trasparenza sorprende (ma nemmeno troppo) il tonfo di un singolo che si spacciava per salvatore
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Marcello Pelizzari
13.11.2022 17:00

La domanda, visto quanto successo, è lecita: chi salverà il settore delle criptovalute, ora? O meglio: qualcuno sarà disposto a salvarlo? Sam Bankman-Fried, l’ex enfant prodige, in un solo giorno ha perso il 94% delle sue fortune. FTX, la piattaforma che aveva creato nel 2019, confrontata a una crisi di liquidità tremenda, venerdì ha invece avviato la procedura di bancarotta assistita. L’illusione che un solo uomo, dai modi gentili e dalle entrature importanti, potesse cambiare volto al citato settore, dominato a quanto pare da impostori e pirati, tale si è rivelata: un’illusione, appunto. E ora, beh, il rischio che si crei un effetto domino è reale: BlockFi, una compagnia che Bankman-Fried a suo tempo aveva cercato di aiutare, ha deciso di bloccare, per il momento, i prelievi dei clienti. 

Il Bitcoin era diverso

Nessuno, in realtà, dovrebbe salvare il settore. E questo perché, banalmente, il mondo cripto dovrebbe essere decentralizzato e, di riflesso, trasparente. Oddio, ci aveva provato Binance in questi giorni. Ma il santo non valeva la candela. L’ascesa, peraltro sostenuta da certa stampa e pure dalla politica, e la repentina caduta di Bankman-Fried dimostrano invece quanto l’industria si sia, negli anni, allontanata da questo ideale. A dominare il settore, infatti, c’erano e ci sono personalità dall’ego senza confini e, a ben vedere, poca, pochissima trasparenza.

Eppure, nel 2008 l’ingresso del Bitcoin, la prima criptovaluta al mondo, avrebbe dovuto scardinare l’ancien régime, inteso come finanza tradizionale. Finanza uscita con le ossa rotte dalla crisi dei mutui subprime e senza il minimo appoggio da parte dei cittadini. Quante volte ci è stato detto e ripetuto che il Bitcoin era ed è differente rispetto a tutto ciò che abbiamo conosciuto. La musichetta faceva più o meno così: le transazioni sono registrate su un libro mastro decentralizzato noto come blockchain, che tutti possono vedere e che nessun malintenzionato dovrebbe essere in grado di alterare in modo fraudolento.

Perché, allora, l’impero di Bankman-Fried era tutto fuorché trasparente? È bastato un articolo di CoinDesk, nel quale veniva sottolineato come la società sorella di FTX, Alameda, fosse inzuppata di FTT, il token creato proprio da FTX, per scatenare il caos. A rivelare la debolezza di Alameda, ed è qui che gli amanti delle cripto dovrebbero farsi qualche domanda, è stato un giornalista. Non il sistema stesso.

Il Wall Street Journal, a tal proposito, si è spinto oltre, riferendo che oltre la metà dei soldi provenienti dai clienti di FTX è stata prestata ad Alameda. Tradotto: Bankman-Fried ha usato i depositi dei clienti di un’azienda per sostenere le scommesse di un’altra azienda.

Il pericolo Musk

Bankman-Fried, nel frattempo interrogato dalle autorità, si è assunto subito la responsabilità del crollo. Di nuovo, teoricamente nel mondo cripto – decentralizzato e trasparente – l’errore del singolo o l’amministrazione infedele avrebbero dovuto recitare un ruolo marginale, se non nullo. E invece FTX è solo l’ultimo esempio negativo di una lunga, lunghissima serie. Serie fatta di progetti e nomi altisonanti, con perdite miliardarie e tonfi clamorosi.

Lo stesso Bankman-Fried, dipinto come il Messia, a un certo punto non è più stato in grado di restituire ai clienti i propri soldi. Assurdo. Il culto della personalità lo ha travolto. Secondo gli esperti, è tardi – ora – ribadire di voler sfruttare la blockchain per migliorare la trasparenza della piattaforma.

La lezione, sempre che ce ne sia una, è che l’industria cripto (e chi si relaziona a essa, come ad esempio Lugano con il Plan B) non ha bisogno né di salvatori né di egocentrici alla Elon Musk, che tanti (troppi) danni sta facendo da quando ha preso in mano Twitter. Bankman-Fried ha accumulato capitali e investimenti grazie al suo sorriso e ai suoi modi ineffabili, senza ricevere troppe domande circa i piani e le ambizioni. Mentre tutti si preoccupano della possibile deriva che può prendere Twitter, anche in ottica presidenziali del 2024, allo stesso modo il settore cripto dovrebbe evitare di affidarsi a singoli personaggi. Quantomeno, nel 2008, agli albori del Bitcoin, non erano questi i piani.

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