Da santo a peccatore, l'incredibile parabola di Sam Bankman-Fried
Salutato a suo tempo come il salvatore delle criptovalute, Sam Bankman-Fried è (letteralmente) caduto in disgrazia. Prima il crollo della sua piattaforma, FTX, poi l’arresto alle Bahamas su richiesta del governo degli Stati Uniti. Le indagini, tutte, convergono su un aspetto: la gestione dei fondi dei clienti da parte dello stesso SBF.
Dimessosi dal ruolo di amministratore delegato, l’oramai ex enfant prodige – nelle varie interviste concesse ai media – ha dichiarato di non avere più un ruolo in azienda. Eppure, ha definito un errore la procedura di fallimento e, ancora, si è detto convinto di poter raccogliere la liquidità necessaria per ripagare i citati clienti. Come? Non è dato saperlo.
Le amicizie che contano
Bankman-Fried, conosciuto nell’ambiente con le sue iniziali, SBF, aveva guadagnato i riflettori grazie alla sua mise non convenzionale: scapigliato, amava presentarsi in pubblico con t-shirt e bermuda. E in pubblico, spesso, incontrava personaggio di peso. Da Bill Clinton a Tony Blair, passando per Gisele Bundchen divenuta, assieme all’allora marito Tom Brady, testimonial di FTX. Con tutte le conseguenze del caso, ora.
Di più, Bankman-Fried aveva entrature politiche. Era un donatore importante, basti pensare ai 5,2 milioni di dollari per sostenere la campagna di Joe Biden alle presidenziali del 2020.
Nessuno, ma proprio nessuno, si è reso conto (in tempo) di che cosa stesse succedendo. Il crollo di FTX, per certi versi, è stato favorito dal fatto che SBF era visto come un uomo d’affari esperto. E, di riflesso, abile.
Il ragazzo, soprattutto, aveva una formazione solida. Figlio di due professori della Stanford University, si era fatto le ossa in Jane Street Capital. A colpire erano gli ideali: fare soldi per perseguire l’altruismo efficace, filosofia che persegue il bene dell’umanità e, fra le altre cose, incoraggia la beneficenza.
Le proprietà alle Bahamas
SBF, come avevamo scritto, ha costruito la sua fortuna approfittando delle differenze di prezzo del Bitcoin fra Asia e Stati Uniti. Forbes, l’anno scorso, stimava che Bankman-Fried avesse accumulato fino a 26,5 miliardi di dollari. A lui dobbiamo, come noto, la creazione di Alameda Research e di FTX, la cui valutazione, a gennaio, aveva toccato i 32 miliardi di dollari. Proprio i rapporti fra queste due entità sono oggetto di indagine.
Detto dell’altruismo efficace, qualcosa per forza di cose non ha funzionato. Reuters, ad esempio, ha riferito che negli ultimi due anni FTX, i genitori di Bankman-Fried e molti dirigenti della piattaforma hanno acquistato «almeno 19 proprietà» alle Bahamas, dove ha sede FTX, per un valore di quasi 121 milioni di dollari.
Da quando FTX ha presentato istanza di fallimento, il suo fondatore si è distanziato dall’immagine che ha proiettato negli anni, in particolare presso le istanze politiche. «Erano solo pubbliche relazioni» ha detto, in particolare, in merito al suo impegno per un quadro normativo per le criptovalute. Anche le sue discussioni legate all’etica all’interno del settore, in parte, erano solo di facciata per sua stessa ammissione.
«Non funzionerà»
A un niente dal fallimento, mentre i clienti si affrettavano a ritirare i propri investimenti dalla piattaforma, Bankman-Fried era ancora convinto, anzi convintissimo che l’attività sarebbe proseguita. E che un salvataggio sarebbe arrivato.
Il tracollo, invece, è arrivato e, secondo logica, ha fatto precipitare il Bitcoin ai suoi minimi da due anni a questa parte. Il motivo? Gli investitori temevano, e in parte temono tutt’ora, che i problemi di FTX avrebbero generato un effetto domino diffondendosi anche ad altre società di criptovalute. I dipendenti, loro, sono davvero stati colti di sorpresa. Alcuni hanno espresso, via e-mail, solidarietà ai clienti. Pure Bankman-Fried, al grido «ho fatto una cazzata», a suo modo ha chiesto scusa.
E dire che, in un certo senso, SBF aveva previsto tutto. Lo scorso giugno, infatti, ha affermato che all’inizio di questa avventura non era affatto sicuro che FTX avrebbe funzionato. «Pensavamo di fallire, sì». Perché mai? «Credevo che nessuno avrebbe usato la piattaforma».
E invece la piattaforma è stata usata. Il problema, semmai, è come sono stati poi utilizzati i fondi dei clienti.