Borsa

I dazi USA alla Cina al 145%: e Wall Street affonda

La paura di una guerra commerciale senza esclusioni di colpi fra Stati Uniti e Cina e i timori sui danni che i dazi potrebbero causare all'economia mondiale tornano con prepotenza e affondano i listini americani, alimentando lo spettro di una recessione
©Richard Drew
Ats
11.04.2025 07:10

Il sospiro di sollievo di Wall Street è durato poco. La paura di una guerra commerciale senza esclusioni di colpi fra Stati Uniti e Cina e i timori sui danni che i dazi potrebbero causare all'economia mondiale tornano con prepotenza e affondano i listini americani, alimentando lo spettro di una recessione.

«Stiamo facendo bene, ci sono dei costi di transizione ma alla fine andrà tutto bene», ha cercato, senza successo, di tranquillizzare Donald Trump.

In Europa invece le piazze finanziarie hanno brindato alla tregua di 90 giorni sulle tariffe annunciata a sorpresa martedì dal presidente americano, quando i mercati del Vecchio Continente erano già chiusi. Parigi ha archiviato la seduta in rialzo del 3,83%, Francoforte del 4,53% e Piazza Affari, la migliore, del 4,73%. Complice anche la decisione dell'Unione Europea di sospendere i controdazi varati in risposta al pugno duro americano.

E per quel che riguarda gli attesi negoziati con il Vecchio Continente, Trump è stato chiaro: «Tratteremo con l'Ue come un unico blocco». Dopo aver registrato la migliore giornata dalla seconda guerra mondiale, Wall Street è dunque tornata con i piedi per terra. La realtà è apparsa ben diversa dall'euforia del giorno prima: il Nasdaq è arrivato a perdere oltre il 7% per poi chiudere a -4,31%. Lo S&P 500 è sceso fino al 6% per poi archiviare la seduta a -4,36%, mentre il Dow Jones ha contenuto le perdite al -2,50%. Sotto pressione anche il dollaro, sceso ai minimi dall'ottobre del 2024 nei confronti delle altre valute, e i Treasury, sui quali è tornata ad abbattersi un'ondata di vendite che ha fatto schizzare i rendimenti dei titoli a 30 anni al 4,85%.

Se dopo un rimbalzo forte come quello di martedì un rallentamento è considerato fisiologico, il nuovo crollo di Wall Street affonda le sue radici in motivi reali. La precisazione della Casa Bianca sui dazi alla Cina fa temere uno scontro frontale fra le due superpotenze economiche. Le tariffe Usa nei confronti di Pechino - hanno precisato dall'amministrazione - sono complessivamente al 145%: al 125% annunciato da Trump per i dazi reciproci si somma infatti il 20% deciso in precedenza per il fentanyl.

Contro la stretta americana, la Cina ha fatto entrare in vigore dazi all'84% sul 'made in America' e ha annunciato che importerà meno film dagli Stati Uniti colpendo così quella Hollywood simbolo degli States. «Vogliamo che il mondo ci tratti giustamente: stiamo lavorando con molti Paesi» su un accordo sui dazi, ha detto il tycoon nel corso di una riunione con i suoi ministri. «Stiamo facendo una cosa che andava fatta 20 o 40 anni fa», ha affermato il presidente, precisando che le tariffe stanno portando nelle casse americane due o tre miliardi di dollari al giorno.

Parole che non hanno calmato gli animi a Wall Street, dove non ha avuto alcun effetto neanche il rallentamento dell'inflazione. Il perdurare delle tensioni sul dollaro e sui Treasury - uno dei motivi principali che hanno spinto Trump ad annunciare una pausa nei dazi - continua infatti ad agitare gli investitori mostrando come il primato americano sui mercati finanziari è messo in pericolo dai dazi. A innervosire è anche la pausa di 90 giorni che, secondo alcuni osservatori, prolunga l'incertezza e non offre nessuna garanzia che un accordo, alla fine, venga raggiunto.

L'approccio Paese per Paese che l'amministrazione intende usare per siglare intese commerciali suscita dubbi perché allunga i tempi e l'incertezza, sulla quale pesa anche l'imprevedibilità di Trump che, con un semplice messaggino su Truth, potrebbe cambiare radicalmente la situazione in un senso o in un altro. Come ha ampiamente dimostrato di poter fare. L'unica nota positiva per gli investitori è che il segretario al Tesoro Scott Bessent, colomba amica di Wall Street, ha preso la partita dei dazi in mano, sottraendola almeno in parte ai falchi Peter Navarro e Howard Lutnick, rispettivamente il consigliere e il segretario al commercio di Trump. Lascia bene sperare anche il via libera della Camera alla risoluzione per il budget del presidente che apre la strada a un taglio delle tasse.