L'arresto di Bankman-Fried e il legame con Alameda Research
«Frode e riciclaggio di denaro». Queste, secondo alcune indiscrezioni, le accuse che avrebbero portato nelle scorse ore all'arresto, alle Bahamas, di Sam Bankman-Fried, co-fondatore ed ex CEO di FTX. Un mese fa, il suo impero cripto era crollato improvvisamente, confrontato a una tremenda crisi di liquidità. E ora, dopo settimane di speculazioni sull'uso improprio dei fondi affidatigli dai clienti, il governo statunitense ha presentato un'accusa penale.
Il legame con Alameda
Nelle prossime ore, ha fatto sapere il procuratore del Southern District of New York, Damian Williams, il caso verrà reso pubblico. Nel frattempo non restano che le indiscrezioni. Da mesi, aveva fatto sapere a fine novembre l'ufficio del procuratore, le autorità di Manhattan indagavano su FTX. Al centro dei sospetti, rivela Bloomberg, la possibilità che Bankman-Fried (noto come SBF) abbia utilizzato impropriamente i fondi dei propri clienti, dirottandoli alla società di trading Alameda Research, anch'essa fondata da SBF e fallita il mese scorso. Ad Alameda, spiega il Financial Times citando il nuovo CEO di FTX John Ray III (nominato da un giudice per gestire la bancarotta), sarebbe stato concesso di utilizzare i fondi di FTX «senza alcun limite effettivo». Un rapporto profondo e poco trasparente, quello tra i due gruppi di asset digitali, che sarebbe al centro del disastro che ha portato alla scomparsa dell'impero da 32 miliardi di dollari. Bankman-Fried, lo ricordiamo, aveva a lungo dichiarato che i due gruppi operavano in modo indipendente. E dopo il loro crollo aveva affermato di non aver mai voluto commettere una frode, ma aveva ammesso: «Ho fatto un casino».
Nella sua testimonianza scritta, pubblicata prima dell'udienza prevista per oggi, Ray ha affermato che i beni dei clienti di FTX «sono stati "mescolati" con quelli della piattaforma di trading di Alameda». Questa, poi, avrebbe «utilizzato i fondi dei clienti per effettuare operazioni di trading, esponendoli a perdite massicce». La filiale statunitense di FTX (la società ha sede principale alle Bahamas, proprio dove Bankman-Fried è stato arrestato), costituita come entità separata dalla borsa internazionale, «non era gestita in modo indipendente». Ciò avrebbe portato al fallimento di entrambe le entità negli Stati Uniti per evitare il «panico bancario», ha dichiarato il nuovo CEO di FTX.
Ma di chi è la colpa? A una settimana dal crollo, Ray era stato chiaro: «Mai visto una mancanza così totale di controlli». E nella sua testimonianza scritta, che verrà letta oggi in tribunale, lo ha ribadito. In sostanza, FTX sarebbe crollata a causa della «concentrazione del potere nelle mani di un gruppo molto ristretto di individui, grossolanamente inesperti, i quali non hanno implementato praticamente nessuno dei sistemi o dei controlli necessari per un'azienda a cui vengono affidati soldi o beni altrui». John Ray, rivela il Financial Times, ha elencato diverse «pratiche di gestione inaccettabili». Come l'accesso, da parte dei dirigenti, ai sistemi che custodivano i beni dei clienti, «senza controlli di sicurezza che impedissero loro di reindirizzare tali beni».
Prove importanti
Ora, dicevamo, Sam Bankman-Fried è stato arrestato. Detenuto alla stazione di polizia di Cable Beach, a Nassau (a pochi chilometri dalla sua abitazione) sta aspettando l'estradizione. La giustizia sembrerebbe essersi mossa rapidamente. Una velocità che ha portato ad alcune supposizioni: «Non era necessario incriminarlo così presto. Ciò mi fa pensare che nei suoi confronti siano già venute alla luce prove importanti», ha dichiarato Gene Rossi, ex procuratore federale, intervistato da Bloomberg. «I procuratori dovevano avere la seria preoccupazione che Bankman-Fried potesse fuggire in un Paese dove evitare l'estradizione».
«Un truffatore statunitense»
Intanto, una curiosità: la pagina Wikipedia italiana di Sam Bankman-Fried si è (potremmo dire, impropriamente) portata avanti sulla giustizia statunitense. Tanto che l'ex enfant prodige del cripto è già definito «un truffatore statunitense».