La tendenza

Elon Musk sale? E allora molti scendono (da X)

L'evoluzione dell'imprenditore, attraverso l’elezione di Trump, ha generato un impatto sul social - Sorice: «Il problema è che affidiamo a piattaforme private un ruolo pubblico»
© AP/MATT ROURKE
Paolo Galli
14.11.2024 20:30

Sì, media e politici - ma anche personaggi dello spettacolo - stanno lasciando X a suon di annunci in nome della democrazia. Non mancano i rimpianti per quel che Twitter è stato, ma soprattutto le preoccupazioni per quel che il mondo è e sarà. Per l’influenza di una piattaforma social sulla vita globale e sociale. Il Guardian l’ha definita «tossica». E la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider ha parlato di «profondo cambiamento». Ha detto: «Questa piattaforma non corrisponde alla cultura del dibattito alla quale desidero partecipare. Ho quindi deciso di abbandonarla». Il collega di partito Beat Jans, interrogato dal Blick negli scorsi giorni, ha sottolineato che il social «diffonde falsità e odio, contribuendo alle divisioni nella società». E questo anche a fronte di una riconosciuta imprescindibilità istituzionale, ben riassunta dalle parole di Nicolas Bideau, portavoce del DFAE, il quale, sempre al Blick, ha parlato di «piattaforma di riferimento» per la diplomazia internazionale. «È essenziale per una comunicazione efficace in situazioni di crisi, offrendo un livello di reattività e visibilità cruciale per raggiungere i pubblici chiave - ministri, governi, politici, media - che si aspettano una reazione rapida su argomenti sensibili».

Una seconda ondata

Insomma, da una parte abbiamo l’importanza di esserci, comunque, e dall’altra la voglia - di una certa parte del mondo occidentale - di andarsene sbattendo la porta. Per leggere questa situazione, abbiamo coinvolto Michele Sorice, ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Dipartimento di Comunicazione e ricerca sociale della Sapienza. Ci dice: «In relazione a X, ricordiamo che c’era già stata una prima ondata di abbandoni quando Musk lo ha rilevato. Un’ondata che aveva portato a un contemporaneo incremento di accessi al cosiddetto fediverso, cioè alla rete di server condivisi e orizzontali. Un’alternativa scelta da alcune università, enti di ricerca e istituzioni varie». Non siamo allora di fronte a un fenomeno inedito. Le posizioni e le esternazioni di Musk ora hanno generato un rilancio del fenomeno. «Non solo, decisivo è il fatto che ora Musk ha un incarico ufficiale e che è diventato una sorta di ministro. Dirigerà un’agenzia governativa, il che ha creato un’ulteriore problematicità rispetto ai potenziali conflitti di interesse». Una fuga che potrebbe premiare, nuovamente, le reti alternative e orizzontali, senza proprietari. Reti più «trasparenti», come le definisce Sorice. «Il fatto che molte istituzioni pubbliche e private, università e istituti di ricerca, decidano di comunicare attraverso il fediverso, dimostra come queste forme alternative possano anche funzionare».

Gli spazi alternativi

Fa poi riflettere il fatto che, alla crescita di importanza - diciamo così - di Musk in America, abbia reagito (lasciando X) anche parte dell’opinione pubblica europea. Una planetizzazione del pensiero? «Sì, è così. Ma c’è dell’altro, qualcosa anche di preoccupante e su cui, anche in Europa, abbiamo aperto gli occhi troppo tardi. Mi riferisco al fenomeno delle piattaforme private, le quali sono fondamentalmente spazi pubblici dentro cui dialogano cittadine e cittadini, elettrici ed elettori, ma anche istituzioni e leader politici. Quando l’allora presidente uscente Donald Trump fu sospeso da Twitter perché aveva violato i termini di servizio, si sollevarono alcune questioni. Sì, perché eravamo di fronte alla sospensione di una personalità pubblica, con una carica istituzionale, da parte di un servizio privato, il quale però offriva uno spazio pubblico di discussione. Insomma, ci si chiedeva: ma chi ha ragione?». Il problema, in Europa, secondo Sorice non fu capito. «Le piattaforme private, infatti, esercitano un ruolo pubblico. Sono interessanti, certo, ma restano private. Banalmente, possono decidere di chiudere da un momento all’altro, ne hanno tutti i diritti. E allora perché continuiamo ad affidare a queste piattaforme private spazi di discussione pubblica, anche tra cittadine, cittadini e istituzioni? Mi sembra una forzatura, tale che meriterebbe quantomeno una riflessione. Molti di noi ricercatori nelle scienze sociali, per esempio, utilizziamo un’istanza orizzontale. La domanda è: perché non possono farlo anche le istituzioni pubbliche?». Già, perché? «Semplice. Perché i colossi del Big Tech raggiungono milioni di persone, mentre le alternative molte di meno. E c’è una sorta di pigrizia da parte delle istituzioni pubbliche europee, che non spingono su altri servizi che possono garantire maggiore trasparenza e maggiore indipendenza, servizi tra l’altro che potremmo collocare nel territorio europeo». Gli esempi non mancherebbero, secondo il professore. «Basti pensare a Proton, servizio di posta elettronica che ha sede proprio in Svizzera e che garantisce comunicazioni altamente sicure, un servizio indipendente dai Governi e da ogni possibile influenza esterna. Una piccola esperienza di nicchia, nata al CERN e cresciuta nel corso degli ultimi anni. Gli spazi ci sono». Le esperienze ci sono, anche se appaiono marginali.

Non una questione di singoli

Paradossalmente, la salita al potere di Musk potrebbe agire da leva e consentire a molti di aprire gli occhi sui rischi legati alle piattaforme private. Musk che oggi è vissuto come uno spauracchio in termini di verità, di informazione sana. Ma Sorice raddrizza la mira. «L’era della lotta alla disinformazione è finita da tempo. Ora viviamo nell’epoca della disinformazione, che è sistemica. Parlare di disordine informativo significa far riferimento al fatto che esista un ordine, un ordine dell’informazione: in realtà non c’è più. Noi viviamo nel disordine sistemico dentro cui ci sono sacche di resistenza date dalle testate indipendenti, autonome e libere». Il professore sottolinea: «Non penso che Musk, da solo, rappresenti il male. Sarebbe riduttivo e ingenuo, pensare che sia quello il problema. Il problema è che abbiamo poche aziende globali che gestiscono tutte le informazioni e le tecnologie, e che hanno un controllo assoluto sulla diffusione dei contenuti informativi». E allora il rischio per l’informazione e la libertà si nasconde proprio nella mancanza eventuale di alternative. «Personalizzare la questione - ribadisce ancora Sorice - sarebbe sbagliato. Musk è l’elemento più eclatante e può rappresentare un pericolo, ma non ne esagererei la portata».

L'attacco del Guardian

«Volevamo far sapere ai lettori che non pubblicheremo più nulla attraverso account editoriali ufficiali del Guardian sul sito di social media X (ex Twitter). Pensiamo che i vantaggi di essere su X siano ora superati dagli aspetti negativi e che le risorse potrebbero essere meglio utilizzate per promuovere il nostro giornalismo altrove». Iniziava così, mercoledì, l’articolo del Guardian dal titolo «Why the Guardian is no longer posting on X». E poi le spiegazioni, con una premessa: «È qualcosa che stavamo prendendo in considerazione da un po’ di tempo, dati i contenuti spesso inquietanti promossi o trovati sulla piattaforma, tra cui teorie cospirative di estrema destra e razzismo». Quindi, eccoci con la vera motivazione: «La campagna elettorale presidenziale degli Stati Uniti è servita solo a sottolineare ciò che da tempo stavamo osservando: che X è una piattaforma mediatica tossica e che il suo proprietario, Elon Musk, è stato in grado di usare la sua influenza per plasmare il discorso politico». Un’accusa per nulla velata, quella del quotidiano londinese indipendente. «I social possono essere uno strumento importante per le organizzazioni giornalistiche e possono aiutarci a raggiungere nuovi pubblici, ma, a questo punto, X gioca un ruolo ridotto nella promozione del nostro lavoro». Va sottolineato che il Guardian ha più di 80 account su X, con circa 27 milioni di follower. Pronta è stata, sempre mercoledì, la replica dello stesso Musk, che ha giudicato il Guardian «irrilevante» e «una vile macchina di propaganda». Da ricordare che, intanto, i maggiori quotidiani francesi, fra cui Le Monde, Le Figaro e Le Parisien, stanno intraprendendo contro X un’azione legale. X starebbe utilizzando i contenuti prodotti dalle redazioni senza pagare. In violazione, quindi, dei diritti accessori previsti dalla legge francese. Introdotti da una direttiva europea e incorporati nella legge francese, i diritti accessori richiedono alle piattaforme digitali di compensare gli editori di notizie quando ridistribuiscono i loro contenuti. Piccola nota finale: Bluesky, il social decentralizzato lanciato da Jack Dorsey, già fondatore di Twitter, ha guadagnato un milione di follower dopo le elezioni americane. Bluesky ha una piccola base di utenti rispetto alle principali piattaforme, ma offre alle persone un maggiore controllo su ciò che vedono.

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