Eredità falsa, condanna vera
Aveva fatto credere alla sua vittima che avrebbe potuto ricevere una grossa eredità lasciata da un parente morto. Bastava solo versare i soldi necessari per la transazione. Tutto costruito ad arte, tutto falso. Vera, invece, la condanna a tre anni e mezzo che l'imputato, un avvocato italiano residente e attivo nel Luganese, dovrà scontare in Ticino e dopo la quale verrà espulso dal territorio elvetico per otto anni. L'uomo è stato riconosciuto colpevole di truffa e questo anche ai danni del nostro Paese, per aver incassato dei crediti Covid non dovuti. Le motivazioni della sentenza sono state lette questa mattina dal giudice Amos Pagnamenta, che ha ritenuto la vittima dell'inganno dell'eredità "credibile, lineare e costante", al contrario dell'imputato. "Inizialmente ha tentato di chiamarsi fuori dicendo che non ne sapeva nulla dell'operazione, salvo poi dover ammettere il contrario. Le sue dichiarazioni - ha proseguito il presidente della Corte - sono risultate poco verosimili e non convincenti se confrontate con i fatti". L'unico elemento a suo favore? Il fatto di essere stato "solo" la pedina di un'organizzazione criminale. "Comunque era ben inserito nel meccanismo truffaldino, fin dal principio. Era perfettamente consapevole del piano e ricopriva un ruolo importante per conquistare la fiducia delle persone raggirate". Era il tramite che avrebbe permesso loro d'incassare l'eredità. Mai un condizionale fu più d'obbligo.
Giuridicamente il reato di truffa è "pacificamente dato", come sottolineato da Pagnamenta, anche se non per tutti e cinque i casi considerati nell'atto d'accusa dalla procuratrice pubblica Chiara Borelli, che aveva quantificato il danno totale in quasi venti milioni di dollari. Le vittime citate sono cittadini nordamericani. Per quattro di esse, "la Corte non ha ravvisato elementi sufficienti per confermare l'inganno astuto", che è il presupposto della truffa. Riconosciuta invece la truffa che l'imputato ha compiuto ai danni dello Stato incassando crediti Covid non dovuti. "Le cifre d'affari che aveva indicato per le sue società erano scorrette, perché si trattava di società dormienti". Scatole vuote, meri strumenti. "La sua colpa è grave" ha concluso il giudice. "Ha agito a puro scopo di lucro tradendo la fiducia di chi si era rivolto a lui come legale, e danneggiando così l'immagine della piazza finanziaria ticinese". Praticamente nulle le attenuanti. "Ha negato anche l'innegabile, non assumendosi le sue responsabilità". Per l’uomo, difeso dall’avvocato Michele Rusca, la procuratrice aveva proposto una pena di sei anni di carcere.
Come avevamo spiegato nella cronaca del dibattimento, le vittime venivano agganciate via email e telefonicamente e ingannate grazie a un raffinato meccanismo di menzogne e documentazione falsa da parte di fittizi istituti fiduciari e bancari. In sostanza, uno dei truffatori avvisava la vittima di essere beneficiaria di importanti eredità lasciate da un parente deceduto. I soldi, però, sarebbero arrivati attraverso banche italiane e per questo gli ereditieri dovevano appoggiarsi a un intermediario (il cui nome si è rivelato falso) il quale spiegava loro della necessità di acquistare una società con sede e conti bancari in Svizzera. Ed è qui che entrava in scena l’imputato, mettendo a disposizione le sue SA dormienti a prezzi altissimi. Oggi la giustizia gli ha presentato il suo conto.