Faccia a faccia decisivo stanotte tra Kamala Harris e Donald Trump
Fino a una dozzina di settimane fa, più o meno all’inizio dell’estate, giornalisti, massmediologi e strateghi a vario titolo delle competizioni elettorali sostenevano il tramonto (se non, addirittura, la fine) della storica importanza attribuita, negli Stati Uniti, ai dibattiti presidenziali in Tv.
I cambiamenti strutturali della società, la prepotente irruzione sulla scena dei social media, il progressivo appannamento dei classici mezzi di comunicazione lasciavano supporre - e, in qualche modo, giustificavano - un approccio diffidente verso le dinamiche tradizionali delle corse al voto. Poi, il 27 giugno, Joe Biden è salito sul palco della CNN, ad Atlanta, per confrontarsi con Donald Trump. E tutto è tornato, d’improvviso, alla casella di partenza. La disastrosa apparizione in video di un presidente incapace di reggere l’urto di una discussione con il proprio avversario ha ribaltato molti giudizi. Balbettare idee confuse in diretta davanti a 50 milioni e più di cittadini elettori è stato un colpo definitivo, da cui Biden non si è più rialzato.
Uno scenario chiarissimo
«Il dibattito no», urlava Nanni Moretti nel suo primo film, Io sono un autarchico. E invece, il dibattito sì. Eccome. Perché proprio davanti alle telecamere, l’una di fronte all’altro, i due contendenti alla presidenza possono trovare il modo di convincere la parte di elettorato ancora incerta. Quel pezzo d’America che, come sempre, deciderà alla fine le sorti della contesa per la Casa Bianca. Lo scenario è chiarissimo. Spente le luci della convention di Chicago, esaurito lo slancio della novità, la rincorsa di Kamala Harris si è sostanzialmente conclusa. La vicepresidente ha in pratica recuperato l’intero svantaggio accumulato da Biden e adesso è sostanzialmente alla pari con Trump nei sondaggi. In tre dei sette Stati chiave nei quali l’esito del voto resta incerto - Wisconsin, Michigan e Pennsylvania - Kamala Harris è tuttora in vantaggio, sebbene di misura. Negli altri quattro Stati - Nevada, Georgia, North Carolina e Arizona - i sondaggisti sono talmente prudenti da non assegnare a uno dei due candidati la possibile vittoria. «Questo -ha scritto ieri il New York Times - conferma che l’elettorato di Donald Trump è fermo e non intende abbandonarlo, nonostante la sua aggressività». Motivo per cui, «il dibattito di domani a Filadelfia può risultare decisivo, per convincere gli ultimi, pochi, elettori indipendenti che non hanno ancora scelto con chi schierarsi».
Kamala Harris sa che la diretta Tv può permetterle di entrare efficacemente in contatto con la sottile fetta di elettori tuttora indecisi, magari con quelli più preoccupati per un’economia non troppo brillante o ansiosi di capire che cosa ciascun candidato vuole fare per migliorare le loro vite. E sa anche che il dibattito sarà una corsa per definire sé stessa e il suo marchio politico prima che lo faccia Trump.
«Non si può voltare pagina quando si è singolarmente responsabili dell’attuale incubo economico e di confine che il nostro Paese sta vivendo», ha attaccato però nei giorni scorsi Jason Miller, consigliere senior dell’ex presidente repubblicano, rispondendo a una domanda sulla strategia in vista del dibattito di stanotte e rivelando l’obiettivo del campo repubblicano: stringere Kamala Harris in difesa, costringerla in qualche modo ad assumersi la responsabilità delle scelte meno popolari dell’amministrazione Biden. Le stesse su cui Trump martella dall’inizio della campagna elettorale: l’alto costo della vita, il caos internazionale, le guerre in Ucraina e in Medio Oriente, la sicurezza pubblica e l’immigrazione. «Kamala Harris non è la candidata per il cambiamento né è la candidata del futuro - ha ripetuto Karoline Leavitt, portavoce della campagna di Trump - Kamala Harris è la vicepresidente in carica e, che le piaccia o meno, è responsabile delle crisi economiche, dell’immigrazione e della politica estera degli ultimi quattro anni».
Il gioco delle provocazioni
La posta in gioco nei 90 minuti di confronto in programma stanotte, gli unici nei quali i due sfidanti si affronteranno di persona, è diventata, a questo punto, la più alta nella politica americana da molti anni a questa parte. Il dibattito rappresenta un’autentica sfida per Kamala Harris, la quale dovrà decidere se e in che modo prendere le distanze dal presidente Biden e dalle sue politiche. «Può elogiare Biden e parlare dei risultati, ma anche riconoscere che il lavoro non è finito», ha suggerito Bakari Sellers, ex commentatore politico della CNN. E in effetti, la vicepresidente si trova in una via stretta: deve necessariamente rimanere fedele a Biden, ma anche velatamente allontanarsene. Per farlo, ha la necessità di non farsi trascinare su terreni politicamente impervi e di andare, piuttosto, all’attacco su questioni a lei favorevoli: l’aborto, ad esempio, il tema sul quale Trump è più vulnerabile. Nello stesso tempo, dovrà tentare in ogni modo di far emergere gli istinti più autodistruttivi di Trump, trascinarlo nello scontro verbale: eventualità, questa, temutissima dallo staff dell’ex presidente, il quale più volte in passato ha dimostrato di non avere alcun rispetto per le regole del fair play politico.
Non è quindi un caso se ieri mattina, intervistata in radio alla WHTA di Atlanta al Rickey Smiley Morning Show, Kamala Harris ha detto provocatoriamente di attendersi da Trump «menzogne durante il dibattito di martedì: mi sto «preparando per queste falsità - ha aggiunto - Non c’è un piano per lui in termini di quanto in basso andrà. Dovremo essere preparati a questo. Dovremo essere preparati al fatto che non sente mai il peso di dire la verità».
Ma nel gioco delle provocazioni, il tycoon newyorkese non sta certo a guardare. E sul suo social, Truth, ha cominciato a insinuare, senza averne le prove, che il dibattito sulla ABC possa essere «truccato» a favore della vicepresidente. «ABC è la peggiore rete in termini di equità - ha scritto Trump - Pensi che la ABC darà a Kamala tutte le domande in anticipo? Sappiamo già che i suoi compari dei media liberal farebbero qualsiasi cosa per impedirle di sentirsi in imbarazzo nello stesso modo in cui lo è stato Biden. Sto entrando in questa situazione di svantaggio, ma non paura di nulla».
Non cambiano le regole del confronto
Non cambiano le regole per il dibattito presidenziale. L’uscita di scena di Joe Biden e l’ingresso nella sfida di Kamala Harris non hanno modificato il canovaccio stabilito mesi fa per i confronti televisivi tra i due più importanti candidati alla Casa Bianca. Quanto stabilito inizialmente, quindi, è stato confermato. Nonostante le proteste, nemmeno troppo velate, dello staff di Harris. Il quale avrebbe voluto che almeno una cosa cambiasse rispetto al dibattito tra Biden e Donald Trump andato in onda sulla CNN il 27 giugno scorso: ovvero, il silenziamento dei microfoni.
Niente audio aperto, quindi. Durante il proprio intervento, ciascuno dei contendenti non potrà essere interrotto verbalmente dall’altro. Una condizione che i democratici avevano posto come necessaria per dare l’ok al confronto tra Biden e Trump e che, adesso, i consiglieri del tycoon giudicano indispensabile nel faccia a faccia con Kamala Harris. E questo, a dispetto del fatto che lo stesso Trump, in un comizio in Viriginia alla fine di agosto avesse parlato del silenziamento del microfono come di qualcosa che non lo interessava.
In una lettera alla ABC, il canale che trasmetterà domani notte il dibattito, i consiglieri di Harris hanno scritto che «la vicepresidente, una ex procuratrice, sarà svantaggiata da questo format, il quale servirà invece a proteggere Donald Trump dagli scambi diretti. Sospettiamo che questa sia la ragione principale dell’insistenza della sua campagna sui microfoni silenziati».
Come a giugno, così domani ai candidati saranno concessi due minuti per rispondere alle domande dei moderatori e altri due minuti per confutare le affermazioni dell’avversario. Non potranno, Trump e Harris, porsi invece domande a vicenda, né consultare appunti o scambiarsi opionioni nelle pause con lo staff.
Anche stavolta non ci sarà pubblico in sala. Il confronto si terrà al National Constitution Center di Filadelfia e sarà moderato da David Muir e da Linsey Davis. Muir, conduttore di World News Tonight, è, uno dei personaggi televisivi più popolari del Paese. Davis è invece la conduttrice domenicale di World News Tonight e ha condotto due dibattiti delle primarie democratiche durante la campagna del 2020.