Stati Uniti

Fuggire da Milton «costa troppo»: ecco perché c'è anche chi rimane

L'arrivo dell'uragano riaccende i riflettori sulle disuguaglianze sociali ed economiche – A complicare le cose il fatto che rifugi e hotel fossero già pieni per colpa di Helene – Ma c'è anche chi non vuole abbandonare la propria casa o gli animali domestici
C'è chi in questi giorni ha fatto provviste. © CRISTOBAL HERRERA-ULASHKEVICH
Red. Online
09.10.2024 18:45

L'appello di Jane Castor, sindaco di Tampa, in Florida, è significativo: «Se scegliete di restare morirete» aveva detto giorni fa, quando Milton era ancora lontano, rivolgendosi ai cittadini. Le testimonianze, anche vicine a noi, pensiamo ad esempio al ticinese Giampiero Fuentes, d'altro canto sono drammatiche: l'uragano, questo uragano, fa paura. Parecchia. Colpa, anche, del cambiamento climatico, che ha reso questi «bestioni» ancora più pericolosi. Le autorità, da tempo oramai, sono impegnate in uno sforzo senza precedenti per consentire alla popolazione di correre al riparo. Lontano, il più possibile, dalla scia che seguirà Milton. Eppure, non tutti in queste ore sono riusciti a lasciare le aree che toccherà l'uragano. Perché?

Secondo Cara Cuite, esperta della Rutgers University, le ragioni per cui le persone non lasciano le proprie abitazioni nonostante gli avvertimenti delle autorità sono, essenzialmente, due. C'è chi, come scrive il Guardian, non crede di essere così a rischio o, peggio, ritiene gli avvertimenti un'esagerazione e c'è chi, invece, non può fuggire. Sarebbero pochi, a detta di Cuite, coloro che non ritengono Milton una minaccia. Considerando, proprio, gli sforzi delle autorità. Quanto a chi, invece, è impossibilitato a lasciare le zone più pericolose, vanno prese in considerazione diverse criticità.

Fuggire «costa troppo»

La prima di queste criticità è legata a fattori economici. Secondo una stima della Federal Reserve del 2023, riferisce sempre il Guardian, quasi il 40% degli americani non è in grado di spendere 400 dollari, in contanti, per un'emergenza medica. Parallelamente, uno studio del 2021 indica che la spesa media durante le evacuazioni in Texas per l'uragano Harvey è stata di 1.200 dollari. Chi si muove per conto proprio, banalmente, deve sobbarcarsi le spese per benzina (sempre che ve ne sia a disposizione), albergo, viveri e qualsiasi altro bene di prima necessità. Lo stesso dicasi per chi, in Florida, ha deciso di affidarsi a un volo aereo. A patto, ovviamente, di riuscire a raggiungere un aeroporto aperto. Alcune compagnie sono state accusate di aver praticato prezzi esorbitanti mentre in tanti, tantissimi cercavano di scappare. Altre, invece, hanno affermato di aver ridotto sensibilmente i prezzi proprio per venire incontro ai bisogni della popolazione. 

Cierra Chenier, scrittrice e storica di New Orleans, ritiene che le disuguaglianze vengano esacerbate da situazioni di emergenza come quella in Florida. «E sono sempre le comunità più vulnerabili a soffrire di più». Prima dell'arrivo di Milton, il Dipartimento della sanità della Florida ha dispiegato quasi 600 veicoli di emergenza per supportare le evacuazioni, mentre la divisione della Florida per la gestione delle emergenze sta offrendo navette gratuite per l'evacuazione verso i rifugi. L'Agenzia federale per la gestione delle emergenze (FEMA) si è già attivata per sostenere finanziariamente le persone colpite da Helene. Ma appare evidente come non tutti i bisognosi riusciranno a ricevere un sostegno.  

Rifugi già pieni

Detto dei soldi, c'è anche una criticità logistica. Molte strutture fra rifugi, alberghi e case in affitto sono piene. E questo proprio a causa di Helene. Interrogata dal Guardian, Stacy Willet, docente di Gestione delle emergenze e sicurezza interna presso l'Università di Akron, ha spiegato che la mancanza di luoghi prestabiliti per l'evacuazione potrebbe avere un impatto sulle reali possibilità delle persone di partire. «È sufficiente far sapere alle persone che hanno un posto in cui andare e una casa in una zona sicura ad aspettarli perché si convincano a lasciare le proprie abitazioni». Il punto, tuttavia, è proprio che molti non hanno una rete di supporto, fra famiglia e amici, in grado di trovare delle sistemazioni alternative. Detto in altri termini: con i rifugi e gli alberghi a distanza ragionevole strapieni, tante persone o percorrono distanze «estreme» per mettersi al riparo o, più prosaicamente, cercano di superare la tempesta. 

Cuite, fra le altre cose, ha fatto notare anche che le persone con disabilità o malate, senza un luogo accessibile e vicino, incontrano difficoltà ancora più grandi. Va poi ricordato che molti rifugi non sono adatti agli animali domestici o, nella migliore delle ipotesi, possono accoglierli in un numero limitato. C'è chi, allora, ha scelto di rimanere vicino al proprio compagno a quattro zampe. «A volte le persone rimangono per proteggere la loro casa o per proteggere i loro animali che non possono portare con sé» ha detto Cuite al riguardo. «Nelle zone più rurali non si tratta solo di animali domestici, ma anche di animali da fattoria. Le persone si sentono responsabili nei confronti delle abitazioni e di questi animali».

E se l'addio fosse definitivo?

Infine, c'è la paura che l'evacuazione si trasformi in uno spostamento «a vita». In una sorta di trasloco. Secondo le stime, 1,5 milioni di persone che lasciarono la Louisiana prima dell'uragano Katrina non riuscirono più a fare rientro alle loro abitazioni. Per chi, in passato, ha già sperimentato uno o più sfollamenti a causa dei disastri naturali, questa paura è chiaramente più forte. Di qui il tentativo di rimanere e cercare di sopravvivere al passaggio di Milton. Ancora Chenier: «Qual è la strategia per garantire che le persone abbiano diritto alle loro case o a una casa al loro ritorno?».

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