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Gilles Marchand: «Tagli inevitabili, nessuna regione è al riparo»

Il direttore generale della SSR al CdT: «Se la proposta del Governo per ridurre il canone da 335 a 300 franchi venisse adottata, avrebbe un impatto significativo sui servizi di programmazione della SSR (sport, musica e cultura svizzera) e sui servizi di informazione regionale»
© KEYSTONE/Ennio Leanza
Luca Faranda
Giona Carcano
08.11.2023 21:45

Una scure potrebbe presto abbattersi sulla Società svizzera di radiotelevisione (SSR). Il canone radiotelevisivo deve diminuire. E sui circa 6 mila impieghi, saranno «centinaia i posti di lavoro» a rischio nei prossimi anni. Parole di Albert Rösti, che ha presentato la proposta del Governo per ridurre il canone da 335 a 300 franchi. «Sulle misure non sarò io a esprimermi. Non è compito del Consiglio federale», ha detto chiaramente Albert Rösti in conferenza stampa. «Purtroppo non potremo evitare l’impatto sul personale, in quanto l’intera SSR sarà interessata», ha invece fatto sapere al CdT Gilles Marchand, direttore generale della SSR, senza tuttavia quantificare la reale portata e l’impatto che avrà sul Ticino. «Nessuna regione in particolare sarà al riparo», ha aggiunto. «Siamo forti insieme e affrontiamo le difficoltà insieme. La SSR ha bisogno di tutte le sue regioni e di tutte le sue diversità».

«300 franchi bastano?»

Il progetto dell’Esecutivo (anticipato già negli scorsi giorni) mira a contrastare l’iniziativa popolare «200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)», consegnata lo scorso agosto corredata da oltre 126 mila firme valide. I promotori sono decisi a mantenere la proposta e andare al voto: secondo le stime del Consiglio federale, l’appuntamento alle urne è previsto solo nel 2026.

Per il Governo, l’iniziativa è troppo estrema. «La quota del canone a favore della SSR scenderebbe dagli 1,25 miliardi di franchi odierni a circa 650 milioni. Ciò avrebbe gravi conseguenze sull’offerta nelle diverse regioni linguistiche e anche sulla struttura stessa dell’azienda mediatica». Il progetto presentato da Rösti prevede invece una diminuzione degli introiti di circa 170 milioni di franchi e un ulteriore calo delle entrate pubblicitarie di circa 20 milioni.

Progetto in due fasi

Ogni economia domestica, fino alla fine del 2026, continuerà a pagare 335 franchi di canone all’anno. Poi, nel 2027 e nel 2028, la fattura scenderà a 312 franchi. Dal 1. gennaio 2029 verrà fissata a 300 franchi. Il progetto del Governo, inviato in consultazione fino al primo febbraio 2024, potrebbe però finire in un nulla di fatto. «L’entrata in vigore avverrà a condizione che l’iniziativa SSR non venga accettata». Per cercare di dribblare il voto, il Consiglio federale ha deciso di procedere tramite ordinanza, anche perché «vuole continuare a stabilire autonomamente l’importo del canone radiotelevisivo». Gilles Marchand, dal canto suo, si oppone anche alla proposta governativa: «Se queste misure venissero adottate nella loro forma attuale, avrebbero un impatto significativo sui servizi di programmazione della SSR (sport, musica e cultura svizzera) e sui servizi di informazione regionale. Tanto più che questi tagli sarebbero accompagnati da un probabile calo degli introiti pubblicitari».

Alleggerire i costi

Rösti, che figura ancora sulla lista dei promotori dell’iniziativa, ha assicurato il suo massimo impegno «nell’interesse del servizio pubblico». Tuttavia, il Consiglio federale «condivide una parte dell’iniziativa». Ovvero la necessità di alleggerire i costi per le economie domestiche. Con l’arrivo e l’espansione in Svizzera di Netflix, Disney+, Spotify (senza dimenticare le «piattaforme sportive» come MySports) sono cambiate profondamente anche le abitudini di consumo. «In particolare per le giovani generazioni», ha riconosciuto Rösti, aggiungendo che negli ultimi anni sono aumentati i costi per fruire di questi media «on demand».

«La SSR con la nuova concessione dovrà trasformarsi, puntando maggiormente sulla sua offerta online con contenuti audio e audiovisivi». Non solo. «Il focus della SSR dovrà essere orientato sull’informazione, la formazione e la cultura», mantenendo allo stesso tempo il radicamento regionale della SSR. I risparmi dovranno riguardare soprattutto l’intrattenimento e lo sport. In questo ambito, ha spiegato Rösti, la SSR dovrà concentrare le forze «sulle aree non coperte da altri fornitori».

Bisogna dunque ripensare gli obiettivi del servizio pubblico? Per Marchand, «il ruolo e il significato del servizio pubblico sono tanto più importanti quanto più le abitudini dei consumatori si evolvono e i social network ci sommergono di fake news, rendendo sempre più difficile distinguere tra ciò che è vero e ciò che è falso. Al contrario, dobbiamo rafforzare il servizio pubblico in questo nuovo contesto. La Svizzera ha bisogno di produrre contenuti radicati nelle nostre realtà regionali e culturali e ha bisogno di media forti per alimentare il dibattito democratico».

L’USAM non sale a bordo

Oltre alla diminuzione del canone per le economie domestiche, il Consiglio federale ha fatto anche un passo in direzione delle aziende: con la sua proposta, intende in futuro esentare le imprese con un fatturato annuo soggetto all’IVA fino a 1,2 milioni di franchi. Attualmente la soglia di esenzione è di 500 mila franchi, pari a circa il 75% di quelle presenti in Svizzera. «Vogliamo che la stragrande maggioranza delle imprese (l’80% secondo i piani del Governo) sia esonerata dal pagamento del canone», ha spiegato Rösti, persuaso che «con questa proposta anche l’Unione svizzera delle arti e mestieri salirà a bordo. O almeno speriamo». Auspicio che è però naufragato, poiché l’USAM - che ha promosso la raccolta firme insieme all’UDC e ai Giovani PLR - si è chiaramente detta contraria al progetto del Consiglio federale.