Il caso

«Il lupo potrà tranquillamente continuare la sua opera»

L’Unione contadini ticinesi e l’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori contro il Consiglio di Stato e i «meandri burocratici astutamente sfruttati»
Red. Online
21.07.2023 16:31

«Se è questo è il modo per gestire l’espansione del lupo in Ticino e per salvaguardare la pastorizia tradizionale, non vi sono dubbi che fra pochi anni i lupi li ritroveremo ovunque e il bestiame d’allevamento sarà nei parchi turistici». È un attacco duro quello dell’Unione contadini ticinesi (UCT) e dell’Associazione per la protezione del territorio dai grandi predatori (APTdaiGP). Un attacco rivolto direttamente al Consiglio di Stato.

Il 30 giugno i due enti avevano inviato una lettera al Governo ticinese segnalando che il numero di capi rinvenuti in seguito alla predazione del 25 maggio 2023 sul monte Sciaga di fronte a Indemini aveva raggiunto il limite di «danno rilevante» (10 capi predati) che avrebbe dovuto permettere l'attivazione di una procedura di abbattimento. Nonostante la predazione abbia in un solo colpo dimezzato il gregge di 33 ovini (12 ritrovati morti e 5 ancora dispersi), si legge nel comunicato stampa odierno di UCT e APTdaiGP, «nella risposta del 12 luglio si dichiara che non sarebbero date le condizioni per l'abbattimento e che la decisione è "ponderata per tenere conto delle leggi in vigore e di vari altri elementi umani, tecnici e biologici"».

Poi, si entra nelle motivazioni. Una prima «giustificazione» è che alcune carcasse sono state rinvenute a 3 o più settimane dalla predazione e il loro stato non permetterebbe l'attribuzione della loro morte alla predazione del 25 maggio. Anche se spariti quella stessa notte, si ipotizza la possibilità di altre cause naturali. Una seconda «giustificazione» è che l'esemplare in questione (che è stato identificato, dopo un mese, con la sigla M330) potrebbe essere considerato come individuo in transito in quanto non fa parte del branco della Val Colla. Le sue prime tracce di DNA identificabili erano state rinvenute in febbraio nell’Alto Vedeggio. Poi sono riapparse nella predazione del 25 maggio. Siccome tra febbraio e maggio nella zona non sono state ritrovate tracce di quell’individuo, si deduce che deve essere stato altrove e quindi non si potrebbe assegnargli un «areale abituale di attività». Un ulteriore argomento è quello che per l'azienda in questione non sussisterebbe più alcun pericolo, perché gli animali superstiti sono ormai recintati e foraggiati nell’azienda a Indemini.

La sentenza? «Quindi l’allevatrice che non ha più osato riportare gli ovini che le sono rimasti a Sciaga, ha salvato la pelle al lupo». Il Governo aggiunge che negli alpeggi circostanti sarebbero in atto misure di sicurezza sufficienti a scongiurare un pericolo di predazione. «Il lupo è salvo e predazioni non ne farà più anche se si sposterà a centinaia di chilometri da Indemini come è normale per un lupo "in transito"».

Da qui, la rabbia degli allevatori:  «Grazie a queste argomentazioni e a questi meandri burocratici astutamente sfruttati, il predatore potrà tranquillamente continuare la sua opera e magari, mentre leggete queste righe, si sarà già messo all'opera».

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