Milano

Il nuovo San Siro non si farà mai

Dopo la presa di posizione di Vittorio Sgarbi, che ha anticipato il vincolo dello stadio, nessuno ha ancora il coraggio di dire che quasi un decennio di dibattiti e progetti è stato inutile
© Shutterstock
Stefano Olivari
12.01.2023 10:17

Il nuovo San Siro non è ancora cominciato, ma è già finito. Dopo la presa di posizione di Vittorio Sgarbi, che ha anticipato il vincolo dello stadio, nessuno ha ancora il coraggio di dire che quasi un decennio di dibattiti e progetti è stato inutile. Ma quel momento è vicino, tanto è vero che Inter e Milan stanno percorrendo nuove strade, che potrebbero dopo il 2026 portarli ad un nuovo impianto per ognuna. O, più concretamente, a farsi andare bene entrambe un San Siro ristrutturato. Insomma, i ticinesi tifosi di una delle due squadre di Milano continueranno ad averle a 35 ottimistici minuti di auto da Chiasso. Ma cosa sta succedendo?

Lo sgarbo di Sgarbi

Sintetizzando al massimo una storia lunghissima, possiamo dire che poco prima dello scorso Natale il Comune di Milano ha approvato il cosiddetto progetto Cattedrale, per far sorgere il nuovo San Siro, proprietà condivisa fra Inter e Milan, a pochi metri di distanza dall’impianto attuale, con demolizione prevista poco dopo la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici Invernali del 2026, in programma proprio a San Siro il 6 febbraio. Un progetto molto diverso rispetto all’originale, con una capienza superiore ai 60.000 previsti e molte più aree verdi (e quindi meno aree commerciali) intorno all’impianto. Come si dice a Milano, piuttosto che niente è meglio piuttosto: Inter e Milan, sostenute dalla quasi totalità dei politici locali mentre quelli nazionali sono divisi, hanno per qualche settimana pensato di avere ottenuto una vittoria. A caro prezzo, ma pur sempre una vittoria. E invece Sgarbi, dallo scorso ottobre sottosegretario alla Cultura ma per attivismo e immagine il vero ministro della Cultura del governo Meloni, ha espresso le perplessità di metà Parlamento e di quasi tutta l’opinione pubblica, parlando di «vincolo relazionale» su San Siro in attesa che nel 2026 possa scattare, con i 100 anni di età, quello monumentale. In questo quadro il sindaco Sala, tiepidamente favorevole al nuovo San Siro ma restio a esporsi, ha già detto che si atterrà alle decisioni del governo. Game over, traducendo dal politichese. Incredibile che la sensibilità dei tifosi sia stata meglio interpretata da Sgarbi, per sua ammissione totalmente digiuno di calcio, che da politici con posto fisso in tribuna d’onore. 

Sindrome cinese

Senza inerpicarsi in tecnicismi, a sfavore del nuovo San Siro hanno giocato le proprietà di Inter e Milan, che il Comune ha sempre considerato poco chiare da quando se ne sono andati Massimo Moratti (nel 2013) e Silvio Berlusconi (2017), con modalità diverse e in entrambi i casi poco trasparenti. Senza mettersi a fare fantafinanza, questa la situazione attuale dell’Inter: al 68,55% di proprietà del gruppo Suning (cioè la famiglia del presidente Steven Zhang), attraverso la lussemburghese Grand Tower, e al 31,05% di Lion Rock, fondo di Hong Kong considerato vicino a Suning. In questo momento tutte queste azioni sono in pegno al fondo americano Oaktree, a garanzia di un prestito di 295 milioni di euro con scadenza maggio 2024. Essendo il bilancio dell’Inter in profondo rosso e il gruppo Suning in crisi, l’unica strada percorribile da Zhang sarebbe quella di allungare la scadenza del prestito: se non ci riuscisse l’Inter passerebbe a Oaktree, con modalità simili a quelle di Elliott quando si prese il Milan dal misterioso (ma nemmeno tanto) Yonghong Li.

Mistero Cardinale

Quanto al Milan, pur avendo cambiato proprietà la scorsa estate la sua situazione è ugualmente nebulosa: pochi giorni fa il Corriere della Sera ha ricostruito la complicatissima catena di partecipazioni che hanno portato la RedBird di Gerry Cardinale a controllare il club rossonero, dimostrando che in realtà nessuna persona fisica può dire di controllare più del 10% del club presieduto da Paolo Scaroni. Senza contare che metà dell’acquisto, quindi 600 milioni di euro, è stata finanziata dal proprietario precedente, Elliott. Venendo al punto, il Comune di Milano l’ha tirata in lungo fino all’intervento del governo, fra l’altro nemmeno un governo amico, per non regalare un’area pregiata della città a imprenditori stranieri di passaggio. Ma davvero con Moratti e Berlusconi sarebbe andata diversamente? Hanno avuto in mano Inter e Milan rispettivamente 18 e 31 anni, vagheggiando sempre lo scenario del nuovo stadio…

Sesto? Difficile

Detto anche che nello scenario più ottimistico per Inter e Milan la prima partita nella Cattedrale disegnata dallo studio Populous si sarebbe giocata nella stagione 2027-28, il discorso scivola immediatamente sul piano B. Che da anni è Sesto San Giovanni, nelle aree ex Falck, anche se un conto è fare gli americani a parole (quindi usando Sesto come strumento di pressione per avere concessioni a San Siro) e un altro sono i fatti, cioè che due squadre di Milano davvero giochino a Sesto San Giovanni. Distante da San Siro 16 chilometri e un mezz’ora di auto (50 minuti da Chiasso), vicina geograficamente ma lontana dai giri dei milanesi che paradossalmente andrebbero più volentieri a guardare una partita a Como o a Bergamo.

Il piano C

Sesto è insomma un piano B in cui non ha mai creduto nessuno, a meno che i due club finalmente si dividano e si facciano il loro stadio dove vogliono, senza vincoli. In questo caso a Sesto andrebbe il Milan, con l’Inter che tornerebbe a valutare aree depresse entro i confini del Comune: Baggio (l’idea della Piazza d’Armi dietro la caserma Santa Barbara, lanciata 6 anni fa e mai davvero tramontata), quindi zona ovest non lontano da San Siro, Rogoredo e Porto di Mare (a Sud: da Chiasso è impossibile metterci meno di un’ora, ma è una zona servita da metropolitana e treni). Persone vicine a Zhang sostengono che la carta coperta dell’Inter sia quella di rimanere in affitto a San Siro, con il Milan a farsi il suo stadio altrove, ma la realtà è che tutto sta andando nella direzione di una permanenza eterna, insieme al Milan, in un San Siro ristrutturato. A questo punto un marziano potrebbe chiedersi: ma quanti miliardi di affitto avranno versato Inter e Milan da imbarcarsi in un progetto da 800 milioni di euro, tutto compreso, a stare stretti? Facile la risposta: nella stagione 2021-22 hanno versato al Comune circa 4,3 milioni di euro a testa: l’ingaggio, al lordo, di una delle loro riserve.

In questo articolo:
Correlati