Il vertice di Pechino

La minaccia di Xi Jinping all’Occidente

Alessia Amighini, economista dell’Università del Piemonte Orientale, spiega come leggere l’ennesimo summit tra i leader di Cina e Russia che ha preso il via oggi – Pechino teme enormemente i dazi sulle auto elettriche avendo puntato il proprio futuro sull’industria della mobilità
Il vertice Cina-Russia trova spazio anche nei negozi di souvenir e di matrioske ©Maxim Shipenkov
Dario Campione
16.05.2024 20:29

«Sarebbe sbagliato, secondo me, attribuire unicamente ai russi la volontà di comunicare in modo simbolico il rafforzamento dell’amicizia con i cinesi. Al di là delle cronache, di chi va a trovare chi, il vertice tra Vladimir Putin e Xi Jinping appare quasi più una mossa di Pechino; una mossa volta a far ricordare a tutti, e in particolare agli Stati Uniti e a Bruxelles, che il legame con Mosca c’è, ed è funzionale a un obiettivo politico ed economico».

Alessia Amighini, associata di Economia politica all’Università del Piemonte Orientale, ha lavorato a Ginevra presso la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (UNCTAD) e co-dirige l’Osservatorio Asia dell’ISPI. Amighini spiega al Corriere del Ticino in che modo leggere lo stato dei rapporti tra Russia e Cina e quali possono essere gli scenari sullo scacchiere internazionale nel breve e medio periodo.

«I dazi di Biden, e prima ancora di Trump, sulle auto elettriche fanno molta paura alla Cina, che sulla componentistica della mobilità elettrica ha impostato il proprio futuro. Xi Jinping sta quindi lanciando un messaggio a tutto l’Occidente: attenzione, badate bene a quello che fate, perché noi con i russi siamo in grado di muoverci su vari fronti, e possiamo agire soprattutto nel Sud del mondo, che in qualche modo controlliamo».

No a possibili precedenti

Di fatto, sottolinea la professoressa Amighini, per ciò che riguarda i rapporti tra Mosca e Pechino, «rispetto al recente passato non è cambiato molto. La Russia è ormai legata alla Cina in modo fortissimo, tanto da aver accettato lo yuan come moneta per i pagamenti internazionali. Il punto non è questo. Piuttosto, ripeto, prevale il timore della Cina rispetto al mercato delle auto elettriche. L’economia del colosso asiatico si regge tutta sulla nuova mobilità: sia internamente, un mercato nel quale non si entra; sia esternamente. Tra l’altro, il recente accordo con Stellantis è stato per tutti un po’ una sorpresa: non era questa l’idea, dare cioè man forte a Xi per far vendere le auto elettriche cinesi da noi. Sarebbe stato molto meglio il contrario, magari far produrre qualcosa anche in Europa. Evidentemente i cinesi sono molto accorti, diciamo così».

Ma in questa situazione, la Cina ha un interesse diretto a che la guerra in Ucraina finisca al più presto? È credibile che Xi Jinping spinga Putin a cercare e ad accettare una soluzione politica del conflitto?

«Assolutamente sì - risponde l’economista piemontese - anche se la Cina non vorrà mai essere tirata in mezzo ai tentativi di pace. Soltanto in apparenza Pechino intende fare da mediatore o contribuire in qualche modo a definire e risolvere la situazione. In realtà, non lo vuole assolutamente. Perché sa benissimo che questo sarebbe un precedente pericolosissimo in vista di ciò che potrebbe accadere in casa propria, ad esempio nella questione Taiwan, Nessuno conta veramente per i cinesi. Nemmeno la Russia. A loro interessano soltanto le faccende interne, nient’altro».

Peraltro, insiste la professoressa Amighini, c’è un altro errore da non commettere: leggere tutto con le categorie della geopolitica. «Il mio peccato originale è di essere un’economista - dice la docente piemontese - guardo alle cose da altri punti di vista. Torniamo a Taiwan. Xi Jinping ne fa una questione di principio, certo. Ma questa è la fanfara, la favoletta della narrazione ufficiale che i cinesi hanno messo in piedi da tempo per giustificare qualunque tipo di azione. In realtà, i veri motivi sono economici. Taiwan è il centro mondiale della produzione dei microprocessori di ultima generazione. Non stiamo parlando di Macao, che ha soltanto qualche casinò. Nessuno, nemmeno i cinesi, rischierebbe di scatenare la terza guerra mondiale per una questione di principio. Non sono così stupidi».

La «lucidità» dello zar

Lo stesso discorso vale per i russi. «È del tutto chiaro come l’interesse di Putin in Ucraina sia concreto. La Russia ha bisogno dell’accesso al mare e non può fare a meno della tecnologia nucleare che l’Ucraina stava sviluppando. La storiella dei territori da riunificare nasconde i veri obiettivi, che non possono essere dichiarati. E d’altronde, nessuno dichiara davvero mai i propri obiettivi».

L’Europa si indirizza velocemente verso le energie rinnovabili, osserva ancora Amighini, «e comunque adotta politiche che spostano i consumi in una direzione precisa. Tutto si muove così rapidamente da porre la Russia in una situazione difficilissima: se non fosse più in grado di vendere le uniche due risorse che possiede, gas e petrolio, come potrebbe farcela? Anche la Cina sta costruendo nuove centrali nucleari e si sta attrezzando per avere il petrolio dagli Emirati, che ormai esportano quasi tutto verso Pechino».

La Russia ha quindi il terrore di quanto potrà accadere da qui a 10, 20 anni, «ovvero domani - dice l’economista piemontese - È questo che ha spinto Putin a fare qualcosa di irricevibile. Molti dicono che il presidente russo sia un pazzo, ma in realtà è molto lucido. Non aveva un’altra scelta, altrimenti la Russia è morta e finita nel giro di pochissimi anni. Poi, è ovvio, si è messo in una posizione più ottocentesca che da XXI secolo».

E L’Europa? Che ruolo può giocare, se può giocarlo? «L’Europa può fare moltissimo, sia nei confronti degli USA sia nei confronti dell’Asia tutta, non soltanto la Cina ma anche l’India. L’Europa è una potenza enorme, pure dal punto di vista dei valori democratici, procedurali. Ha tanto da offrire ma deve ribaltare la prospettiva di azione. Guardare verso l’esterno e non solo dentro di sé. Inforcare gli occhiali giusti, che le permettano di vedere le cose nel modo corretto».