La moglie si è suicidata, ma il segreto medico rimane

Il Tribunale federale (TF) respinge il ricorso di un uomo che voleva consultare la cartella della coniuge morta - La donna seguiva un trattamento psichiatrico
Ats
31.08.2018 12:42

LOSANNA - Il Tribunale federale (TF) respinge il ricorso di un uomo che voleva consultare la cartella medica della moglie ormai morta. La donna, che seguiva un trattamento psichiatrico in una clinica sangallese, si era suicidata durante un congedo.

Il marito, che ha ricorso anche a nome delle due figlie minori della coppia, ha giustificato il desiderio di informazioni per facilitare l'elaborazione del suo lutto. Inoltre essendo lui stesso medico, voleva poter stabilire se sua moglie fosse stata curata correttamente.

In una sentenza pubblicata oggi il TF ricorda che il segreto medico è garante della fiducia che il paziente ripone nel suo medico. Condividendo fatti intimi, il paziente permette al professionista di curarlo in modo adeguato.

La giurisprudenza considera che il segreto medico non termina con la morte del paziente: quest'ultimo può confidare in vita alla persona che lo ha in cura elementi che in nessun caso vorrebbe sapessero i suoi cari. Solo un interesse privato nettamente predominante della famiglia o degli eredi permette di levare il segreto medico.

Il TF, come la giustizia sangallese, ritiene che gli elementi citati dal ricorrente non permettano di considerare che la defunta avrebbe acconsentito, in modo esplicito o tacito a togliere il segreto professionale. Al contrario: alla sua entrata nella clinica di San Gallo la donna aveva chiesto al personale di non prendere contatti con la sua famiglia. Inoltre la coppia viveva separata.

Come l'istanza precedente i giudici di Mon Repos hanno dato più peso al mantenimento del segreto, tenuto conto della natura particolarmente personale delle informazioni contenute nella cartella medica.