La posta tre volte a settimana? L'idea rispunta e non piace

Soppressione del sistema posta-posta B e consegna della corrispondenza a domicilio un giorno sì e uno no (domenica esclusa), anziché sei volte alla settimana. Sono i punti chiave di un documento di lavoro che dovrebbe essere presentato mercoledì in Consiglio federale dal capo del Dipartimento delle comunicazione Albert Rösti. Il documento, anticipato dalla «Schweiz am Wochenende», conterrebbe una serie di proposte su come riorganizzare il servizio postale universale a partire dal 2030. Non si tratta di un fulmine a ciel sereno, perché certe misure erano già contenute in un rapporto messo a punto da una commissione di esperti e presentato nel mese di febbraio del 2022, quando alla testa del dipartimento c’era ancora Simonetta Sommaruga. Quelle proposte incassarono diverse critiche, Posta in testa, e furono rimesse in un cassetto. In occasione della presentazione, comunque, era stato detto che a livello politico occorreva una decisione di principio tempestiva, perché in gioco c’era il finanziamento del servizio universale e perché per una eventuale revisione della legge sarebbero occorsi anni (l’ultima ne aveva richieste dieci).
Mandato da modernizzare
Il mandato affidato al gigante giallo, secondo la commissione, deve essere modernizzato. Entro il 2030 l’offerta attuale sarà obsoleta sia per la popolazione sia per le imprese. «I tempi cambiano e ci si sposta sempre più verso il digitale» aveva detto la presidente, l’ex consigliera gli Stati argoviese Christine Egerszegi (PLR). Tra il 2002 e il 2020, il numero di lettere spedite annualmente è passato da 3 a 1,7 miliardi, con la prospettiva di scendere sotto il miliardo all’inizio del prossimo decennio. Con gli invii in calo, la consegna trisettimanale permetterebbe alla Posta di contenere i costi di un servizio già deficitario. Per mandato, la Posta deve consegnare lettere e pacchi almeno cinque volte a settimana e i quotidiani in abbonamento sei giorni in tutti gli insediamenti abitati tutto l’anno. Senza un adeguamento del mandato di servizio universale, aveva scritto la commissione, il declino delle entrate nel settore delle lettere porterebbe a una perdita di diverse centinaia di milioni entro il 2030.
Doppio standard dal 1991
La commissione aveva proposto di rinunciare alla posta A di definire come parte del servizio universale solo la Posta B. La differenziazione fra posta A e B era stata introdotta nel 1991, perché l’azienda, all’epoca, faticava a rispettare i tempi di consegna a fronte di una mole sempre maggiore di invii. Poi, con l’avvento di Internet e della posta elettronica, la crescita si è arrestata e il flusso delle lettere ha cominciato a diminuire. Il costo dei singoli invii è stato aumentato: nel 1991 un invio per posta A costava 80 centesimi, nel 2022 1,10 franchi e da quest’anno 1,20.
Tendenza opposta, invece, per il flusso di pacchi, che nel periodo considerato ha visto un aumento del 65%. La commissione ha chiesto di valutare un’estensione delle consegne al sabato.
Il gigante giallo, da parte sua, aveva assicurato che non intendeva rinunciare alla posta A. Non è un’opzione percorribile, aveva detto: «Impostare un invio e farlo recapitare nella cassetta delle lettere del destinatario il giorno dopo è un servizio molto apprezzato dai clienti privati e commerciali».
Giornali condannati
Quanto ai giornali, secondo la commissione di esperti non si giustifica più una distribuzione quotidiana dopo il 2030, vista l’avanzata dell’offerta digitale e di nuove modalità di consumo non più basate sul prodotto cartaceo. Per la distribuzione regolare, già calata del 12% fra il 2002 e il 2020, si stima un ulteriore riduzione del 36% entro l’inizio del prossimo decennio. Il direttore della Posta Roberto Cirillo aveva detto che se un domani i giornali fossero esclusi dal servizio universale, in futuro i clienti dell’ex regia (editori e tutti i soggetti che fanno distribuire giornali e riviste) avrebbero dovuto farsi carico direttamente di questo deficit e la Posta dovrebbe fissare prezzi in linea con il mercato. Non si sa ancora se la richiesta di escludere dal servizio universale la distribuzione dei giornali sia contenuta o meno nel documento allestito da Rösti.
«Idea avventata»
La discussione è solo alle battute iniziali ma le proposte non piacciono affatto ai tre deputati ticinesi membri della Commissione delle comunicazioni del Nazionale, che parlano di idea «avventata, azzardata e improponibile».
«Andrebbe a colpire le regioni che non sono densamente popolate: il consigliere federale dovrà lavorare molto per convincermi della bontà di questa proposta e del fatto che non andrà a penalizzare zone come il canton Ticino», afferma Alex Farinelli (PLR), secondo cui «avrebbe una serie di conseguenze probabilmente sottovalutate, ma di grande importanza. Penso ad esempio alla distribuzione dei quotidiani: sarebbe il colpo di grazia alla stampa scritta, perlomeno al di fuori dei centri urbani».
Uno smantellamento
«Al momento sono solo indiscrezioni, ma ci sarebbero svariati posti di lavoro che andrebbero a farsi benedire. Queste proposte erano state fatte dalla commissione guidata da Christine Egerszegi, sulle quali resto molto scettico. Nel 2022 erano state fatte anche perché PostFinance – che con le sue entrate dovrebbe finanziare anche il servizio universale – non faceva utili a causa degli interessi negativi. Ma ora la situazione è cambiata», spiega dal canto suo il socialista ticinese Bruno Storni.
Per il deputato leghista Lorenzo Quadri si tratta di un «arretramento plateale del servizio pubblico: si va sempre più verso uno smantellamento. A inizio anno hanno nuovamente alzato le tariffe per gli invii postali. È già il secondo aumento tariffario nel giro di pochi anni. Non bisogna però dimenticare che la Posta realizza ogni anno centinaia di milioni di utili (295 milioni di franchi nel 2022, ndr). Investe per perseguire politiche climatiche, ma non ha risorse per il servizio universale? Mi sembra contraddittorio e mi chiedo a cosa possa servire una Posta che non consegna lettere e pacchi. Dubito che questa proposta possa trovare una maggioranza in Consiglio federale».