La preghiera in discoteca

ZURIGO - Sono le 17.30 del giorno del Signore a Zurigo-Örlikon: come ogni domenica, una settantina di giovani adulti si riuniscono nella sala per eventi «Chicago 1928». Stanno andando all'ultima festa del fine settimana? Non esattamente. Stanno andando al culto. Solo che non lo chiamano con questo termine: quelli a cui loro vanno sono gli «experience» («esperienze»). È Metropolis The Club Church (la «Chiesa discoteca») che li organizza, una Chiesa evangelica libera nata il 26 ottobre 2014 dal pastore Tim Lindsay (ex rapper da sempre impegnato in comunità evangeliche), sua moglie Rebecca e Claude Hunkeler (che nella sua vita professionale ha basato la sua carriera sull'organizzazione di feste e che, ci racconta, «cinque anni fa ho incontrato Gesù»). Metropolis (il nome è stato scelto per rappresentare una comunità cristiana da grande centro urbano) ha come scopo quello di far avvicinare soprattutto i giovani a Dio nell'ambiente in cui questi si sentono più a casa: le discoteche. Un mix di «cultura dell'aperitivo» in un ambiente festaiolo e cittadino, ma che vuole proporre temi spirituali, il tutto basandosi sulla lettura e la discussione della Bibbia. «Abbiamo fondato questa Chiesa per offrire un'alternativa a quelli come noi, gente giovane che crede in Dio, ma che nelle Chiese tradizionali non trova quello che cerca», spiega Lindsay. Ovvero anche divertimento e, perché no, un bicchiere di prosecco e due salti in pista.
Un fenomeno in espansione
Che una Chiesa tanto alternativa sia apprezzata non deve stupire. Secondo uno studio pubblicato dalla «Schweiz am Sonntag» nel novembre scorso, in Svizzera i membri delle Chiese evangeliche libere (ne esistono una quindicina) sono fortemente aumentati: dai 37.000 registrati nel 1970 si è passati oggi a 250.000 frequentatori. Siamo andati ad osservare uno di questi nuovi culti proposti da Metropolis per meglio capire come viene celebrata la fede cristiana.
Fuori dall'edificio torce accese illuminano la strada che porta all'entrata della sala che ogni domenica viene adibita per l'evento. All'interno, candele bianche illuminano l'ambiente, DJ J. Temple (che solitamente è chiamato a «mixare» in diverse discoteche famose della città, come il Mascotte o l'Hiltl) intrattiene i presenti durante quello che qui viene chiamato il «warm up» (il riscaldamento) a ritmo di hip hop, bariste riempiono i bicchieri degli ospiti (l'età media è tra i 20 e i 30, anche se qualche genitore è in compagnia dei propri bambini) con caffè o birra e offrono loro chips (l'offerta è libera), mentre qualcuno inizia già a dondolare sul posto o a tamburellare le punte delle dita sul bancone a ritmo di musica. Un'atmosfera spensierata, da bar, nulla o poco qui ricorda una chiesa.
Il culto inizia. Quattro cantanti salgono sul palco in fondo alla sala, davanti ai posti a sedere per i partecipanti, che si alzano e cantano insieme. Le parole delle canzoni parlano di Gesù e di Dio, ma vengono cantate su una base che varia dalla deep house all'electro o all'hip hop, quella tipica delle melodie ballate in discoteca. Ed ecco comparire sulla scena il pastore. Tim Lindsay si presenta in jeans e camicia a quadri, scarpe da ginnastica e pettinatura giovanile. Nel suo «power talk» («discorso potente», così viene chiamata qui la predica settimanale) cita passaggi da Luca 18 e 19 per chiedere a se stesso e ai presenti di prendersi meno sul serio e seguire Dio per riuscire a vivere al meglio il nuovo anno. «È mega cool» ripete più volte, mentre fa passare le «slides» della sua presentazione PowerPoint proiettata sul muro alle sue spalle. Si canta, si battono le mani, ci si «dà il cinque», si ascolta, si ride, si prega, si fanno i buoni propositi della settimana, si accendono candeline e alla fine del culto ci si ritrova dove si è cominciato: il bancone del bar. Parte la musica a tutto volume e la gente resta a «berne ancora una», a fare una chiacchiera, a ballare, tutto come si farebbe in una normalissima serata di festa. D'altronde, è il giorno del Signore e va festeggiato per bene.