Scuola

La protesta dei docenti: «Noi restiamo in classe»

Il collegio docenti del Liceo di Bellinzona, contestando i due giorni liberi in più concessi dal Consiglio di Stato a cavallo delle vacanze natalizie, ha deciso che la sede resterà aperta - Riflessioni simili sono in corso negli altri istituti - I Comuni, intanto, attaccano il Governo: «A noi la patata bollente»
© GAETAN BALLY

Due giorni di vacanza che hanno già fatto discutere. E che con ogni probabilità continueranno a far discutere anche nelle prossime settimane. Per compensare il carovita dei dipendenti pubblici, come ricorderete, il Governo lo scorso anno ha deciso di concedere un contributo una tantum di 400 franchi più e, appunto, due giorni di «libero». Giorni che gli «amministrativi» hanno potuto già prendere nel corso dell’estate, ma che ai docenti per ovvi motivi sono invece stati concessi allungando le vacanze di Natale. Il tema, appunto, ha già fatto discutere il Gran Consiglio nella sessione di settembre, con molti parlamentari a criticare la scelta del Governo e l’Esecutivo a rispondere che la misura, ritenuta «sostenibile», è stata presa anche quale conseguenza di scelte fatte dal Parlamento stesso. Ma il tema, come si diceva, continuerà a far discutere. Proprio ieri, infatti, il collegio dei docenti del Liceo di Bellinzona ha deciso di «rifiutare il “dono” governativo» e di tenere aperta la scuola venerdì 20 dicembre e martedì 7 gennaio. Un primo segnale al quale, come vedremo, ne seguiranno altri.

«Soluzione svilente»

«Abbiamo ritenuto particolarmente inadeguata l’elargizione di due giorni di vacanza ai dipendenti statali e, quindi, anche al corpo docente. Crediamo che una soluzione del genere sia profondamente problematica, da un lato perché incapace di porre un qualsivoglia rimedio alla perdita salariale, dall’altro perché indice di una concezione del servizio pubblico, e più in particolare della scuola, che svilisce essenzialmente il nostro mestiere», si legge nella presa di posizione del collegio docenti, secondo cui la chiusura per due giorni delle scuole è una questione che va ben oltre, anzi, «trascende la non banale questione del mancato rincaro». Come dire: non stiamo parlando ‘solo’ di due giorni di vacanza o del salario dei docenti, bensì del ruolo della scuola e degli insegnanti in quanto tale. «Considerare la scuola – si legge ancora nella presa di posizione – come qualcosa che può essere semplicemente chiuso per due giorni, come se questo rappresentasse una qualsivoglia soluzione, ci pare sintomo di qualcosa di più grave». Il rischio, scrivono i docenti, è che «una misura di questo genere nasconda l’idea di un servizio che possa essere considerato superfluo, evitabile, forse addirittura eccessivo nelle sue tempistiche (...)», che «possa implicare l’idea di un personale pigro, ammaliato dall’abbondanza delle vacanze estive, che è contento di lavorare il meno possibile» e che «sottintenda un’idea delle e degli studenti come individui che di una decisione del genere non possono far altro che rallegrarsi ciecamente; che meno frequentano la scuola, meglio stanno». Insomma, la decisione del Governo rappresenta anche «un messaggio simbolico molto chiaro, per cui l’educazione è un servizio tra gli altri, che può essere sospeso, per la gioia di coloro che lo forniscono». Ma, evidenzia il collegio, «la scuola non è un negozio che può semplicemente rimanere chiuso». Ecco perché, concretamente, la maggioranza dei docenti del Liceo della capitale ha deciso di «rifiutare il ‘‘dono’’ governativo», di tenere dunque aperta la scuola in quei due giorni, duranti i quali sarà proposto «un programma di attività che mantenga il carattere culturale proprio del Liceo, in libera collaborazione con gli allievi, difendendo diritti che non sono soltanto i nostri, ma quelli degli studenti e della società tutta».

Altri seguiranno?

Ora, quella del collegio docenti del LiBe non sarà però l’unica decisione di questo tipo. Anche il Liceo di Lugano 1 è infatti intenzionato ad andare in questa direzione. «Abbiamo riflettuto sulla tematica e non condividiamo la chiusura della scuola quale misura di risparmio, in quanto lede il nostro mandato educativo», ci spiega il presidente del collegio docenti, Gabriele Piffaretti. «Durante le prossime settimane – aggiunge – decideremo quali proposte attuare per venire incontro alle esigenze delle famiglie e degli studenti». Dello stesso avviso anche il collegio docenti della Commercio. «Anche noi vorremmo tenere aperta la scuola, se ciò non comporta problemi assicurativi insormontabili, proponendo agli studenti attività o lezioni di recupero», dice il presidente Andrea Moser. «In tutti i casi - aggiunge - scriveremo nei prossimi giorni alle famiglie, anche perché per i minorenni serve il consenso dei genitori». Ma il tema riguarda ovviamente anche le scuole medie. In alcune di esse sono già state portate avanti discussioni simili. Ma, da quanto abbiamo potuto appurare, si potrebbero porre anche problemi molto pratici, come il trasporto pubblico degli allievi, ormai già soppresso per quelle due giornate.

E le scuole comunali?

Non vanno infine dimenticate le scuole elementari. Le quali però sono di competenza dei Comuni. Che, come vedremo, sembrano però poco inclini ad aprire le sedi a cavallo delle vacanze natalizie. E c’è chi, come il capodicastero di Lugano, Lorenzo Quadri, non manca di lanciare una frecciatina all’indirizzo del Cantone: «Decisioni non ne sono state prese. Ma sarei scettico riguardo a un’apertura delle scuole. Anche se a Lugano forse potremo fare qualcosa per gli allievi già iscritti al servizio extra-scolastico. Ad ogni modo, si tratta di una misura cantonale, di cui il Cantone deve assumersi responsabilità, e non scaricare i costi sui Comuni, che sono già in difficoltà per altre misure prese proprio dal Cantone». Insomma, per Quadri «non devono essere i Comuni a tappare i buchi, a proprie spese, per compensare decisioni assurde del Cantone».

Un concetto ribadito anche da Chiasso. «A mio avviso - dice infatti il capodicastero Davide Dosi - la scuola deve adempiere al suo compito, quello di insegnare, e non trovo corretto privare i ragazzi di due giorni di insegnamento». Le decisioni prese dal Consiglio di Stato, prosegue, «evidentemente influiscono sui Comuni, che non hanno voce in capitolo ma poi si ritrovano con la patata bollente in mano, a dover gestire la situazione e far fronte a eventuali polemiche delle famiglie. Perché nonostante la scuola non abbia un compito di accudimento, è altrettanto vero che aggiungere due giorni in più di vacanza finisce per mettere sotto pressione le famiglie». Detto ciò, a Chiasso «i docenti hanno istituito un piccolo gruppo di lavoro e faranno avere le loro proposte al Municipio. Aspettiamo dunque di capire cosa ne pensano loro prima di decidere in un senso o nell’altro».

E se a Mendrisio e Locarno i Municipi devono ancora discuterne, a Bellinzona una decisione c’è già. «Il calendario scolastico cantonale - commenta il capodicastero Renato Bison - prevede che i giorni 20 dicembre e 7 gennaio sono da considerarsi giorni di vacanza, quindi la Città di Bellinzona non prevede altro e terrà chiuse le scuole comunali durante queste due giornate».